domenica 20 marzo 2011

DOCUMENTARY MONTH • Inside Job

Trama: Another Brick in the Wall Street

La mia profonda conoscienza della politica economica mondiale l'aveva già dimostrata qui.
Quindi potete capire quanto io ci abbia capito di questo documentario. Semplificando: NIENTE!
Sì, il documentario (che ha vinto l'Oscar rubandolo a Banksy), racconta - semplificandola per noi comuni mortali, dicono loro - il disastro economico del 2008, quando le banche del mondo collassarono e diedero un significato tutto nuovo alla parola "crisi". Che tanto, adesso, quando la gente NON TI PAGA PER DEI LAVORI CHE TU HAI FATTO: «Eh, c'è la crisi». Evvaffanculo.
Insomma il documentario cerca prova tenta di spiegarci i meccanismi folli per cui gente che guadagna 100 milioni di dollari all'anno (esistono) e che ha non uno ma SEI aerei privati (esistono) ha fatto dei casini abnormi e alla fine in culo va a me (esiste). E loro? Ah, se c'è una cosa che ho capito del documentario è che "loro", in culo non la prendono MAI. Esempio? Eccolo l'esempio: Obama, che per essere eletto ha calcato fortemente la mano sul disastro economico, condannandolo e promettendo risoluzioni, ha CONFERMATO l'80% della gente che "regola" l'economia statunitense alla Casa Bianca. Cioè sarebbe come dire che dopo Tangentopoli rimettevi al governo la STESSA gente. Per fortuna non è andata così. Come? Ah.
Insomma, dei meccanismi di triturazione soldi, lo ammetto, ho capito poco, ma l'impressione che si vive vedendo il documentario è quella di assistere ad una cosa molto simile al Nazismo ("Non è colpa mia. Io eseguivo gli ordini dei superiori"), però senza Norimberga: praticamente nessuno dei veri capoccioni delle banche, artefici della "bolla" che quando è scoppiata ha avuto lo stesso risultato della cingomma quando fai il pallone grosso poi scoppia e ti impiastricci la faccia e ti si attacca la gomma pure alle sopracciglia - in questo caso perà, la faccia era il mondo intero - ha pagato legalmente per il casino, per i licenziamenti, per le famiglie rovinate.
Rimane il fatto che l'oscar sia uno dei più "politically correct" degli ultimi anni. Fanno i casini  e poi danno l'oscar tipo "Ah già, avevi ragione, abbiamo proprio fatto un casino" al film che racconta il casino stesso. Un film analitico, ma senza una vera "storia" (sono sempre più convinto che i documentari migliori siano quelli che per raccontare il "generale", documentano il "particolare". Si sarebbero potute, per esempio, seguire le sorti monetarie di una o più soggetti).
Ah no! Una cosa l'ho capita! LA CRISI è TUTTA COLPA DEGLII ISLANDESI! MALEDETTI! TUTTI PACIOSI A FARE I BABBI NATALI E POI, APPENA TI GIRI, TI DANNO UNA MAZZAROCCATA ALL'ECONOMIA COME FANNO COI CUCCIOLI DI FOCA!
Soldi. Soldi. Soldi. Li odio. Non ne ho. O meglio, ne ho abbastanza per non dover avere la Family Card, però non riesco MAI per metterli da parte. E cazzo non sono una "mano bucata", vi giuro. Come arrivano, vanno via, per il condominio, per l'assicurazione, per le cazzo di bollette. Uno cerca di ripetersi spesso "nondannolafelicità nondannolafelicità", tipo un mantra autistico. Si vabbè, non daranno la felicità, però, cazzo se aiutano. Un esempio calzante e incazzante? Ho un amico, uno di quegli amici con tre cognomi che non mancano mai, che all'epoca del botto della Lehman Brothers, lavorava in una banca, to', alla Lehman Brothers. Roba che un giorno alle 10 di mattina aveva un lavoro, alle 11 era fuori l'ufficio con la scatoletta di carta piena di cianfrusaglie tipica del licenziato. E il tenore delle mail "tra amici" era «Ah Ah! Che gli hai fatto al capo? L'hai fatto falli'! Ah Ah Ah!». Insomma si rideva. Capito che intendo.
Rifuggiamoci nell'arte, che lì sì che gira la grana. Intendo il soldo che Scott Campbell  (che nulla c'entra con quell'altro genio dei ritratti del Cinedesign di questo mese) usa per scopi visivamente stupendi:

1 commento:

  1. Ho appena letto questo articolo: http://www.artsblog.it/post/7065/scott-campbell-da-tattoo-artist-dei-divi-ad-artista-a-tutto-tondo
    poi passo su CandB e che ti trovo..?

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