giovedì 5 maggio 2016

CB ANTEPRIMA • Stonewall

Stonewall
Trama: Indipendence Gay

Un giorno, saranno state le 18.30, lo si capiva dalla luce del pre-tramonto che entrava dalle finestre, Roland Emmerich ha deciso di fare un film sullo Stonewall, celeberrimo locale gay di New York, culla dei primi moti di outing del movimento LGBT, di lotta per i diritti gay e rivolta; erano anni quelli in cui l'omosessualità era fuorilegge... ripeto... fuorilegge, e contemporaneamente considerata una malattia... ripeto... una malattia da curare con l'elettroshock. 
Roland Emmerich è lo stesso che ha fatta distruggere la Casa Bianca dagli alieni, mezza NYC dal primo brutto Godzilla, ha congelato la metà superiore del mondo e l'altra metà l'ha distrutta prima del 2012, e poi se l'è presa con Shakespeare e con Obama, insomma uno che non ci va leggero quando vuole distruggere qualcosa. Peccato che questa volta se la sia presa coi gay (peraltro con se stesso, quindi). 
Stonewall anche è un film catastrofico, ma senza morti di massa o cataclismi, l'unica tragedia è che sia stato girato, penso tutto tra le 18.20 e le 19.00.
D'altronde Emmerich non è Spielberg, e non è detto che se hai la sensibilità (che poi.. sensibilità... facciamo "forza visiva" tra molte virgolette) di fare un film catastrofico divertente non è detto che tu abbia la stessa capacità di esplorare l'animo umano, o comunque di fare un film diverso da quelli dove si distruggono cose.
Stonewall non trova mai e poi mai la profondità che un tema del genere necessita (Philadelphia anyone?), e, se volessimo pensare a un'approccio contrario ma non meno forte, neanche ha quella freschezza e divertimento scanzonato che l'energia omosessuale (suona omofobo dire "energia omosessuale?") porta con sé (Priscilla la regina del deserto anyone?).
Stonewall è vecchio e forse anche un po' offensivo, perché, per fortuna, viviamo anni in cui l'omosessualità al cinema non si risolve più con macchiette un po' ridicole inscribili nel ventaglio dei personaggi "froce", "checche", o anche solo ragazzi travestiti con movimenti effeminati esagerati tra pianti a dirotto e sculettamenti, non siamo più al Vizietto oggi, oggi si racconta di gay, come è giusto che sia, che sono semplicemente uomini e donne, ragazzi e ragazze, che vivono la loro sessualità e i loro sentimenti con la stessa identica forza e gli stessi identici problemi di chiunque (mi vengono in mente alcune serie tv che in questo sono abbastanza all'avanguardia, tipo Ian di Shameless, o Alex di Orange is the new black).
E anche quando nei film c'è il personaggio drag o travestito, ecco che pensi al Jared Leto di Dollar Buyers Club o alla Danish Girl, c'è sempre una sorta di "normalità", se mi passate il termine. Parlo proprio dell'eliminazione dall'equazione della parola "diverso". Persino Ozpetek ci era arrivato. La tristezza c'è, ma non passa attraverso la macchietta. Invece in Stonewall:

Dio santo quando mi inoltro in questi discorsi mi viene sempre il dubbio che A) non mi riesco a spiegare B) dico un sacco di fesserie. Come fare a spiegare che per me siamo talmente avanti che non ci dovrebbe essere proprio la questione "gay/non gay", cioè come dire che per me ha lo stesso peso di "capelli lunghi/capelli corti".
Vabbè comunque. Il film è girato per un buon 80% in un set che ricostruisce la strada dove c'era lo Stonewall. Un set fatto pure abbastanza male che sarebbe però potuto essere un motivo di fare un film diverso, magari un po' teatrale, girato solo su una strada (ovviamente raccontando solo fatti successi tra le 18 e le 19). E invece ci sono dei flashback campagnoli (vi ho già detto che la trama è un proto-remake di Hair? Campagnolo che arriva nella grande mela, conosce un gruppo di personaggi variopinti che lo iniziano alle gioie e ai dolori della vita, se ne distacca per trovare il suo posto nel mondo ma con una consapevolezza diversa), qualche interno sudicio di albergo e, appunto, lo Stonewall, che già dal titolo avrebbe dovuto essere centro dell'universo del film, grembo dove questi "rinnegati"dalle famiglie e dalla società avrebbero trovato l'uno la forza nell'altro e avrebbero dato vita al movimento di consapevolezza e fierezza gay (non farò battute su che tipo di movimento. Eeeeh madò, non storcete il naso perché i primi a ridere di questa battuta becera sono i lettori gay che adesso stanno leggendo, secondo me tutti i problemi del mondo nascono dalla mancanza di autoironia, pensa un po'...). 

Invece niente di tutto questo. Anzi, la prima scena dello sbarbatino che entra allo Stonewall per la prima volta è triste, solitaria, ci stanno quattro gatti e tre comparse, colonna sonora banalissima (Gloria Gaynor e dance anni 70 varia)... ma io dico, Buz Lurhmann non ti ha insegnato niente (vi ho già detto che la trama è un proto-remake di Mouline Rouge?). Che pena.
C'è poi da sottolineare questa cosa della luce. Ma io dico, possibile che TUTTO il film sia invaso da luci di tramonto? SEMPRE! OGNI. SINGOLA. SCENA. È tagliata da fasci di luce che entrano dalle finestre, dalle porte, dalle orecchie. Sarebbe stato fastidioso in un film catastrofico, figurati in uno che vuole essere così serio.
Bisogna dire che se c'è una cosa su cui il film ha fatto centro è far incazzare proprio tutti... 



Neri, bianchi, gay, lesbiche, trans, tutti contro il fatto che la storia dello Stonewall sia lontana anni luce da quello che racconta il film. Capito, neanche STORIA VERA posso metter. Qui una caterba di motivazioni. Ovviamente ci si aggiungono gli spettatori delusi per il brutto film.
Trovare in un film gay oriented Jonathan Rhys-Meyers a non vederlo vestito così:

è un crimine.
In conclusione, questa singola foto:

ha più potere comunicativo per la lotto ai diritti dei gay di tutto il film.
Emmerich è subito corso dai suoi cari alieni. con risultati palesemente migliori:

Ah, se solo avesse fatto il film come questo trailer alternativo gli consigliava:

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