giovedì 28 febbraio 2013

SIAMO SERIAL • Asocial Network

Black Mirror • Season 2
Trama: Fecibook

Di nuovo tre spari nel vuoto pneumatico dei nostri cervelli spenti su Facebook, Twitter, Google +, Instagram, Ruzzle, Cargo Collectiove, Blogspot, Tumblr, iPhone, iPad, iPod... iMé, è così. Il mio ve lo dico è il più spento di tutti. 
Nel giro di una sola serie da sole tre puntate (queste, pazzesche due volte su tre), BM è riuscita a far crescere l'aspettativa alle stelle: era davvero qualcosa che non ci si aspettava, a ben vedere la vera sorpresa/novità dello scorso anno televisivo. 
Quindi BUM. Seconda serie in arrivo. Hype a mille. D'altronde questa era la presentazione:
Roba tosta.
Delusi? Guarda, un tantinello, ma il livello rimane alto. Proprio come lo scorso anno Black Mirror ci ha portati per mano, e poi lasciati lì soli e tremanti, in tre futuri possibili (più che possibili, oserei dire praticamente certi). Vediamoli nello specifico.
Be Right Back
Il primo episodio parla di elaborazione del lutto. Una giovane coppia si prepara per una vita insieme, lei, illustratrice (su tavolette grafiche di prossima generazione, e che bello questo modo di fare futuro che ha Black Mirror, nessuna macchina volante, nessun alieno. Immaginate di vedere un film negli anni Ottanta e dentro trovarci un iPhone. Ecco.) tutta felice di stare con lui, ragazzo un po' troppo immerso nella sua vita social.
Il dramma. Il ragazzo muore. 
Ma c'è un servizio, internet/barra/cloud ovviamente, che ti assicura un contatto con il trapassato: prima via mail (risponderà proprio come farebbe il morto, una volta studiati e programmati i suoi modi di dire, la sua dialettica), poi, con un sovrapprezzo, potrai anche parlarci (mappano la voce da tutti i video caricati sui social) e, alla fine, te lo mandanoa casa impacchetato, robot con le sembianze perfette di chi hai perso (faccia e fisico le prendono dalle foto, le milioni di foto che carichiamo ogni giorno online).
Ti ritrovi con il trapassato robotico.
La prima parte dell'episodio è straniante, triste, reale più del reale stesso: tutti, c'è da scommettersi, cederebbero alla tentazione (e credo non si tratterebbe solo di morti, ma anche di ex fidanzati). L'ambientazione bucolica fa il resto e regala il giustissimo contrasto con il futuribile.
Purtroppo l'episodio, soprattutto nella seconda parte, non ha quella deriva diabolica che ci aspettavamo e si assesta invece su un tipo di fantascienza più conosciuta, quella Dickiana del replicante con (o senza) anima, quel tipo di discorso (visto già un po' di volte, e lo scorso anno in particolare) di robotica delle emozioni (o emotività del robot).
Cionostante il sapere con assoluta certezza che ci accontenteremmo di un replicante del caro estinto pur di non accettarne la perdita mette un'inquietudine degna della fama di questa serie.
White Bear
L'episodio più riuscito. Paura secca e cruda.
Si parte con una "povera" ragazza che si risveglia immemore del suo nome e del suo passato in una stanza, davanti una TV con lo stemma che vedete in alto. Chi è? Cosa ci fa lì? Perché degli uomini e donne mascherati vogliono ammazzarla? E, soprattutto, perché cazzo nessuno fa nulla per aiutarla, e anzi se ne sta lì telefonino alla mano a riprenderla mentre gli altri la seviziano?
L'incipit è quasi zombesco, sembra un po' quel vecchio film dove qualcuno lancia un segnale elettrico e tutti diventano zombi. Poi si trasforma in un torture porn, poi ancora in una distopica e micidiale storia di vendetta. E, ancora poi, durante i titoli di coda, si trasforma ancora.
Bello, serratissimo e stupefacente, pauroso e, nuovamente, VERO.
Vietatissimo svelarvi di più, ve lo rovinerei e non voglio.


Di certo l'episodio migliore, anche migliore del secondo della prima serie. Il più spietato, contro tutto e contro tutti, nessun vincitore, nessun "buono". E anche gli stilemi classici dell'horror sono rispettati in pieno, appunto dagli zombi (in questo caso tecnozombi) alle maschere assassine:
The Waldo moment
The Waldo moment parla di un personaggi famoso come comico (più che altro in TV, ma anche su internet) che ad un certo punto decide di darsi alla politica. Ovviamente i suoi avversari prima lo deridono, figurati se quel buffone che fa al massimo ridere le masse con qualche battuta greve può davvero rappresentare un problema. Fatto sta che il partito viene fondato, il comico diventa il leader, e finisce che vince, proprio per la sua natura da sobbillatore senza peli sulla lingua, uno che dice le cose come stanno, che davvero non dà voce ai pensieri del popolo.
Sì. Infatti.
Be' certo vedere questa puntata proprio ieri è stato un vero tuffo nel "OCAZZO", perché sembrava, per davvero, che gli sceneggiatori avessero fatto un salto nel futuro italiano e ne avessero scritto le sorti politiche odierne.
Certo poi il fatto che Waldo sia un pupazzo blu in CGI interrompe le similitudini con Grillo, ma rimane una cosa impressionante.
Purtroppo lo stupore finisce lì, perché la puntata si rivela anche la più debole, la più in qualche modo "vista" (credo che il vero ispiratore dell'episodio sia Anonymous, come se davvero qualcuno con la maschera di V in viso si candidasse e vincesse); è che da BM ci si aspetta di più, non si vuola MAI poter dire "simile a", "mi ha ricordato"...
Il finale dell'episodio, quello sì che è un futuro possibile per noi italiani.
Con una puntata ottima (2), una molto buona (1) e una accettabile ma sotto le aspettative (3) Black Mirror si conferma una serie comunque imperdibile, perché al momento non c'è nessun altro prodotto (televisivo o meno) in grado di regalare lo stesso grado di terrore sibillino e gelo, lo stessa consapevolezza spaventosa di vedere IL futuro, che è per intenderci un futuro orribile, e che, nonostante ce lo sbattano in faccia, non facciamo nulla per evitarlo. Io che sto scrivendo al computer su un cineblog, ad esempio, sto mettendo un mattoncino (non dorato, dire un pixel) sulla strada che ci porterà dritti dritti a dirci, tra 5, 10, 15 anni "cazzo come ci avevano preso quelli di Black Mirror". E lo sai perché ci spaventeremo ancora di più? Perché "quelli di Black Mirror" sono loro:
Esatto. Proprio loro, gli inventori del Grande Fratello. Capite da voi il paradosso, che pare uscito da una puntata di Black Mirror: gli stessi creatori del futuro asociale, disumano, distrutto nei legami e nelle personalità che stiamo solo aspettando, sono quelli che ci avvertono, come affetti dalla Sindrome di Cassandra. Nessuno, ovviamente, li ascolterà.
Neanche Robert Downey Jr che ha appena comprato i diritti per farne un bel film amerigano. Staremo a vedere.
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mercoledì 27 febbraio 2013

Benvenuto nel Lies

True Lies
Trama: Non ci sono più i film di una volta, signora spia

Ogni tanto un uomo si alza e l'unica cosa che ha voglia di fare è vedere questo sguardo qui:
Altro che sguardling signori miei, altro che. Ma poi la smascellata finale? Che uomo tutto d'un pezzo, e lo so io che pezzo.
Swarzy se ci pensi bene ha avuto almeno tre vite, la prima è quella del mangiastrudel culturista, ottimamente riassunta in questo documentario, poi c'è stata quella che tutti conosciamo, l'attore action, e scusate ma io penso che tra tutti lui sia il migliore, al pari forse solo a Bruce Willis, perché ha dalla sua una dote fondamentale, l'autoironia e ovviamente il fatto che pur non facendo né karatè né taikendò nè burràgo o qualche altra arte marziale lui spacca i culi con la sola imposizione dei bicipiti. Non deve fare le spaccate alla Van Damme o mettersi le bandana rosse alla Sly, lui basta che sta fermo e l'altro muore. 
La terza vita di Swarzy è ovviamente quella del Governattore della California. Pensa se diventava presidente, alto che Obama, altro che. Se diventava presidente a prendere Osama ci andava lui personalmente come quando prendeva i Predator e li schiacciava come moscerini fastidiosi, altro che.
Ora Swarzy è tornato al cinema, alla chetichella dei Botaxebol e poi di nuovo protagonista al cinema con The Last Stand (non vorrete che vado a vederlo davvero al cinema, mo' non esageriamo...).
Io però Swarzy lo vorrei come zio, gli monterei un'altalena sul braccio e mi divertirei un mondo. Oppure anche solo come soprammobile a casa, con un coprilume in testa lo metterei lì. Mi sta un sacco simpatico.
E infatti è l'unico che ha fatto commedia decenti o addirittura più che decenti.
Infatti ditemi voi chi altri poteva fare True Lies, un film che, invecchiato BENISSIMO come mi è capitato di commentweettare con il 400calcista Darth Von Trier, amico di lunga data nella vita finta fuori dalla bloggosfera - peraltro nessuno dei due sapeva che dietro le mentite spoglie dell'altro si nascondessero due indomiti supereroi della critica cinematografica, ed è subito bromance -  be' insomma True Lies gran vecchione proprio come il suo protagonista.
Ridere e mani sudate allo stesso livello, cavallo contro moto, tutta la parte di distruzione psicologica di Bill PAxton alti livelli di commedia americana e il mitra che spara da solo, ma ce ne sarebbero un centinaio di scene "mitiche". Una cosa che solo uno come Cameron poteva fare senza cadere o nel ridicolo nell'inserire le battute mentre uno spara; tipo quanto suona male in Speed Keanu che dice "ha perso la testa", la battuta da action hero funziona solo se sai che alla fine lancerai il terrorista appeso ad un missile, solo se sei sicuro abbastanza di te da sapere che a fine film tu sarai pieno di graffi e furiggine, ma quell'altro sarà morto, solo allora puoi permetterti di fare la battuta! Troppo facile farla dopo che il cattivo è già morto. Tu la battuta da action hero vero la devi fare PRIMA, quando sei ammanettato e quello tiene una pistola puntata alla tempia di tua moglie. 
E che moglie. Jamie Lee. 
Ogni tanto un uomo ha un'unica cosa che ha voglia di fare e poi si alza.
Non mandateli in pensione, gli addetti al culturismo! Gran film True Lies, grandi livelli di miticismo, ai livelli di mitico quasi quanto Total Recall.
E quello sguardo... E lo rifà! lo rifà!!

martedì 26 febbraio 2013

Tower Defence

Tower Block
Trama: Dobbiamo fare Quadraro!

La trama era molto ma molto interessante: 15enne viene massacrato di botte nel corridoio/pianerottolo di un casermone di periferia, tutti se ne stanno tappati in casa nonostante le grida d'aiuto, il 15muore, nessuno a visto nulla.
Tempo qualche mese, la "tranquilla" routine degli abitanti di quel piano, fatta di povertà e pochezza viene "ravvivata" da un cecchino che chissà da dove inizia a far saltare le cervella a tutti quelli che aprono le tende "Yaawn buongiorno oggi è proprio una bella giornatFFFFSTUMP". 
Quindi in linea teorica è tutto molto interessante: chi spara? perché? come salvarsi (oltre ovviamente al fatto che basta che te ne stai nelle stanze senza finestra...)?
Purtroppo il nuovo cinema inglese (o comunque di quei paragi) sembra aver perso un bel po' lo smalto, come Misfits d'altronde.
Tutto il film ha un sapore da tv movie che allappa la bocca, nonostante ci sia qualche attore vecchia conoscenza del cinema made in UK, manca un vero e proprio picco di interesse per i poveracci costretti a trovare un modo di uscire dal block e già dopo mezz'ora arriva la noia , mentre già dopo dieci minuti era arrivato il disinteresse per il misterioso sniper, perché lo capisci al volo; facendo due conti: in totale tutti i personaggi che si vedono nel film sono una dozzina, dieci di questi sono gli abitanti per il tiro a segno, ed è ovvio che nessuno di loro può essere il cecchino. Gli altri due sono il 15enne morto nella prima scena e un poliziotto innervosito dall'omertà nella seconda scena. Ora, o pensi che sia il 15enne che in realtà non è morto o l'altro... oppure chi è? Uno pazzo che senza sapere a chi sta sparando voleva solo fare un po' di allenamento domenicale? Chiaramente quest'ultima ipotesi nell'economia di un finale da film sarebbe inutile... e quindi, o è il primo, o è il secondo, comunque alla fine del film ti dici "lo sapevo", e ciò è male.
Il titolo cita smaccatamente il bellissimo Attack the Block, la locandina cita impunemente il bellissimo The Raid Redemption, il film cita noiosamente la sensazione di disinteresse.
Anche noi a Roma comunque abbiamo i "block", si chiama Corviale, ed ecco, Tower Block pare un film che avrebbero potuto fare i Manetti Bros, a noi sembra meglio perché hanno l'accento UK, ma invece non è meglio per niente.
Periferia soporifera.

lunedì 25 febbraio 2013

Reginetta delle Terre Furbastre

Re della Terra Selvaggia
Trama: Dio Maiale

Non ci siamo proprio. Ma proprio non ci siamo.
La cosa brutta è che più ci penso e più la sensazione di fastidio che si è insinuata in me durante la visione del film diventa più forte, chiara e assume forme distinte.
Ecco, possiamo azzardare un parallelo col film: figuriamoci il mio fastidio come un animale, così come la piccola bambina protagonista  che immagina il pericolo incombente come un branco di cinghiali giganti (i chinghiali vanno in branco?)  e inferociti che trottando (i cinghiali trottano?) distruggono e sommergono, insomma l'uragano Katrina impersonificato nel Dio Maiale, anche io mi sono figurato il fastidio come un animale prima minuscolo, una puntura di zanzara che prude, poi scopri la larva sottopelle che diventa sempre più grande fino a esplodere in una gigantesca Mothra distruttrice di gioia filmica
Il fastidio è diventata rabbia, la rabbia noia, la noia, ovviamente, sberleffo:
Dunque, Re della Terra selvaggia sarà anche piaciuto tanto a Obama, ma per me è l'apologia della furbizia: bambina nera + stupore fanciullino +  uragano + padre (padrone ma neanche tanto, vinto più dalla vita che dalla sua reale cattiveria) + perdita dell'innocenza per la necessità di barcamenarsi (!) in un mondo che non le può regalare il Gioco, la Gioia, l'Infanzia. 
Non che il presupposto non sia bello, delicato e interessante e non che il film non regali scene di innegabile bellezza, su tutte, ovviamente, la cavalcata dei cinghialoni, il vero quid del film:
Non fosse che anche loro rappresentano motivo di fastidio: io lo conosco Miyazaki, non che sia mai entrato davvero in profonda sintonia coi suoi film (intendo PROFONDA), ma ne riconosco il Genio e nessun suo film è mai stato una (vera) delusione. E di Miyazaki conosco quello che è il suo rapporto con la natura, con le figure mitologiche degli Dei Naturali, e conosco anche i suoi protagonisti, il più delle volte bambini cui la Vita ha negato la spensieratezza (abbandono dei genitori, guerre, tsunami). 
Alla fine anche gli americani si accorsero del MaestLo Miyazaki e gli diedero qualche oscar e qualche candidatura, per poi, ovviamente, scordarselo, ma non senza prima averlo copiato un po'. Già qualche mese fa assistemmo ad un rip-off favolistico delle sue classiche scene "la natura ci parla, ascoltiamola", ma questa volta, nell'assistere all'incontro finale bambina/cinchialone, io non posso che alzarmi di scatto, puntare il dito e gridare "MIYAZAKIKAZZOMIYAZAKIMIYAZAKAZZO!"
Ecco lo sconcerto alla prova provata della gran furbata: aver digerito Miyazaki, aver addirittura scelto il suo animale totemico per eccellenza (il maiale)
averlo inserito in una storia dove l'immaginazione bambina vince sulle brutture della vita, e aver ricagato il tutto in salsa BBQ buonista americana e con un tempismo tanto perfetto quanto sospetto (quanto è passato da Katrina? Due anni?). Scusate l'allegoria scatologica...
Ecco, il problema credo sia tutto nel regista, uno che si presenta con questa faccetta antipatica e hipster che sembra uscita da un gruppo indie newyorkese (in effetti è newyorkese) qui:
...che poi non ci sarebbe nulla di male, se fosse in un gruppo indie newyorkese o se fosse lo chef fichetto di un ristorante vegano alla moda newyorkese. Il problema, ripeto, sta nel non essere stato del tutto sincero, con noi, con lo spirito del film e forse anche con sé stesso. 
Non si gioca con gli Dei Naturali e con lo Stupore Bambino. Non è permesso mai. Il richiamo alle Creature Selvagge del titolo italiano non è per nulla campato in aria, e sebbene anche quel film avesse le sue imperfezioni, c'era tutta la sincerità che manca in questo.
Sia chiaro, il film esiste, non che non ci sia, le scene emotivamente e visivamente titillanti ci sono
ma tutto sa di troppo furbo, troppo costruito, troppo ammiccante, troppo falsamente pensato per un pubblico dal "poverinaaa" facile e insincero. Fosse venuto, un film così, da un regista underground sopravvissuto all'uragano, che gran film sarebbe stato. Invece questo è solo il prodotto di un furbetto con le scarpette lucide, peraltro candidato all'oscar... e intanto Tarantino trottò trottorellando nella fila di quelli che non lo prenderà mai... 
E - so che mi sto per inimicare il mondo da Save the Children fino alla comunità nera tutta - anche la tanto osannata bambina con il nome impossibile, seppur bravissima e innegabilmente perno dell'intero film, non riesce a convincere del tutto: reale capacità attoriale o sfacciata naturalezza? Il dubbio è lecito: recita o è una di quei ragazzini del tipo "dove la metti sta, è sempre lei"? Intanto, nel breve lasso di tempo che sta tra una candidatura e la celebrità è diventata subito un pupazzetto carino da vedere (e vendere) sui red carpet e nelle riviste femminili di moda:
Hollywood è una Terra Selvaggia, altro che. Oink.

sabato 23 febbraio 2013

Ogni OSCAR arraffone

Pepperepé! E come ogni anno ci casco: arrivano gli OSCAR e finisce che DEVO fare le previsioni, le previsioni per tempo.
Domani notte ci sarà la serata, io mi sveglierò dopodomani mattina e direttamente dal letto aprirò l'iPad e vedrò Anna Hataway con la statuella in mano e dirò "vabbè, se sapeva, annamo a lavorà"... Ma intanto io ci spero sempre che magari un anno quelli degli Academy (ma poi chi cacchio sono, "quelli" degli Academy.. ma perché ad esempio IO non sono un "quello" degli Academy?) gli prende la botta di vita e fanno vincere miglior film Amour, e invece dai che vince o Vita di Pi o peggio me sento I Miserabblè. Emiserabblvabbèddai.
Quest'anno poi sono pre-pa-ra-tis-si-mo. Ho visto TUTTI e 9 i miglior film, ho visto TUTTI gli attori e le attrici (vabbè che se tu mi candidi interi cast, fai prima), insomma ne ho visti almeno il 90%... e che me ne faccio? Niente era per dire, tipo Alabama ne ha visti cinque.
Il leit motiv di quest'anno è negri neri d'america, Lincoln, Django. Terre Selvagge e Denzel Washington e stai a vede che vince la bambina (ho visto il film furbetto ieri, ne riparliamo...).
Per fare un ripasso vi metto le recensione di tutti i film candidati a qualche oscar qualunque esso sia. Vai di clic:
(Terra Selvaggia e Miserabili a venire...)
Ed ecco il mio regalo (mio e di Olly Moss che ha fatto il poster ufficiale con tutti tutti gli oscar personalizzati per anno, bel giochino devo dire) per voi e per far passare le vostra febbre da oscar: il form. Hai un torto? Lo metti nel form. Vabbé.
Come funziona? Funziona che tu lo scarichi lo stampi e ci fai le crocette sopra. Troverai due mie previsioni, in GIALLO ORO quelle che valgono come previsioni per tempo, cioè quelli che secondo me "quelli" dell'Academy faranno vincere, mentre in VERDE BROCCOLO quelle mie, cioè quelle che "quello" del non-Academy, che sarei sempre io, sì lo so sto alla frutta, vorrei che vincessere. Chiaro? Ecco se vi è chiaro allora spiegatemelo che mi so perso al primo "quello".
Lo scarichi cliccando molto delicatamente
>> QUI <<
Non ringraziatemi, e non mandatemi il conto per il rimborso della cartuccia del nero.
E per chiudere in (vera) bellezza ecco come il sempre perfetto ScottC., il nostro unico e vero amore, interpreta i film oscarizzati...
continuano sul suo sito che vorrei fosse il sito più visto di tutto il mondo.

venerdì 22 febbraio 2013

Amorte

Amour
Trama: Finché morte non ci separi

Vorrei essere capace di scrivere una recensione che assomigliasse in qualche modo a questo film, questo film che ho troppo tempo rimandato, questo film che faceva paura, una paura ben diversa da qualsiasi stupida possessione demoniaca o fantasma su celluloide. La paura naturale della Morte, la mia, quella di chi conosco, quella di chiunque.
Vorrei scrivere in maniera inesorabile e al tempo stesso umanissima, vorrei essere capace di donare alle parole un sentimento raro, essere di un ordine e con una struttura tanto forte da non avere bisogno di nessun fronzolo, nessun trucco stilistico, nessun giro di parole, tutte cose che Haneke sa fare imprime nel suo struggente Capolavoro.
Amour è un Capolavoro, perché non è niente di quello a cui siamo abituati, non ha gli strascichi buonisti di un film americano, non ha la spocchia di un film francese, non ha la pochezza sentimentale di un film italiano, non ha la freddezza di un film tedesco, non ha il barocco di un film spagnolo. Amour è un Film di altri tempi, come di altri tempi sono il suo regista e i due attori, straordinari ai limite del possibile.
Voglio essere breve, voglio farmi bastare poche parole, nessuna gif, nessuna ricerca su internet, non voglio nascondermi dietro internet. 
Amour fa paura, ti immobilizza, Jean Louis Trintignant (non deve essere stato facile per lui, che è sopravvissuto alla figlia) e, soprattutto, Emannuelle Riva (anche se mancante delle Terre Selvagge posso dire che la sua non è solo un'interpretazione da Oscar, ma da plauso dell'Attorialità tutta, l'Oscar è una bazzecola in confronto al suo deperimento fisico, alla tristezza, l'umanità, la fierezza, l'appassimento...), sono oltre la recitazione, sono Perfetti nel senso cristallino del termine, come Perfetta è la regia di Haneke, uno che non ha mai bisogno di muovere la macchina per mistificare, uno che i piani sequenza li fa tenendo l'inquadratura immobile per minuti e minuti, il piano sequenza ti costringe a farlo te, nella tua testa, come la scena del piccione (che tanto mi ha ricordato Süskind)

qualcosa che ha più a che fare con il concetto di Morte, la sua ineluttabilità e la sua disperata realtà (la Morte è una cosa Vera, la Vita lo è, l'Amore lo è) che mille film americani con malati terminali o lutti imminenti.
Haneke è l'unico regista candidato all'Oscar meritevole del premio, e nel caso non lo vincesse (gli altri sono Ange Lee, Steven Spielberg, David O. Russell e appunto il regista di Terre Selvagge) sarebbe una vittoria comunque, perché è addirittura riduttivo essere in lizza per un qualsiasi premio, che l'Arte non è cosa che può "gareggiare", "vincere", "perdere". Haneke ci ha sempre raccontato storie spietate (La Pianista, Funny Games, Il Nastro Bianco), quasi algide, eppure l'Umanità che riesce a trasmettere in Amour, l'amore quotidiano e il dolore quotidiano, lo trasforma in un Filosofo, che usa il Cinema invece del verbo.
E Amour è l'unico titolo possibile per questa storia, un futuro impossibile da immaginare, impossibile da evitare.
Un Film come ne esistono pochi in questi tempi. Imperdibile.

giovedì 21 febbraio 2013

Redsistenza

Red Dawn
Trama: La guerra dei cojoni

Sono stato tutto il giorno a dire (e a dirmi) "daje, oggi mi vedo Amour. Daje coi vecchi che muoiono, che mi pare giusto, che volevo vederlo l'altra settimana per chiudere in vecchiaia la LUV WEEK, daje stasera piaghe da decubito, vai di cataratte e cateteri e cateteriatte."
E invece proprio all'ultimo secondo in totale default ho messo Red Dawn, filmuncolo di ragazzi amerigani che ad un certo punto si svegliano, guardano in alto e vedono una pioggia di koreani cadere dal cielo. Ci sono state piogge di polpette, piogge di rane, non vedo perché non possono piovere koreani

Il film come forse alcuni tra i più smaliziati di voi hanno intuito dal titolo è un remake di un film chiamato Red Dawn, film vecchio assai e pregno di un anticomunismo ai limiti del reaganiano, infatti il film era una piccola pedina nella grande guerra fredda (ormai bell'e congelata) dove i ragazzoni ameriganoni sconfiggevano tirando un paio di granate e da soli la Grante Matre Russia. Ci "recitavano" Patrick - pace al ghost suo - Swayze e Charlie Sheen in epoca pregeriatrica.  Ecco il conteggio morti:

I protagonisti consanguGnei di questo remake sono Thor che rischia di rovinare quanto di buono ha continuato a fare dopo e ancora dopo, e un altro, che adesso io voglio dire, ma per chi mi hai preso? Ma come puoi solo pensare che io creda anche solo per un minuto che questi due sono fratelli?

Che uno può anche pensare a madri diverse, può essere, tutto può sempre essere, ma qui parliamo proprio di ceppo, qui si tratta al limite di nipoti di bisnonne ignote, che quello a sinistra è tipo assirobabilonese e quello a destra viene dritto da una genia asgariana (infatti).
Il film è davvero orrendo, sciovinista ai limiti del fanatismo (talmente tanto che oltre ai koreani dal cielo ad un certo punto tornano i russi (gli è un po' ripresa co' sti russi eh?) e l'unico traditore del gruppo guarda un po' è un nero, roba che se i protagonisti raggiungessero anche solo la bidimensionalità, sarebbe come vedere Avatar.
Vi dico che l'unica scena che vale la pena è quella vista sopra della pioggia di koreani, che poi, io dovrei credere che i koreani per conquistare l'ammmeriga ci mandano davvero i koreani in carne e ossa a buttarsi coi paracaduti a fare da bersagli tipo tiro al piccione o Korean Hunt e non dei microdroni pieni di antrace?
Oh, stasera daje coi vecchi...

mercoledì 20 febbraio 2013

Cotta Continua

Qualcosa nell'aria
Trama: La revolution dans la de du pall

Ullalà! Ullàlàlà! Oh mondiè mondiè! La frans! La frans de i film dell'impegn, de schert film che te dic che la passion por la jeunesse es la tres biel chos, es l'amour e l'ecolar e correr de quà e dallà e scorribandar e far la politìc e far le stamp tutt ansamble dei volantèn communist e andar tutt ansamble con lu colours a imbrattà le mur dell'ecole.
Che bell! La rivolusion! L'amour! Le tetin al vent!
Ma poi, aprè trent minut de tutt sta cosa quà, te iniz a provà la sensasion che te stai a frrr("r" a là Edith Piaf)antuma le pall!
Esgià! Tutt le contrar rispett a l'altr film de qualch sgiorn fa, checché ne dic le persòn. Quest invessh te fa verament odiar le personag, che parlan parlan parlan e non dicon verament un cass! Exactamont le motiv purquà Chickèn (chic nel sens dell'elegans) & Brrr(sempr avec le rrrr de Jaques Brel)occol s'è sempre rott li coion alle riunion de la politique!
E insomm le film è sol un'interminable (plus de due or!) sequel de prototip de regassin che parlan de politique, de la vì, de l'amour, de l'art e de li mortè. 
E parl che te riparl, noi sce  se frantumoan le cojon. Tutt li personag dicon chose vuot, appaion e scompaion sens che abbian verament colpit in qualch mod, stann per du or a parla e po, simsalabin, se ne vann per sempr discend cos tip "In qualch mod farò". Ecc brav, vattènn'.
E anch quand le regist assec l'attor e l'attrisc (c'è anche quel de Un amour de jeunesse, come al solitò con le sisett dans l'er
 
Alla fin non te ne freg verament più un cass de quel che fa o disc. 
Abbass la Frans!