venerdì 11 febbraio 2011

CICUTA & BROCCOLI#1 • Amer

Amer (di Hélène Cattet e Bruno Forzani) è un omaggio al giallo crudele italiano degli anni Settanta, dove il turbamento della bellezza è il preludio rituale dell’esecuzione cruenta, la ricerca della verità innesca la furia omicida, le forme luminose nascondono programmi malvagi. Potremmo chiamarlo un remake esistenziale, comunque non semplicemente un remake, manca la storia riformulata, il giallo con delitto o catena contorta di morti efferate in cui si cerca di ripercorrere gli indizi, del resto gli amanti del genere conoscono a memoria i finali, difficile ingannarli una seconda volta. Quello, infatti, che non si considera è che non si può essere processati due volte per lo stesso crimine, se Antonioni negli stessi anni identificava la donna, nel film Identificazione della stessa, appunto, nel thriller macabro è la violenza che deve razionalizzarsi in una mente dalla storia personale sfregiata. 
ImageShack, share photos, pictures, free image hosting, free video hosting, image hosting, video hosting, photo image hosting site, video hosting site
Il giallo italiano crudele classico è uno studio psicoanalitico in cui l’analisi deve finire con la morte del paziente e probabilmente iniziare con l’uccisione dell’analista, come a dire che l’analisi non è irrilevante, fa parte della storia, è la storia stessa. Amer è un omaggio, è un remake non di un film, ma di un genere, questo vuol dire che non può recuperare una trama singola già risolta, quindi morta a causa della verità conquistata dopo una analisi sanguinaria, ma deve raccontare un genere intero, ma non potendo essere un documentario sulla storia del cinema, deve emularlo, diverso anche dall’imitarlo. 
Frank Tipler, nella sua introvabile opera, eppur tradotta, La fisica dell’immortalità, considera l’universo materiale costretto in un ciclo di nascita, Big Bang, e morte, Big Crunch, in cui tutta la realtà torna a rimettersi a posto nel punto da cui è emersa, prevede che l’evoluzione selezionante la sopravvivenza del più idoneo farà prevalere le intelligenze artificiali, l’uomo, tutti gli uomini mai esistiti, verranno farti risorgere, una resurrezione elettronica, all’interno di un ambiente artificiale gestito da una macchina semi divina, poco prima che avvenga il Big Crunch. Tipler usa l’espressione emulare, invece di simulare, come a dire che gli uomini recuperati dall’oblio non saranno frammenti incoscienti di una simulazione, di un mondo virtuale senza spessore, ma verranno riattivati all’interno di un supporto diverso dalla carne, verranno disincarnati nell’eternità, in una struttura artificiale più forte della natura, si chiama anche dio. Amer non simula di essere qualcosa che non potrà mai essere, facendo finta di essere un giallo crudele rivisitato, ma che potrebbe essere reinserito, in modo ingannevole, in una filmografia d’autore falsamente aggiornata, Amer emula il genere. 
Questo vuol anche dire omaggio, non mettersi in concorrenza con l’oggetto della propria devozione, in questo caso non costruire un intreccio che possa entrare in attrito con qualche intreccio già svolto, sovrapporsi rivale a chi rendiamo omaggio, usando le sue tecniche per superarlo. Amer infatti non è un thriller, perché è irrisolvibile, lo vedremo fra qualche riga, secondo poi, non è la storia di una caccia al male, una corsa verso la salvezza dell’ultimo innocente, è la biografia manierata di una femmina psicotica in attesa che, finalmente, il proprio desiderio si traduca sfinito in volontà di morte. La carriera potenziale di una serial killer recisa dallo struggente vizio della masturbazione. 
ImageShack, share photos, pictures, free image hosting, free video hosting, image hosting, video hosting, photo image hosting site, video hosting site
Amer è il ritratto di una mente turbata che usa l’estetica di Dario Argento per argomentare le ragioni della perversione, mentre Argento usava l’estetica per non vedere le proprie perversioni. Accecamento che esaspera tutti gli altri sensi, coerente in questo caso, per tutto il film, l’amplificazione del singolo rumore disturbante, come se la paura fosse prima un suono, qualcosa che varia in una immagine perfetta, ma che l’immagine, rapita nella propria bellezza, tarda a registrare. 
La bellezza come trappola ambigua e ambita per gli occhi inchiodati. Se fosse stata una storia, un remake rigoroso, oppure un inedito episodio di genere, rivitalizzato con nuove strategie di terrore, il persecutore deviato avrebbe martoriato metodico il numero prestabilito di colpevoli supposti per poi congedarsi. Quando riconosciamo, identifichiamo il folle armato, il folle si riconosce nell’ultimo strepito che preannuncia la sua fine. La verità lo uccide, la sua morte non manca di bellezza, come se fosse l’unica concessione riservatagli. Amer usa un apparente schizofrenia morale, il carnefice è fresco e sospirante come una fanciulla persa in una fiaba dagli orli taglienti, il carnefice trema sotto pelle come una vergine davanti ad un uccello dalle piume di cristallo, ma questa è solo l’apparenza, perché nessuno nel film può uccidere o morire, davvero, altrimenti sarebbe la fine del genere stesso, la fine della storia coinciderebbe con la fine di chi omaggiamo. Amer è, infatti, un omaggio al genere del giallo crudele e non un remake di una storia riuscita.
La donna, fate attenzione a quando viene rigirata spogliata nell’ultima volta che la vedrete distesa, fate attenzione ai polsi massaggiati dall’accurata mano anonima, ricapitolate e forse non saprete più cosa avete visto. Forse avete visto un omaggio che non può morire anche se il giallo crudele italiano non esisterà mai più.
[Zvetkov]

Nessun commento:

Posta un commento