mercoledì 3 giugno 2015

Cavaliere della favola rotonda

Il racconto dei racconti
Trama: Il racconto, grazie [fa il gesto di scrivere con la mano]

Da bambino andai sulle Dolomiti con mia madre (Ahia. CB che inizia con "da bambino" è sempre pericolosissimo.) Un giorno mi comprò un libro di Favole e Leggende delle Dolomiti, che io iniziai a leggere la sera stessa, voglio dire, si chiamano Favole della buonanotte mica per caso no?
La prima favola era quella di Dolasilla in cui faceva la sua comparsa Spina de Mul.
Spina de Mul era una sorta di stregone/sciamano con le fattezze di un mulo scheletrico, con le fasce muscolari in vista, quando non direttamente le ossa, 'na roba brutta e cattiva insomma.
Nel giro di una descrizione di tre righe Spina de Mul divenne il mio fottutissimo Babau e non c'era notte, nei mesi successivi (ma anche oggi) che prima di dormire non mi impaurivo un po' pensando a questo cavallo zombi (anche se il concetto di zombi l'avrei capito molti anni dopo) che veniva a prendermi e al galoppo mi portava sulle Dolomiti, e neanche un krapfen o un cenederlo mi dava!
Le favole sono queste. Le favole fanno paura. Perché attraverso la paura riescono a insegnare, a potenziare la loro morale. Le favole non sono quelle che abbiamo imparato a conoscere nei cartoni animati, piene di topolini parlanti, sirenette felici, pupazzi di neve stupidotti, che sì sono belli per carità, ma con un colpo d'accetta tolgono tutto l'orrore che c'è in una vecchia che quei due fratellini se li vuole MANGIARE! MANGIARE ragazzi miei, altro che casetta di marzapane.
Garrone questo vuole ricordarci, e per farlo ci fa un intero film. Un film di favole come andava fatto, come la Disney non farà mai, soprattutto ora che ha preso questa nuova odiosa china di fare le favole con attori in carne e ossa e creature al computer (almeno ci sono stati anni in cui le streghe chiedevano i cuori delle arcinemiche e poi morivano precipitando da un dirupo). 
Esistono uomini (uomini e donne) egoisti, capricciosi, pretenziosi e stupidi, contrapposti ai puri di cuore, ai coraggiosi, ai candidi. Di queste due categorie raccontano la favole (ripassiamo tutti insieme Propp ancora una volta, che fa sempre benissimo) e servono a farci scegliere sin da piccoli (un po' come hanno fatto Guerre Stellari e Harry Potter) da che parte stare: volete dei vestiti nuovi a costo di indossare l'infamia? O vi vendichereste degli abitanti di Hamelin rapendo tutti i loro figli? E avreste il coraggio di affrontare il Re Topo con sette teste? 
Ci sono tante - tutte? - favole che la Disney non ha mai ricoperto di melassa e canzoncine (ci tengo a dire che io sul motorino canto ancora Grande Alì, quindi il diminutivo è messo solo perché sta bene col discorso...), e abbiamo ancora l'occasione di non renderle oggetto di merchandising e parchi tematici, e la tradizione italiana è stratificata di leggende, centinaia per ogni regione, non c'è solo Pinocchio.
Sono sei anni che mi lamento (oltre per tutte le altre cose) del fatto che in ItaGlia il film di genere è morto e sepolto. L'horror è in mano ad un cantante dalle corde vocali spompate, l'ultimo film di fantascienza che "merita" questo nome lo ha fatto un milanese calvo e un po' boyscout, lo stesso che ha tentato anche la carta del cinecomics, il fantasy era il non pervenuto per eccellenza, se spremo le meningi e cerco di ricordare l'ultima volta che ho visto regine e re, cavalieri e principesse, draghi e streghe, mi viene in mente solo questo:

Forte del traino delle due trilogie di Jackson e di una serie TV ormai fortemente nazionalpopolare come Game of Thrones, quindi di conti alla mano portati ai produttori con la panza e frasi tipo "vedete! Anche i nani possono fare milioni di dollari!", Garrone trova il modo di farsi produrre - e produrre di tasca proprio, vale la pena ricordare, secondo me pagherà fatture fino al 2025 - un film fantasy con tutti i canoni del genere: ci sono draghi (fortunadraghi?)
e giganti (a proposito, rivediamoci questa favoletta interpretata dallo stesso attore:

ci sono principesse virtuose e re stupidotti
ci sono streghe e megere, animali fantastici e creature maligne
e nessuna sfigura di fronte ai dragoni in computer graphic di GoT o lo Smaug superperfetto dello Hobbit. Ovvio, sfigura se vogliamo parlare di oscar agli effetti speciali, ma qui siamo in Italia e cercare di ridurre al minimo gli effetti computerizzati a favore di quello che possiamo chiamare l'artigianato degli effetti speciali è un dovere, più che una scelta.
E vedere un regista italiano in una foto del genere
alimenta quella flebile fiammella di speranza che sì, anche qui possiamo fare un film i cui backstage sono questi:

I cui storyboard sono tanto belli da meritare una mostra (li ha fatto Davide De Cubellis, piacetelo molto) e i cui costumi possono essere ricordati come furono quelli di un Gattopardo o di un Casanova. 
Insomma, un film la cui produzione non si limita a mettere delle cineprese dentro una casa già arredata al centro di roma, i cui costumi non sono product placement di chissà quale azienda, un film che ha un "mondo" prima, durante e dopo.
Ora, Il RdR è lontano da essere un grande film, anzi la prima mezzora è faticosa, molto silenziosa (e quando parlano troppo, e quando parlano troppo poco, non mi sta mai bene niente!), ma poi i racconti prendono la loro forma - sono tre, che si alternano e a volte mischiano - e catturano l'attenzione, e la seconda ora del film è più piacevole e interessante della prima, non molla più. 
Anche l'apparato scenografico non aiuta, infatti all'inizio ci sembra quasi un po' "povero", un po' vuoto, e non aiuta neanche vedere attori americani (che ricordiamo spesso avvolti da scenografie costate milioni di dollari) immersi in questa realtà tutta italiana. E poi ti rendi conto e ti ricordo che sono quelli i veri castelli, e sono qui, quindi perdonate il campanilismo un po' da Nazionale Italiana ma questa gallery è lapalissiana: ci siamo scordati la Bellezza dentro che esiste dentro i nostri stessi confini, Il RdR serve anche a ricordarcela. Ma a fine film ci si rende conto che siamo noi dalla parte sbagliata e abituata male dello schermo; ormai gonfi di scenografie sfarzose, computerizzate, ricche ai limiti del rococò, anche per il più inutile dei film, quando poi ci troviamo di fronte un castello vero (sottolineo vero, chi ha più castelli sul suolo patrio di noi europei? E poi quelli che ci ricordiamo sono quelli americani...), ravvivato sì nei drappi e negli arazzi, ma non certo nell'architettura, già incredibile e vera di suo 
Uno sforzo produttivo - non solo economico - che trasuda in ogni scena, in ogni coraggiosa presa di posizione su cosa raccontare (non deve essere stato facile imporre alla produzione italiana cuori divorati
e gente scorticata... ma anche solo la frase "e qui appare una pulce gigante"), sul come raccontarlo (No. Non la facciamo la scena a cartoni animati che ci costa di meno di costruire un vero drago animatrone anche se poi si vede quattro minuti) e sulla resa finale, soprattutto nei costumi, che riporta davvero una produzione italiana ai fasti di bei tempi andati, quando c'erano registi che si potevano permettere di fare un film in costume ed essere da esempio per molti altri (ora gli stilisti cinematografici italiani che sono quelli più apprezzati e vincono l'oscar lavorano tutti all'estero, perché a vestire Raoul Bova e Ricky Memphis che vanno nel passato che ce vole? Basta andare a Via Sannio...). E poi quegli effetti speciali, così fantasticamente puri (pochissimo computer, ripeto, e si vede, si "sente".).
I racconti, anzi i cunti, sono belli (La pulce il mio favorito, anche complice il mio amore spassionato per quel quasi-freak di Toby Jones), ci raccontano di quegli animi umani a cui accennavo all'inizio: c'è la regina "cattiva" pronta a tutto, proprio a tutto, pur di diventare madre, contrapposta ad un Re buono e ad un figlio candido e gentile, albino di testa di cuore; c'è un Re vizioso e una megera che arriva a tradire la sorella pur di conquistarlo; c'è una povera principessa che per colpa di un Re stupidotto finisce in sposa ad un gigante. 
Ci sono tre figure di donne importanti che forse riassumono tre età dell'essere femmina, ognuna di queste età vissuta in una certa maniera, che non è detto sia quella giusta, è solo una delle possibilita: il passaggio da ragazzina a donna, con virtù; diventare madre, ad ogni costo; invecchiare, e non riuscire ad accettarlo. Ammetto che a tutto questo mi ci ha fatto pensare una donna. Io, uomo binario proprio come la maggior parte degli uomini del film (fatta esclusione per i ragazzi, ancora puri di cuore), non ci avevo minimamente pensato.
È un film che va premiato con quanta voce possiamo avere, anche con tutti i suoi momenti di stanca e la sua regia un pochino piatta. Garrone infatti non trova quasi mai la forza espressiva di Reality - ci sono scene che avrebbero potuto regalarci, senza essere stucchevoli, più virtuosità, ad esempio penso al matrimonio con cui inizia Reality, eccessivo e rumoroso, e poi alla scena dei buffoni di corte qui, molto spenta e con una Alba Rottenmayer che ragazzi miei basta, è triste anche quando fa la buffona, che palle, è la nuova Margherita Buy, Alba Rottwailer - o la linearità secca di  Gomorra, anche quello era un film a episodi intrecciati se vogliamo. Ma Il RdR è un film coraggioso, in anni di piattume produttivo tristemente noto come Cinema Italiano, un film del genere è una pulce bianca (appunto) che può e DEVE essere un punto di partenza importante, un esempio per quei registi - impossibile che possa farlo un esordiente - già famosi, che possono una volta tanto smettere di raccontarci della storiella d'amore nella provincia italiana di lui sognatore e lei senza genitori (sto inventando, vi prego non fatelo davvero un film così) o l'ennesimo film di criminali che hanno rotto i coglioni e mettere insieme i soldi, il cast e fare un film di genere, prima Film, e poi Genere. Poi oh, di storie d'amore, romanticismo e criminali, violenza, omicidi, sangue nelle favole ne trovi quanti ne vuoi.
Magari se poi anche nella scelte delle locandine iniziamo a metterci un paio di palle in più non sarebbe male... che fine ha fatto questo splendida locandina teaser qui?
Mi hanno raccontato - un Gola Profonda come Tutti gli uomini di CB - che Garrone in persona si è seduto accanto al grafico e gli ha fatto comporre quella zozzeria photoshoppata del poster finale. Ecco Matteo, ok per il film i costumi gli effetti speciali bello tutto bello il drago bella la pulce, ma sui poster fidati dei grafici la prossima volta.
Intanto tifiamo fortissimo per Il RdR e ora vogliamo la serie TV e io pretendo una puntata su Spina De Mul.

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