venerdì 26 novembre 2010

Caro Jeunet

La città perduta
Trama: Bambini perduti, scienziati senza cervello, cervelli senza scienziati. Steam e stima.

Ultimamente stiamo esplorande l'universo "immaginazione". Cioè intendo dire che mi capita spesso di osannare gli autori che hanno una LORO immaginazione, che è sempre sempre sempre frutto di milioni di "altre" immaginazioni, passate al tritacarne personale e riversate su pellicola (e poi carta, tela o plastilina che sia) a formare una pastosa immaginazione tutta nuova e personale, pronta per essere trangugiata da altri, mischiata con altre e riversate e così via in una catena di montaggio che crea poi le cose per cui noi facciamo "Oooh". 
Jean-Pierre Jeunet è uno di quegli autori che ha creato, per l'appunto, questo tipo di stupore imamginifico, che ha creato in definitiva un suo stile. Questo La città perduta (all'epoca faceva ancora coppia con Caro (e ho la netta impressione certezza che Caro fosse il lato oscuro, antropofago e steampunkoso della coppia) ne è la dimostrazione. Ci sono tutti gli elementi che (una volta dipinti di rosa color ammore) hanno fatto gridare al miracolo Amelie: dai meccanismi enormi di eventi che si mettono in moto magari per una goccia di pioggia, alle cose infinitamente piccole che si fondono con quelle macroscopiche e, soprattutto, gli attori. Sono gli attori il vero quid dei film di Jeunet. Sono sempre perfetti, sono sempre "maschere" e soprattutto (cosa davvero unica) sono attori che in un film dal tasso grottesco altissimo e dai caratteri fortemente "fumettati" (immaginatevi chessò, i mascheroni di Dick Tracy) non hanno il minimo bisogno di make-up, forse giusto un po' di fondotinta:
Insomma è una mostruosità bellissima da guardare. Stupefacente. La città perduta ha poi tutta la gamma di sentimenti orrendi come l'amore e la compassione e tenerissimi come l'invidia e l'aridità che ci fanno amare al primo colpo tutti i personaggi negativi, cervelli senza corpo compresi. Gente come Guillermo Del Toro, che usa bene i pupazzoni e gli animatroni e le protesi di silicone, sa di cosa sto parlando (non è un caso se sotto le corna spezzate di Hellboy c'è Ron Perlman). Insomma, Jeunet, chiama Caro, fagli caro caro, e tornate a fare i film insieme perché con la tua ferrea immaginazione (ECCO! questa è la definizione giusta: FERREA IMMAGINAZIONE) e la sua ruggine sentimentale facevate dei grandissimi film.
PS. Ditemene UNO in I Taglia. Uno (Salvatores chiaramente si autosilura).

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