martedì 5 aprile 2011

GUELLE STELLALI

Summer Wars
Trama: La III Guerra Mondiale si combatterà on-line.

Allora (partire con "allora" e sempre sintomo di un post che durerà TANTISSIMO). Andiamo per ordine (continuare con "andiamo per ordine" è sempre sintomi che il post sarà PIENISSIMO).
Summer Wars è un anime, un cartone animato giapponese, bellissimo. Tanto bellissimo che è stato il candidato giapponese agli oscar (almeno nella prima tornata di 15, il che vuol dire poco visto che nella prima tornata c'erano anche cose imbarazzanti come Alpha & Omega). Ma vi assicuro che il livello filmico di questo film non ha nulla da invidiare ai candidati finali. Certo, l'Oscar per il Miglior Film Animato è quella categoria dove si candidano i migliori film d'animazione dell'anno e poi vince la Pixar (per carità, quando ha vinto Shrek al posto di Monster & Co. - che tral'altro era il primo anno del premio - io sarei sceso in piazza a protestare come un Black Block, in piazza dove non so, a Los Angeles ci saranno le piazze?), ma il fatto che, se dai uno sguardo a tutti i candidati/vincitori cercando film giapponesi ci trovi solo Miyazaki. Allora Miyazaki anche lui percaritàddiddio, Maestlo Sensei Miyazaki tu glande (!) maestlo animazione poesia pelsonaggi bellissimi Totolo, però, insomma, che in dieci anni di oscar tu hai dato un Oscar (=alla carriera) e una candidatura a Howl (per nulla grande come altri di Maestlo Miyazaki) non può essere una cosa che succede nel mondo reale. 
Dire "Cartoni Animati Giapponesi" è come azionare una sirena antiaerea di ricordi, per chiunque, a diversi livelli di coscienza, di intelligenza, di impegno, di professionalità: c'è chi l'ha trasformato in un lavoro, chi si è trasformato in un cartone (leggi cosplayer), chi sa a memoria le sigle, chi ne fa studi filologici e filosofici, chi semplicemente se li ricorda come una parte della sua (nostra) infanzia. Basti pensare a quella volte che per unire tutti quelli che stanno su Facebook (e infrangere i sogni di gloria broccola) si fece ricorso proprio ai cartoni animati). Io anche, come TUTTI voi, sono cresciuto spalmando cartoni sui panini al latte e sono uno di quelli che, per lavoro, se li è ritrovati intorno anche per lavoro. Ma non ci sono - almeno a livello profondissimo - "rimasto sotto" (o almeno non lo voglio ammettere... comunque da Cyborg 009 non mi ci sono mai travestito). Eppure non posso (non possiamo) non accettare che siamo gonfi di input dagli occhi a mandorla, più che di qualunque altro Paese al mondo, input che vengono dai cartoni animati. Lo scorso 11 Marzo, se ci pensi bene, è stato molto più sconvolgente per noi che l'11 Settembre (parlo di noi in Italia, posizionati geograficamente esattamente a metà tra le due tragedie). Lontanissimi dal terremoto eppure sconvolti, come se fossimo giapponesi pure noi. Perché le onde spazzavano via le cose che vedevamo da piccoli: i tatami, le porte di carta di riso, le polpette di riso a triangolo stondato con il rettangolo nero in mezzo (era d'alga, non lo avrei saputo che 15anni dopo). E stavamo lì a vedere le case portate vie e ci dicevamo: "Sì vabbè, quando arriva Mazinga?" (ed è stato un pensiero molto più profondo di "Sì vabbè, quando arriva Spiderman?").
Lo strazio e la "vicinanza" l'hanno sentiti anche chi ha, anche solo una volta nella vita, fatto una faccina su un post-it stando al telefono, chi ha letto un fumetto (qualunque), chi ha visto un cartone animato, anche distrattamente. Per chi poi "fa arte" (llustrazione, animazione, fumetto e chi più ne ha) certo la cosa colpisce ancora più a fondo. Non voglio divagare sul terremoto che sto fuori tempo massimo e ho altro da dire. Comunque vi faccio vedere delle cose, belle e tristi e pop:

prese da questo sito
Ma torniamo a noi e al perché "ho perso di vista i cartoni animati giapponesi". Eppure Non è che li ho dimenticati e posso dire che sono parte integrante del mio lavoro, quello della "pagnotta". Allore perché? Perché ad un certo punto non li ho più "amati"? Forse è proprio vero che passione e lavoro sono due parole create per rappresentare due antipodi: nord/sud, bianco/nero, uomo/donna, passione/lavoro. Quindi, arrivo al dunque, mi sono chiesto, durante la visione sull'estasiato andante di Summer Wars: quando ho perso di vista i cartoni animati? La risposta che mi do più frequentemente è "quando ho iniziato a pomiciare e mi scordavo di vedere la puntata finale di Lamù". Ma non è del tutto vero, visto che mentre pomiciavo pensavo al costumino di Lamù... e di certo incontri come quelli con la beneamata MANGAKA (ve la ricordate?) non mi hanno certo riavvicinato alla vecchia passione. Ma ecco che, inaspettatamente, Summer Wars (insieme al ricordo dell'inception che mi ha messo nel cervello Paprika) mi fa rivenire la voglia di "cartoni animati giapponesi", cosa che ad esempio non mi ha mai fatto venire Maestlo Miyazaki. No, così per dire...
Sono certo che gli espertoni di anime alla lettura mi diranno: ma Summer Wars è 'na cosa commerciale, sapessi la vera sperimentazione animata japponese che tira fuori! SW è l'1% della bellezza che creano oggi i japponesi ai tavoli da disegno (e tavolette grafiche). Ne sono certo, come sono certo che il suo andamento abbastanza "occidentale" me lo abbia fatto amare. Ma tant'è. 
Detesto (un'ALTRA cosa che detesta C&B, la svela C&B) letteramente leggere - e ultimamente anche di più - quando si parla di Giappone, la banalissima frase "un Paese che unisce tradizione e modernità". Bravi. Ma non lo facciamo TUTTI? Ora, non parlo di Roma che il massimo della modernità che si può permettere di sventagliare è la costruizione della TERZA linea della metropolitana, ma in fondo, c'è davvero un popolo che si scorda della sua tradizione? Ok, magari in giappone vedi la geisha col telefonino, si be' e allora? Ecco, io credo che Summer Wars parli proprio di questo: della fusione perfetta tra modernità e tradizione.
Vi racconto brevemente: In SW ci viene presentato un luogo, OZ (;D), dove la gente si incontra, chiacchiera, fa la spesa, paga le bollette, gestisce affari, lavora, fa compre. Ma è un luogo virtuale, OZ è come Second Life, è come Facebook, OZ è il WEB. In OZ ogni persona ha il suo avatar eccetera eccetera. Sì insomma, è proprio come un social network, allargato a miliardi di persone. Ad un certo punto un "virus", un avatar cattivo inizia a "rubare" gli avatar altrui e a incasinare il sistema, un matrix versione POP ART.
I protagonisti del film - tre ragazzi giovanissimi - si ritrovano a combattere una vera e propria guerra virtuale, seduti davanti al computer o con un iPhone in mano, le cui sorti potrebbero sconvolgere - se non distruggere - il mondo. Infatti, come in tanti film a cui siamo abituati da anni - attraverso la rete il Virus può creare catastrofi (snodi ferroviari impazziti, sonde spaziali lanciate sulla Terra). Quindi ecco i nostri eroi combattere da fermi la loro battaglia. A fare da contraltare "reale": nella casa dove i tre lanciano codici e sfide attraverso computer modernissimi (e più moderni dei japponesi, appunto), bisogna organizzare il funerale della nonna, della decana della famiglia, morta (anche per colpa dell'evil avatar di cui sopra), che merita quindi una funzione "classica", tradizionale (e più tradizionali dei japponesi, appunto). Gli adulti, che guardano i giovani al computer e scuotono la testa, non capiscono il pericolo che stanno correndo anche loro e pensano, come è normale che sia, che nulla potrà mai essere come una passeggiata in un giardino, come una boccata d'aria fresca, come un abbraccio tra fratelli. Guardano i giovani e scuotono la testa pensando a quando il computer e la virtualità intangibile abbia cambiato l'umanità e come si siano persi i "valori di una volta" a quanto rifugiarsi in un mondo che non esiste sia insulso e inconcepibile. I due mondi: la giovane virtualità (che ricorerrà alla tradizione per sconfiggere il virus) e l'adulta tradizione (che comprenderà come la guerra virtuale avrà ripercussioni nella realtà) chiaramente si uniscono per la battaglia finale, combattuta a colpi di un vecchio gioco di carte giapponese (forse l'unica parte realmente non entusiasmante - peccato -per noi che non sappiamo nulla delle meccaniche di quel gioco di carte) in versione telematica. 
E quindi ecco che Summer Wars definisce, meglio dei WebThriller a cui ci hanno abituati gli americani (The Net e compagnia bella o brutta), definitivamente cos'è il WEB. Una cosa che NON ESISTE, come non esiste la rete, non esistono le lettere che sto scrivendo, non esiste C&B; ma che, al contempo, esiste eccome: ci stiamo dentro, attaccatti tutto il tempo, definisce le nostre relazione e vite. Senza entrare in tritissimi discorsi da barra laterale di repubblica.it, quello che capisci (o che almeno io ho capito), dopo aver visto SW, è che forse devi finirla di pensare che un libro sia più "vero" di un e-book. Che una rivista sia più "vera" di un blog. Che una lettera scritta a mano sia più "vera" di una mail. Il problema serio, quello vero, è che un giorno (se non è già passato, questo giorno) la finiremo di pensare che una persona sia più "vera" di un avatar.
E poi, come se non avessi scritto abbastanza, arriva MURAKAMI.
Takashi Murakami lo sapete chi è, se non lo sapete non vivete su questa terra, anche perché se il nome vi sembra solo un nome giapponese a caso tipo quello delle barzellette del vulcanologo japponese Sarifuma Medò, la sua arte vi è sicuramente capitata sotto gli occhi. Takashi Murakami è lui:
Ed è stato un collaboratore attivo di Summer Wars nella creazione dell'immaginifico e frastornante mondo di OZ. Sto parlando di:
Che ti viene proprio voglia di vederlo al ralenti per goderti ognuno dei migliaia di diversi avatar che volano e fanno le faccine emoticon > _ <.
Ora, le incursioni di Murakami nel mondo degli anime, dei cartoni animati, dei video musicali, del cinema, oltre ad essere inevitabili, sono state molte e super cool:

E non è un caso [update mnemonico di Tofu&Broccoli] il mondo di OZ è paroparo a quello creato da Murakami per questo promo Vuitton:

Che infatti vidi la prima volta in un museo e non su Teleroma56.
Certo, Murakami ha una fruizione talmente trasversale (è il maestro del kawaii e le cose cariiiine piacciono a tutti), che ha anche fan che sarebbe meglio non avere:
(E siccome Yen non olet, Murakami si è vendicato curando per Britney questo servizio fotografico francamente imbarazzante):
Quindi Murakami. 
- Ma, C&B, che ne pensi davvero di Murakami?
- Grazie della domanda. Di Murakami penso che abbia avuto davvero un gran culo. Certo, io non gli nego - sarei folle a farlo - una grandezza d'intenti e realizzazioni, ma sono anche convinto che "come lui, tanti altri". Si tratta, una volta bypassato il concetto di "manga" (fumetto) e raggiunta la vetta dell'"Arte Contemporanea" di fare le stesse cose ma con molti (molti molti) più mezzi, Vesailles compresa. M'immagino schiere di mangaka giapponesi chini sui tavoli, con il sangue al naso e quella fascia che si metteva sempre Ataru Moroboshi quando doveva studiare, che creano personaggetti, disegni, opere grandi come, quando non MEGLIO, di Murakami e rimangono lì, chiusi negli studi d'animazione come batterie di carne al macello, mentre Murakami disegna con la mano sinistra le borse per Vuitton. Una questione di culo, la realtà, vera o virtuale che sia, non è sempre così? L'uomo giusto al momento giusto, ecco chi è Murakami.
Perché, diciamocelo, i kawaai characters di Murakami sono sì carini, per l'appunto, ma davvero UGUALI a MILIONI di altri. A questo proposito vale la pena di farvi vedere questo:
Intanto se non vi siete INNAMORATI all'istante dei bianchi e pelosi "cosi" del video e non ne vorreste almeno uno a casa siete delle persone senza cuore e senza Dio. Poi. Il video promuove PICTOPLASMA, un festival che inizia - ohibò - domani a Berlino e che parla di personaggi carini che vivono dentro di noi e riunisce gli artisti che li creano e disegnano, roba che un attentato terrorristico durante il Pictoplasma distruggerebbe in un solo colpo la "carineria" nel mondo, pensa te. A rendere l'idea del "personaggio kawaii" metto questa immagine (che è una carta da parati, e sono SOLO conigli, non so se rendo):

(ci clicchi e - BUM - divanta ciccia. te la studi per bene, poi torni qui 'ndoscappi)
Quindi ecco che i personaggini creati per Summer Wars sono tanti e belli, così come sono tanti e belli quelli che si possono vedere al Pictoplasma e sui libri che ne derivano. Ma allora perché Murakami è arte? (è una domanda retorica, non preoccupatevi, dormite tranqulli).
C'è anche un italiano, che come Murakami (non a certi livelli economici, ma di certo male non se la passa) è stato fortunato, è stato l'uomo giusto al momento giusto) si chiama Tokidoki e ne ho scritto altrove - con la solita spocchia che altro non è che una maschera, lo sappiamo, per quella brutta e diffusa malattia che è la "rosicata" - così (con tanto di foto pirica):
Simone Legno ha vinto. Ha preso tutta una serie di caratteri kawaii dai manga giapponesi, li ha mischiati a delle geishe né troppo orientali né troppo occidentali, poi ha creato animazioni e pattern “cariiiniii” (senza dimenticare che ha fatto tutto con Illustrator così è più “pulito”) e voilà, il mito è fatto. Toys, apparel, libri e ora anche un negozio a Soho (NY). Ripetete il nostro incipit come fosse un mantra, “Tokidoki ha vinto”. Pensateci: nessuno, davanti al computer, si sarebbe mai detto qualcosa come: «Ora pijo dei personaggetti kauai dai fumetti giapponesi, ‘i misckio ae geisce un po’ e un po’, ce metto dentro a’nimazzioni, poi je faccio tutto co illustretor e daje! Faccio er botto!». Invece, di nuovo, Simone ha vinto perché l’ha fatto. Basta entrare in una qualsiasi scuola del fumetto e di gente che disegna come Legno ne trovi a bizzeffe, ma loro se ne stanno ancora lì, in classe con le magliette di Tokidoki addosso a pensare: «Simone Legno ha vinto».
Fine. Siccome so che non avete letto NIENTE, vi riassumo il concetto: Summer Wars da vedere perché stra-kawaii, quel gran culo di Murakami, Britney deppiù, cartoni animati alla fine belli, Forza Japan, TokiDoki me fa rosica'.

3 commenti:

  1. Summer Wars da vedere perché gran film, Murakami stra-kawaii, Britney deppiù, cartoni animati sempre belli, Forza Japan, alla fine TokiDoki fa schifo.
    Peccato per il finale da rivedere, sennò bel post ;)

    Ah, La città incantata cmq ha vinto l'oscar categoria animazione.

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  2. saput@labama: sì lo so, il mio giochino grafico stava a dire che l'ha vinto per miglior film ma che equivaleva a "carriera" perché qualcuno aveva avvertito hollywood che in giappone c'era questo signore che da trent'anni faceva i film molto più belli di tanti disney, anzi gli ha proprio detto all'orecchio di hollywood: "ci sta il disney giapponese, dategli l'oscar.."

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  3. Questo cartone era fighissimoooo!!!
    Aveva carisma, ti eccitava, aveva tensione era... EPICO.
    Mid

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