mercoledì 8 febbraio 2017

Minecrack

Mine
Trama: Te nel deserto

Difficilmente un Broccolo fu così pesante da assegnare. Non è cattiveria, è la conta dei fatti.
Mine è un film italiano fatto da italiani, italiani veri, proprio come Toto Cutugno, che però vuole (e ci riesce) essere americano. Si impegna tantissimo - troppo! Ecco il problema! - ad essere americano.
Intanto l'attore protagonista è quel bellimbusto di Armie Hammer
uno di cui non ho mai imparato il nome fino ad adesso, eppure l'ho visto mille volte, dal doppio gemello di Social Network al principe azzurro qui, cowboy , spia tirapugni o ultimamente come animale notturno; eppure non è certo un attore di cui ricordi qualcosa se non la bellezza anche un pochino banale.
Doveva arrivare Mine per fargli fare un film da protagonista assoluto - e quando dico assoluto intendo che praticamente c'è solo lui tutto il tempo - e farci notare che ehy, è pure bravino eh.
Poi la storia: soldato americano di base in Iraq sta tornando col commilitone/miglior amico (?) alla base dopo una missione andata male, e mentre l'amico gli salta in aria davanti, lui contemporaneamente mette un piede su una mina e non può far altre che stare fermo, non deve muoversi, deve guardare l'amico morire e aspettare gli aiuti che arrivano tra 75 ore, forse di più. Esatto, praticamente è un mix tra Buried e 127 ore. Soprattutto troppo troppo simile a quest'ultimo nell'andamento, nella gestione della paranoia, nella claustrofobia al contrario (questo sta nello spazio aperto più vuoto che esiste, il deserto, ma deve stare immobile), come nel film con James Franco ci sono le visioni di una vita passata che si mischiano alla situazione disperata, ci sono i deliri che uniscono in un solo colpo d'occhio deserto e interni casalinghi (un divano appare magicamente nella sabbia, è proprio uguale a 127 ore, troppo), poi c'è il fattore "quando stai per morire ti passa tutta la vita davanti", solo che se stai morendo di stenti (che è una morte che dura troppissimo), davanti che ti passa? Pure la vita degli altri? Tutte le vite che non hai vissuto? Ripensare agli errori fatti, a come sarebbe potuta andare... insomma tutta roba un po' vista.
Poi appunto c'è la sceneggiatura, quella sì che purtroppo è l'elemento che pesa di più in quel Broccolo. Fare gli americani va bene. Fare i film di genere va benissimo, sarebbe assurdo dire il contrario dopo aver gioito come ragazzini di fronte a Jeeg Robot o Veloce come il vento, ma lì erano italiani che facevano film italiani capaci di tenere testa a quelli americani, senza perdere identità. Mine invece si autodistrugge con meccanismi sentimental-buonisti di una tale banalità che rovina quanto di buono fa nella messa in scena e, soprattutto, nella regia. 
Ecco la regia, invece, è veramente ma veramente ottima, insomma tenere viva l'attenzione per 90 minuti con uno fermo nel deserto senza farmi sentire il sapore di aver riciclato le inquadrature ce ne voleva.
Peccato eh, perché il film in fondo c'è tutto, è un film di genere ed è fatto da italiani, italiani veri, ma le sparate sul perdono paterno, sui figli che pagano gli errori dei padri, sul vizio della violenza domestica che si tramanda, mi è sembrata proprio una cosa da film banale americano buonista vacchio stampo.
E poi quel finale, proprio no.
Peccato che nel deserto non ci sono i gabbiani eh

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