Il nome del figlio
Trama: Famiglia cristiana
Non è facile definire cos'è "radical chic" a Roma. In un gomitolo di strade (citazioni a caso, e fa CB) ormai totalmente allo sbando - giuro che non mi metterò a parlare di degradati vs decoratori, un discorso che per me ha due, se non tre, piani di demagogico blablabla - succede che il Mandrione, un quartiere fino a pochissimi anni fa inserito nelle frasi tipo "che vieni dal Mandrione" per indicare personcina poco raccomandabile, ora sia la nuova mecca dei ricchi che si comprano la casa diroccata, la rifanno da cima a fondo, però stanno a due passi dal Pigneto (il quartiere giusto accanto, che è stato quello subito precendente al Mandrione in quanto a rivalutazione immobiliare) ma anche un po' fuori mano che "si sta di un bene senza traffico, sembra un paese mica Roma".
E insomma Il nome del figlio si svolge proprio in una casa del Mandrione, se ne parla addirittura come del quartiere che ha quintuplicato il suo valore, e dentro questa casa ci sta una famiglia, e dentro questa famiglia cinque fastidiosi cretini (forse -1... forse).
Un ennesimo ennesimo ennesimo ritratto d'interno con famiglia per il cinema itaGliano, ne sentivamo la mancanza.
Tratto da un pièce teatrale (e si vede, tutte le scene, soprattutto i flashback, fuori casa sono assolutamente inutili, come se un'ottima sceneggiatura non riuscisse ad incollarti al film anche se questo si svolge dentro una sola stanza. Carnage non v'ha insegnato proprio niente eh?) il film racconta di una cena a cui partecipano 5 amici d'infanzia (due fratelli, la moglie di uno dei due, un amico caro, poi arriva la donna incinta dell'altro fratello). Tempo di arrivare all'insalata e i cinque si vomitano addosso tutti i rancori, i ricordi, i segreti.
Fino a qui tutto bene, come detto puoi fare faville con un plot del genere.
Non fosse che i cinque sono nell'ordine:
Il solito Luigi Lo Cascio quattrocchi depresso un po' nevrotico sommesso e succube del...
solito Alessandro Gassman che sarà pure il migliore dei cinque ma non fa altro che rifare il personaggio che faceva in... non ricordo il titolo sto perdendo colpi, ah sì, praticamente il film gemello di questo con mezzo cast uguale, dai quello, I nostri ragazzi, bono pure quello guarda... che aspetta un figlio dal nome misterioso dalla...
solita Micaela Ramazzotti fata de periferia che però c'ha er cervello che pensa lei mica solo er culo che parla, la cui battuta di maggior rilievo nel film è "TWITTAME 'STO CAZZO", ovviamente tutto detto con quel misto ramazzottiano di voce sinuosa ma popolana che andava benissimo per il suo miglior film, ma che sta diventando ridondante (ricordate il suo battesimo al doppiaggio no?) e che porta in grembo questo figlio che è un po' il seme (!) della discordia anche con...
la solita Valeria Golino lei invece con la voce alla nicotina moglie che deve pensare all'entourage famigliare e non scopa (anche se scopare con Lo Cascio, forse meglio l'astinenza...) e quindi c'ha la nevrosi e si sfoga col suo miglior amico che è...
il solito Rocco Papaleo un po' l'artistoide musicista del gruppo che infatti tutti credono gay ma invece è solo quello che serviva all'economia del film per fare lo "strano", il fuori dal coro, che invece è un coro quasi più forte di quello da cui vorrebbe distinguersi.
Che poi non so se prendere gli squallidini character poster come un'ammissione di colpa, con il loro intento descrittivo ideato da copy presi un tanto al grammo, oppure devo pensare che veramente hanno perso di vista come si fa tutto, dal cinema alla comunicazione.
E insomma uno certe volte non riesce a spiegare bene cos'è il radical chic, cosa vuol dire avere i soldi ma rinnegarli, cosa vuol dire sentirsi artisti e creativi ma solo perché ci si può permettere di alzarsi alle 11 o magari "io prendo le ferie a ottobre perché figurati ad agosto dove vai vai è un carnaio" o anche "io vado in giro solo in bicicletta ma oh niente mio padre mi ha voluto per forza regalare la macchina non ha voluto sentire ragioni, sai comunque per la spesa, se poi vuoi andare fuori il week end poi nella casa a capalbio oh non ci vai mai nessuno e ma quando ce l'hai il tempo". Potrei continuare, moltissimo.
Ora. La cosa davvero pessima che regge il film, ma davvero, è questa falsa necessità di voler raccontare questa classe media, pur facendone parte (non ditemi che la Archibugi non ne fa parte, non ditemelo), ma senza nessuna critica profonda, senza nessun graffio, anzi, con un finale "volemose bene" che davvero andresti ad aizzare tutti i cittadini storici del Mandrione e al grido di "RIPRENDETEVI IL VOSTRO QUARTIERE" andare insieme a citofonare ai nuovi radical chic dal rogito facile e ricacciarli a pedate da dove sono venuti! RUSPE PARIOLINE! TORNATEVENE AI PARIOLI VOSTRI!
Un pessimo film, scritto da cani e recitato con il pilota automatico, pieno di fastidiosissima superficialità nascosta da "vedi come sono antropologa" (pochissimi i veri antropologi di Roma. È stato più antropologo Verdone che tanti altri.), "vedi come so raccontarti le diverse sfaccettature dell'umana natura", "vedi come ti ho arredato casa per benino piena di libri ma anche la statua indiana e la cameretta dei figli col poster di Frida Kahlo", "vedi che la filippina domani non viene, non c'è la cena, dai prendiamo il giappo a porta via".
Un film in cui ancora una volta lo scontro tra le fazioni comunisti vs fascisti, frikkettoni vs pariolini, vegani vs carnivori, coatti vs nobili, poveri vs ricchi, intellettuali vs ignoranti, educati vs cafoni, maschi vs femmine, [metti qui qualcosa] vs [metti qui il suo contrario] è raccontato con lo spessore di un incarto di gomma da masticare.
E riuscire a farci odiare una canzone di Dalla non era facile. Ci sono riusciti. Tutta, la cantano tutta. La devono cantare tutta per forza. Glie l'ha ordinato il dottore proprio.
A proposito del nome di 'sto figlio - visto che mi ricordo di come il trailer tentava anche la carta del "come cazzo si chiamerà sto figlio" per attirare spettatori - è Benito. Anzi no, non lo è, era uno scherzo, anzi non era neanche un figlio ma una figlia, anzi non era neanche di Gassmann ma di.. Paolo Virzì! Infatti che hanno fatto i furboni? Hanno messo le riprese VERE della Ramazzotti che partorisce (niente roba splatter non preoccupatevi). Vere veramente. Ecco forse questo non è molto radical chic, ma Virzì si sa, ha ben altra caratura antropologica, anche quando usa gli stessi attori.
Comunque questa nuova guerra romana tra degradati vs decoratori (in cui personalmente mi inserisco in un quarto livello di demagogia che è: STICAZZI BASTA CHE FATE BEI FILM!) ha un nuovo paladino, proprio Alessandro Gassmann, che qualche giorno fa ha twittato DECORAMI STO CA.. ah no.. ha twittato: "Io sono Roma! Io scendo in strada e pulisco! Ma a settembre quando torno.". Ma che vor dì? A settembre? Quando torni da dove? Dal Circeo? Dal mare? Da dove? Da Cortina?
Che poi a me Gassmann mi sta pure simpatico, anche con tutti quei denti eh. Ma insomma, levateje er social.
Comunque anche colpa di un film come Il nome del figlio che poi vedi dei semplici filmettini, robetta innoqua, e ti viene pure da pensare "dai questo è carino, almeno non era Il nome del figlio", ma era:
Se Dio vuole
Non è facile definire cos'è "radical chic" a Roma. In un gomitolo di strade (citazioni a caso, e fa CB) ormai totalmente allo sbando - giuro che non mi metterò a parlare di degradati vs decoratori, un discorso che per me ha due, se non tre, piani di demagogico blablabla - succede che il Mandrione, un quartiere fino a pochissimi anni fa inserito nelle frasi tipo "che vieni dal Mandrione" per indicare personcina poco raccomandabile, ora sia la nuova mecca dei ricchi che si comprano la casa diroccata, la rifanno da cima a fondo, però stanno a due passi dal Pigneto (il quartiere giusto accanto, che è stato quello subito precendente al Mandrione in quanto a rivalutazione immobiliare) ma anche un po' fuori mano che "si sta di un bene senza traffico, sembra un paese mica Roma".
E insomma Il nome del figlio si svolge proprio in una casa del Mandrione, se ne parla addirittura come del quartiere che ha quintuplicato il suo valore, e dentro questa casa ci sta una famiglia, e dentro questa famiglia cinque fastidiosi cretini (forse -1... forse).
Un ennesimo ennesimo ennesimo ritratto d'interno con famiglia per il cinema itaGliano, ne sentivamo la mancanza.
Tratto da un pièce teatrale (e si vede, tutte le scene, soprattutto i flashback, fuori casa sono assolutamente inutili, come se un'ottima sceneggiatura non riuscisse ad incollarti al film anche se questo si svolge dentro una sola stanza. Carnage non v'ha insegnato proprio niente eh?) il film racconta di una cena a cui partecipano 5 amici d'infanzia (due fratelli, la moglie di uno dei due, un amico caro, poi arriva la donna incinta dell'altro fratello). Tempo di arrivare all'insalata e i cinque si vomitano addosso tutti i rancori, i ricordi, i segreti.
Fino a qui tutto bene, come detto puoi fare faville con un plot del genere.
Non fosse che i cinque sono nell'ordine:
Che poi non so se prendere gli squallidini character poster come un'ammissione di colpa, con il loro intento descrittivo ideato da copy presi un tanto al grammo, oppure devo pensare che veramente hanno perso di vista come si fa tutto, dal cinema alla comunicazione.
E insomma uno certe volte non riesce a spiegare bene cos'è il radical chic, cosa vuol dire avere i soldi ma rinnegarli, cosa vuol dire sentirsi artisti e creativi ma solo perché ci si può permettere di alzarsi alle 11 o magari "io prendo le ferie a ottobre perché figurati ad agosto dove vai vai è un carnaio" o anche "io vado in giro solo in bicicletta ma oh niente mio padre mi ha voluto per forza regalare la macchina non ha voluto sentire ragioni, sai comunque per la spesa, se poi vuoi andare fuori il week end poi nella casa a capalbio oh non ci vai mai nessuno e ma quando ce l'hai il tempo". Potrei continuare, moltissimo.
Ora. La cosa davvero pessima che regge il film, ma davvero, è questa falsa necessità di voler raccontare questa classe media, pur facendone parte (non ditemi che la Archibugi non ne fa parte, non ditemelo), ma senza nessuna critica profonda, senza nessun graffio, anzi, con un finale "volemose bene" che davvero andresti ad aizzare tutti i cittadini storici del Mandrione e al grido di "RIPRENDETEVI IL VOSTRO QUARTIERE" andare insieme a citofonare ai nuovi radical chic dal rogito facile e ricacciarli a pedate da dove sono venuti! RUSPE PARIOLINE! TORNATEVENE AI PARIOLI VOSTRI!
Un pessimo film, scritto da cani e recitato con il pilota automatico, pieno di fastidiosissima superficialità nascosta da "vedi come sono antropologa" (pochissimi i veri antropologi di Roma. È stato più antropologo Verdone che tanti altri.), "vedi come so raccontarti le diverse sfaccettature dell'umana natura", "vedi come ti ho arredato casa per benino piena di libri ma anche la statua indiana e la cameretta dei figli col poster di Frida Kahlo", "vedi che la filippina domani non viene, non c'è la cena, dai prendiamo il giappo a porta via".
Un film in cui ancora una volta lo scontro tra le fazioni comunisti vs fascisti, frikkettoni vs pariolini, vegani vs carnivori, coatti vs nobili, poveri vs ricchi, intellettuali vs ignoranti, educati vs cafoni, maschi vs femmine, [metti qui qualcosa] vs [metti qui il suo contrario] è raccontato con lo spessore di un incarto di gomma da masticare.
E riuscire a farci odiare una canzone di Dalla non era facile. Ci sono riusciti. Tutta, la cantano tutta. La devono cantare tutta per forza. Glie l'ha ordinato il dottore proprio.
A proposito del nome di 'sto figlio - visto che mi ricordo di come il trailer tentava anche la carta del "come cazzo si chiamerà sto figlio" per attirare spettatori - è Benito. Anzi no, non lo è, era uno scherzo, anzi non era neanche un figlio ma una figlia, anzi non era neanche di Gassmann ma di.. Paolo Virzì! Infatti che hanno fatto i furboni? Hanno messo le riprese VERE della Ramazzotti che partorisce (niente roba splatter non preoccupatevi). Vere veramente. Ecco forse questo non è molto radical chic, ma Virzì si sa, ha ben altra caratura antropologica, anche quando usa gli stessi attori.
Comunque questa nuova guerra romana tra degradati vs decoratori (in cui personalmente mi inserisco in un quarto livello di demagogia che è: STICAZZI BASTA CHE FATE BEI FILM!) ha un nuovo paladino, proprio Alessandro Gassmann, che qualche giorno fa ha twittato DECORAMI STO CA.. ah no.. ha twittato: "Io sono Roma! Io scendo in strada e pulisco! Ma a settembre quando torno.". Ma che vor dì? A settembre? Quando torni da dove? Dal Circeo? Dal mare? Da dove? Da Cortina?
Che poi a me Gassmann mi sta pure simpatico, anche con tutti quei denti eh. Ma insomma, levateje er social.
Comunque anche colpa di un film come Il nome del figlio che poi vedi dei semplici filmettini, robetta innoqua, e ti viene pure da pensare "dai questo è carino, almeno non era Il nome del figlio", ma era:
Se Dio vuole
Trama: Alessandro Gassamen
Un filmettino che non fa male a nessuno. Era stato decantato molto per il suo essere così carino e pacato, e in effetti lo è, carino e pacato, con le cose fatte carine e pacate, che non fanno male a nessuno... un po' cattocomunista infatti.
Ci sta un primario iperstronzo (Giallini, che bravo che è Giallini. È l'unico attore che fa mille film che sopporto, non come quelli di prima che fanno mille film e se ne salva uno ogni tre anni) che ha una famiglia un po' così, con la moglie Laura Morante (sia nel senso che è isterica depressa rompicoglioni sia che la recita proprio Laura Morante che chissà quanti anni fa si è stancata di fare la moglie isterica depressa rompicoglioni ma non può fare altro), una figlia scema con genero peggio e un figlio sulla via di Damasco che si vuole fare prete, che è l'affronto definitivo per lui, Giallini, medico pragmatico che non crede nei miracoli ma solo in quanto è bravo a operare a cuore aperto.
A illuminare il figlio è stato un prete di periferia (Gassman, bravo di mestiere pure lui), che è molto yèyè, va in giro a predicare con le scarpe da ginnastica, fa le prediche con lo slang romanesco e ridipinge la parrocchia da solo in maglietta.
A illuminare il figlio è stato un prete di periferia (Gassman, bravo di mestiere pure lui), che è molto yèyè, va in giro a predicare con le scarpe da ginnastica, fa le prediche con lo slang romanesco e ridipinge la parrocchia da solo in maglietta.
Segue incontro/scontro tra i due.
Segue grande amicizia.
Segue mezza conversione del medico (ahi ahi).
Segue grande amicizia.
Segue mezza conversione del medico (ahi ahi).
Il film è retto da Giallini in tutto il suo peso (non che fosse così pesante...) perché Giallini è il più grande di tutti al momento e non mi stancherò mai di ripeterlo, fate fare tutti i film a Giallini (un po' già lo fate).
Certo poi ci sono quegli scivoloni nel grottesco, ma non quello bello alla Jeunet eh, proprio le cose che manco in uno sketch di Zelig, tipo tutta la scena brutta e scivolosa nel ridicolo della finta casa, la finta moglie, il finto fratello ritardato, che rovinano la "carineria" e la "pacatezza".
Giallini ma quel progetto di fare la voce dell'armadillo nel film di Zerocalcare che fine ha fatto? Tutto a rotoli ve'?
Vabbé facciamo che ci rivediamo un po' di Buttafuori va. Lo rifate Buttafuori? Quanto mi fa ridere Buttafuori ogni volta che lo rivedo. Ogni volta. Dai fate il film di Buttafuori:
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