giovedì 2 luglio 2015

Magnottia

Le leggi del desiderio
Trama: Un Muccino chiamato desiderio

Di film di merda, in ItaGlia, se ne producono tanti.
Anzi quasi la totalità dei film itaGliani non valgono questo appellativo (film, non merda). Facciamo solo commedie. O ritratti di interni di famiglie noiose. O riproponiamo fatti storico-biografici con l'attore di turno che si cala nel personaggio mentre noi caliamo nel torpore più assoluto. Poi ok, ci sono gli Autori, quella manciata di registi con una voce propria che - pur non allontanandosi di troppo dal tris commedia/famiglia/biografia - riesce a fare film belli anche con quel materiale lì. 
Ogni tanto, ma solo ogni tanto, qualcuno prova a fare qualcosa di diverso, alle volte bene, il più delle volte male, ma facendo comunque flop al botteghino, perché noi itaGliani, che il cinema di genere lo abbiamo quasi creato, che avevamo un'intera città dedicata al cinema, Cinecittà - che ora è diventata un triste parco giochi, difatti - oggigiorno al cinema vogliamo solo "nun pensa' ai probblemi già ce nò tanti de mio", e corriamo in massa a vedere solo i film con la locandina bianca col protagonista scontornato e la scritta rossa grossa.
E poi c'è Silvio Muccino. Che rappresenta per davvero uno dei punti più oscuri del cinema itaGliano (di qualsiasi cinema, dall'autoriale alla spazzatura, che non è nessuno dei due, più semplicemente non è proprio cinema): perché fa film? Chi li produce? Chi li guarda? Chi lo costringe a farli? Che c'è qualcuno che lo costringe? Costringitori di Muccinino.
Silvio è un ragazzo la cui unica qualità è stata quella di essere fratello minore di un regista capace (sì, a Gabriele Muccino tutto gli puoi dare da mangiare dire, tranne che non sia bravo in quello che fa (perlomeno quando lo fa in ItaGlia), che ha colto una palla che tutti avremmo colto, chi non avrebbe accettato, a 16 anni, di fare un film da protagonista? Tutti. Poi, cogliere i rimbalzi successivi, anche questi, come dire, l'occasione fa l'uomo attore, e va bene, facciamo che è diventato un attore, non si capisce con quale attrattiva, ma ok. non gliene possiamo fare una colpa.
Almeno fino a qui,
Però no, a Silvio non bastava, Silvio da grande voleva fare anche il regista, massì, perché il fratellone sì e lui no? E da quel momento i rimbalzi sono stati sempre meno alti, e lui affannato a cercare di coglierli, quella palla di pongo sempre più impolverata e grigia.
Ora Silvio è tornato, con questo ignobile ed imbarazzante ultimo film (sperando sia davvero l'ultimo).
E insomma Silvietto - che ci piace ricordare anche così:

dopo cinque anni passati a farsi crescere i capelli e a litigare col fratello su Twitter (ecco la sua trista trista storia che lui proprio NON voleva alimentare e per dire che NON voleva parlarne è andato da una Bignardi sempre più simile alla D'Urso:

(L'avete vista tutta l'intervista? Ma che telenovela è? Ma poi che CAZZO sarà successo a 'sti Muccino... il Dolore mio. Il Dolore di mio fratello... MA CHE CAZZO È SUCCESSO VI PREGO DITEMELO! Secondo me sarà stata una cosa tipo che si è licenziata la donna delle pulizie, solo che adesso l'hanno messa già talmente pesante che non possono dirlo sennò li riempiono di mazzate, a lui e il fratello) - fa un nuovo film. 
Un remake itaGliano della sezione dedicata a Tom Cruise di Magnolia (ma qualcuno non gli ha detto che il confronto è ridicolo? Pare uno sketch di Comedy Central, del SNL... solo che è vero.)
Tom il life coach lo faceva così:
mentre Silvio lo fa così:

(Sì è una cosa vera. Vera davvero. Motivazionale per cosa? Per trovare i motivi giusti di ammazzarsi?)
C'è da chiedersi chi abbia più colpa, lui che lo ha fatto, questo film, o quelli che gli hanno permesso di farlo? Un concorso di colpa? È peggio lui che ha addirittura l'ardire di prendere i soldi del MiBac (Ministero dei Beni e della Attività Culturali... Cul.. turali...) o del MiBac che glieli dà? Dopo Ustica e il Mostro di Firenze un grande mistero itaGliano.
Bisogna ammettere che almeno nessuno li va a vedere. Questo Leggi del Desiderio per fortuna - almeno questo, nonostante rimanga scandaloso che abbia trovato la sua strada per le sale - non se l'è cagato veramente nessuno.
Che sia, finalmente, la fine di una carriera inutile, multitasking (Muccinetto non scordiamolo ha anche scritto dei libri, che ti fai mancare l'editoria? E quando mai... tutti scrivono libri ormai.. persino io...).
Quello che davvero infastidisce nel personaggio Muccinino è la sua voglia di recitare la parte del regista vero, quello che ha davvero di dire qualcosa. Peccato che se no hai NULLA da dire che non sia una copia ridicola di cose che hai visto altrove, di spunti alla carta carbone, di scene prototelevisive... in un film dove persino la colonna sonora è solo mix di canzoni e musiche sentite in mille altri film (cristo neanche quello è riuscito a fare da solo), ecco, perché per me se a uno capitano le occasioni fa bene a coglierle, ma poi deve anche saper capire quando basta.
E Muccinino veramente, basta. 
Oltre a Muccinino istrione che fa la scimmia umana (lo fa.), chi abbiamo in questo Magnolia alla Amatriciana? Carla Signoris è la sua Julianne Moore, Maurizio Mattioli il suo Philip Seymour Hoffman, Nicole Grimaudo la sua... boh... chi potrebbe essere? Ah sì.. potrebbe essere la sua Anne Hattaway, che in Magnolia manco c'era.
I tre attori - che pur riescono a tenersi a galla in questa palude di sterco in cui li ha scaraventati il bisunto Muccinino senza neanche tendergli la mano per salvarli, e ci riescono solo grazie al mestiere, perché almeno la Signoris (ricordiamo i suoi anni gloriosi nei Broncoviz) e Mattioli di mestiere ne hanno da vendere - rasentano il ridicolo in praticamente ogni scena. 
Ma niente a confronto con Muccinino, Muccinino il bel ragazzo, Muccinino l'affascinante, ma anche Muccinino l'insicuro, Muccinino il dolce, Muccinino il problematico che alla fine si redime e ingravida la Grimaudo in un finale che pare un cataclisma reazionario contro tutte le parole urlate nei film di Muccinone, quelle tipo "sono diverso da tutti", "l'impresa eccezionale dammi retta è essere anormale"... Muccinino vuole essere lo strano della famiglia, si atteggia artistoide e controcorrente, pecora nera di una famiglia perbene, e poi riempie il suo film dei più insulsi e populisti meccanismi di sceneggiatura (sii te stesso e sarai felice), e infiocchetta tutto con cene di natale da strapparsi gli occhi e metterli nel micronde pur di non dover assistere a tale scempio e un finale che ti fa venire voglia di scrivergli un tweet subito ora adesso
[ora lo scrivo e poi lo metto se mi risponde]
e sperare di non pensarci più.
Inutile sottolineare che il titolo del post cita il più grande bestemmiatore della storia italiana, il sempre misurato signor Magnotta, che forse i più giovini non ricordano, e che quindi vale la pena istruire a colpi di lavatrici e terroristi:

Ecco, i commenti pacati del mite signor Magnotta sono proprio un riassunto di quello che si dovrebbe urlare a Muccinino se lo si incontra per strada.
A lui e al suo modo innaturale di recitare e vivere. Già, vivere, perché Muccinino purtroppo non sa distinguere la fantasia dalla realtà e il personaggio che si è cucito addosso: il rampolletto della Roma bene che però si sente selvaggio e si atteggia a quello che potrebbe benissimo vivere in una capanna sull'albero a coltivare banani... 
...che non sarebbe neanche una cattiva idea, basta che non fa più film.

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