mercoledì 16 novembre 2016

CB ANTEPRIMA • Animali notturni

Animali Notturni 
Trama: Quando l'amore brucia l'animale

Tom Ford è diventato un regista vero. 
O forse lo è stato da minuto 1, da quando ha fatto A single man, quel film ipermanierista che aveva aperto a Colin Firth le strade dell’oscar (che poi vinse l’anno dopo con un'interpretazione ben più banale), che aveva reso Julianne Moore più bella del bello e che sembrava (ma non era) uno spot lungo 120 minuti del suo stile.

Il suo cinema - si può parlare di “suo cinema” per un regista che ha due film all’attivo? Risposta: sì - è esattamente quello che ci si aspetterebbe da uno stilista: è stiloso, chic, algido, perfetto, laccato, e non solo quando i personaggi (sempre vestiti benissimo come fossero su una passerella

si muovono in case di design o gallerie d'arte, è tutto perfetto anche quando c’è la violenza, lo sporco, il male. E in Animali notturni ce n’è a pacchi di violenza, di sporco, di male. 
E non si prova mai fastidio per questo manierismo, per questa gelida perfezione, perché sì è gelida, ma riesce - in un qualche modo che ha addirittura qualcosa di trascendetale - a diventare calda, emotivamente profonda. 
Animali notturni racconta due storie, una dentro l’altra. È un film tratto da un libro, e racconta di un libro scritto, spedito e letto, e quando il libro viene letto dalla protagonista  la storia “appare” sullo schermo, diventando il film dal libro filmico nel film dal libro vero (come ne La storia infinita, per capirci). 

La natura polidimensionale del racconto (un film fuori da un libro dentro un film, tutti chiusi in un lussuosissimo involucro) viene raccontato come in un ottimo mix tra Lynch e Hitchcock. La prima, primissima scena è una delle cose più lynchane dai tempi in cui Lynch faceva le cose lynchane, poi si rietra nel thriller hitchockiano dichiarato (soprattutto dalla colonna sonora), si rietra, diciamo, in ranghi delineati da un progetto architettonico Bauhaus che racchiude un design di interni degno della cover di una rivista abitato da persone elegantissime: dalla casa all'abito, tutta una serie di carapaci a matrioska stupendi che servono a nascondere l'inesistenza (non ho detto impalpabilità) del loro contenuto.
Se c’è spazio per qualcosa, dentro quelle case, quelle stanze e quegli abiti, è per i rimpianti, per i rimorsi di una passata umanità, di una negata felicità.
Amy Adams/Susan, protagonista, ma di fatto quasi una comparsa, è una ricchissima gallerista.

Per ricchissima si intende che ha uno dei cani di Jeff Koons a bordo piscina. Ma i Jeff Koons non danno la felicità, infatti la sua vita è uno strazio.
Una mattina riceve un manoscritto, spedito dal suo ex marito, un aspirante scrittore sposato in giovanissima età e poi abbandonato perché troppo sensibile, troppo "puro", troppo... aspirante. Non prima, stranamente per una donna, di aver trovato una scialuppa di salvataggio a forma di altro uomo bellissimo, un vero principe azzurro (infatti è stato anche, un principe azzurro), ma freddo come ghiaccio secco. Similis cum similibus.
Ora la sua vita è allo stallo e ricevere quel manoscritto dall'ex - Animali Notturni, a lei dedicato - è uno shock. 

Inizia a leggere e da quel momento siamo proiettati in tutt’altro scenario (il deserto), tutt’altra storia (di crimine e vendetta), tutt’altre vite (allo sbando), tutt’altra violenza (sùbita o commessa). 
Il viaggio innocuo di una famiglia (padre, madre, figlia adolescente) in macchina, su una di quelle strade americane tutte dritte per chilometri dove non incontri nessuno, diventa presto un incubo, quando qualcuno lo incontri, ed è il qualcuno sbagliato. 
I tre vengono fermati infatti da quelli che si chiamano redneck, forse gli esseri più terrorizzanti che cinema americano abbia mai creato (da quel tranquillo weekend di paura che tutti ricordiamo in poi...), tre bovari, tre perdigiorno, tre buzzurri, i peggiori, perché la loro violenza è animalesca, dettata più dalla noia che dalla maniacalità, può dirti bene come male, e questa incertezza è peggiore che se capisci di aver incontrato Hannibal Lecter. I tre riservano alla famiglia la peggiore delle attenzioni: violenza, tortura e cose che rovinerei il film a raccontare.
Jake Gyllenhaal - al momento il bello più bravo e il bravo più bello che puoi trovare su grande schermo, quando non è in overacting di conferma davvero ipnotico, anche in questo ruolo così sommesso e antimuscolare - è il vero protagonista, nel doppio ruolo di padre che non riesce a fare di fronte alla violenza dei redneck e di ex-marito che nulla può fare di fronte alla violenza della decisione della moglie.

Il suo personaggio è l'ago della bilancia di tutto il film. Marito tradito, uno che se «due persone si amano devono combattere quando le cose vanno male, non devono abbandonare», assapora la vendetta parola per parola per vent'anni, per poi recapitarla alla moglie sotto forma di manoscritto, con un racconto che è un'allegoria totale della loro relazione. E quando dico totale, intendo totale (la Morte è un filo rosso che ancora li unisce, e quando arriva nel racconto del libro è una pugnalata per chi lo sta leggendo).
Ma più di tutto Animali Notturni è un film sul coraggio, sia fisico che morale, o sulla sua assenza. 
Dov'è il coraggio quando rimani inerme di fronte a una violenza inaspettata? Perché si rimane immobili come animali accecati dai fari di una macchina quando la violenza ci sta per investire?

È coraggiosa la ricerca di una vendetta che sai bene non porterà le cose nel posto dov'erano prima? È coraggioso servire il piatto della vendetta a vent'anni di distanza? Tutte domande a cui risponderemo in modo diverso una volta visto l'interrogativo finale.
Un film che affascina e ammalia, che riesce a toccare corde intime nonostante una forma patinatissima, che nelle superfici tirate a lucide riflette emozioni arrugginite. Di certo uno dei film che deve essere visto quest'anno.
Contento Jake?

Voglio solo dire un’altra cosa importantissima su uno dei protagonisti del film, una cosa che ogni volta mi preme dire quando vedo Aaron Taylor Johnson come attore e come uomo. Aaron. Cocco de casa. Ma io dico... MA CAZZO! ANCORA NON HAI DIVORZIATO!?



DAI CAZZO AARON! DAI diciamocelo noi tra uomini ma insomma! MA io capisco il fascino della nave scuola ma cazzo almeno Ashton s'era preso Demi Moore, te te sei accollato veramente un goblin! Ennamoddai!
Sentite io lo so che l’amore è cieco e insomma tutte le cose romanticissime che comunque le persone sono belle dentro ma insomma se una cosa si può imparare da Tom Ford è che non è bello ciò che è bello ma è bello Aaron Taylor Johnson e la moglie è una cozza che deve aver qualche cosa che non si vede nelle foto ma io TI PREGO Aaron dimmi che fa delle cose che ti hanno veramente ma veramente conquistato e ti prego non mi dire perché l’età è negli occhi di guarda perché nei miei c’è solo che tu sei un FICO e lei, chiamiamo le cose con il loro il nome, è un cesso a pedali. Mi sa che tu tanto tanto intelligente non sei eh
Ok, questa recensione doveva essere molto compita ed elegante, ma quando io vedo Aaron e penso alla moglie mi parte la selezione naturale.
Rifacciamoci gli occhi con la bellezza estrema di TUTTI i protagonisti (sì anche di quella faccia astrusa di Shannon

è un plus che non si può notare:

E condivisiamo con un applauso il feticismo che Tom ha per le rosse, di cui riempie il cast femminile:




Bravo Tom, diglielo un po' che queste rosse hanno una marcia in più.
Per premio ti regalo altri libri cinematografici che poi quando uno li legge diventano film dal libro del film nel libro... insomma hai capito:

cricket pinocchio disney book classic disney

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