giovedì 24 marzo 2011

DOCUMENTARY MONTH • Man on Wire

Trama: Il 7 agosto 1974 Philippe Petit - funambolo francese - si è svegliato e ha fatto questa passeggiata di salute:
La storia di un mattoide artista che decide di tendere un filo tra le Twin Towers e camminarci sopra ha di per sè una tale potenza narrativa che bastava da sola per tirarci fuori un grande documentario. Ma questo documentario è ancora più grande perché è stato fatto nel 2008, anno in cui - se i miei calcoli sono giusti - delle Twin Towers era difficile anche solo ricordare la forma. 
Quindi ecco che un documentario su una mattinata assurda vissuta dai newyorkesi, tutti intenti a guardare in alto con le dita puntate verso le Torri assume un valore completamente nuovo. Quelle dita e quegli sguardi attoniti erano tutti per l'uomo sul filo, con la paura che da un momento all'altro venisse giù, e non per seguire quelli che, decenni dopo, sarebbero effettivamente venuti giù. Il regista lo sa che per l'intera durata del film lo spettatore penserà incessantemente alle Torri, penserà agli aerei, penserà ai morti e a Bin Laden (o chi per lui) e fa la scelta più giusta: NON nominare neanche una volta la tragedia. Ed ecco che basta da sola l'immagine dei due grattacieli per portare a galla la tragicità delle immagini del 9/11 e successivo inevitabile "apriti cielo" sentimental-penoso. 
Ma il valore aggiunto del film è per certi versi la sua natura da "crime movie". Tutta la preparazione del "colpo" è la vera forza del film: era certamente una cosa illegale tendere un cavo tra le Torri e camminarci sopra, quindi Petit &Co. dovettero agire come veri e propri "criminali" con tanto di sopralluoghi, documenti falsi, bugie e visione di film di rapine per darsi coraggio. E quindi, logicamente, il pensiero corre - di nuovo e ancora e ancora - al 2001, quando gli stessi sopralluoghi, gli stessi sotterfugi erano vissuti da altri e con ben altra finalità. E quindi da una parte assistiamo alla realizzazione di un sogno di un guitto, di un performer, di un criminale "a fin di arte" e per tutto il tempo, dall'altra, pensiamo ai terroristi e a quelle Torri che non ci sono più.
L'Oscar come miglior Documentario (2008) fu di certo dettato dal bisogno americano di omaggiare qualsiasi opera che ricordi le Torri, mavvabbene anche così. L'unica vera pecca del film è quella di non avere in "archivio" le riprese della notte passata da Petit &co. rima del "colpo"; il regista ricorre ad una ricostruzione, che svilisce un po' l'effetto documentario. Ma certo, bastano le foto e le parole dei poliziotti che dovettero assistere a tutti e 45 i minuti della performance di Petit sul filo. Pensavano di aver visto la cosa più incredibile che poteva succede a quei grattacieli. Si sbagliavano.
Mi viene in mente quel pezzo di cinema che Inarritu fece per il film 9/11. Vedere (non è tutto nero):

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