venerdì 30 settembre 2016

CB ANTEPRIMA • Liberami

Quella di Liberami sarà una recensione molto personale, di quelle volte che sembro più parlare dei fatti miei che del film.
Ma, dopo le mani avanti, facciamo un passo indietro.
La domanda e la perplessità con cui vi avevo lasciato l'altro ieri, quel quesito folle che faceva più o meno così: "tu non sei del giro?", mi ha dato da pensare. 
No, posso ben dire che non sono del giro, già non mi sento particolarmente inserito in nessun giro, quello cinematografico poi, proprio per nulla. 
Forse sono del giro della presa in, ma di "gente di cinema" ne frequento poca.
A volte succede che amici - quelli che puoi definire amici, che conosci personalmente, magari ci hai collaborato, insomma che ok non avete fatto mille vacanze insieme, ma non è la gente di facebook che insomma, lì si broccola più che altro - fanno un film.
È successo con LRNZ e LRNZ (sì, lo so, ditelo a loro che esistono anche le vocali), oppure magari conosci qualcuno che ha fatto gli storyboard di quel film, o di quell'altro. Ma insomma, del giro non ci sei.
E poi arriva Liberami.
Questa volta è successa una di quelle cose che esulano da tutto, da giri, da amicizie, da tutto. Succede che un amico, quelli veri, vince il Festival di Venezia, quello vero.
Zvetkov lo avete conosciuto anche voi. Lo avete letto, o almeno avete provato a farlo, qui e qui, qui e qui.
Poi è sparito, perché, a suo dire, stava facendo un film.
Immaginatevi la scena. 
Ci siamo io che conosco Andrea Sanguigni (il suo vero nome, anche se è vero pure Zvetkov) da 15 anni e lui che conosce me da altrettanti (non è così scontato se ci pensi).
Abbiamo lavorato insieme a progetti che esistevano prima di ChickenBroccoli, o anche durante. Abbiamo parlato tanto (è forse la persona con cui ho parlato di più? Mia madre esclusa a priori visto che tanto parla solo lei quando ci vediamo e io mi limito ad annuire e fare "m.mh." per far vedere che sto attento.). È una di quelle persone che quando le senti parlare, quando vi scrivete, anche fosse un messaggio su whatsapp, ti dà la precisa idea del perché l'italiano è una lingua bellissima, e ti fa venire il dubbio che tu sei un po' analfabeta.
Poi un giorno Andrea si ritira in Sicilia. Non ci sentiamo per molto tempo. Io colpevole, lui colpevole, tutti colpevoli.
A un certo punto, qualche settimana fa, mi arriva un messaggio che mi dice che sono uno stronzo. Io dico "aaah. eccone un'altra". Poi no, era lui. Il messaggio continuava con l'annunciazione della partecipazione a Venezia, nella sezione Nuovi Orizzonti, del documentario da lui sceneggiato (e come operatore in parte girato) sugli esorcismi, girato da Federica Di Giacomo. 
Io, col mio solito aplomb rispondo: ma stronzo ce sar Bravo. Senza nessun filtro. Bravo
Quel documentaio era, ed è:
Liberami
Trama: Mizziga al diavoletto

Liberami racconta l'opera (pia?) di Padre Cataldo (e di altri sacerdoti), un esorcista siciliano che catalizza intorno a sé "posseduti" di ogni genere. C'è la donna che pian piano pare tarantolata e finisce all'angolo della chiesa urlante mentre il prete la bagna con acqua santa, c'è la ragazzina timida che piano piano strabuzza gli occhi e iniza a sbavare urlando cose ignominiose all'indirizzo del padre, c'è il ragazzo pieno di piercing e tatuaggi che giustifica i continui scatti di rabbia come il tentativo del demone che lo possiede di uscire dal suo corpo.

La domanda che lo spettatore si fa, e se lo sono fatti anche regista e sceneggiatore, sin da minuto 1 è una e una soltanto: questi sono matti?
Ma la risposta, che a minuto 1 è formata dalle stesse parole della domanda ma senza punto interrogativo, diventa via via sempre meno sicura. 
Sono davvero matti? Schizofrenici? Esauriti? Sono alla ricerca di un'attenzione che probabilmente non hanno mai ricevuto in vita loro? O magari proprio perché ne hanno ricevute di ignobili cercano di, come dire, distogliere l'attenzione? Oppure. Oppure?
Ma attenzione, non esiste, in Liberami, il tentativo di assecondare la via della possessione, che viene continuamente stemperata con degli sprazzi di ironia (involontaria o meno) di esplosiva ilarità - ci sono momenti in cui si ride, davvero, senza filtri, anche se l'humus del documentario è prettamente inquietante, e un po' penoso - e neanche però di negarlo in assoluto. 

Non sono ferventi cristiani che cercano di canonizzare gli spettatori, gli autori, ma neanche darwiniani convinti che vogliono smascherare gli impostori.
Sono documentaristi, e Liberami è un esempio perfetto di documentario: ci racconta, senza dare una chiara definizione di quello che vede, la realtà. Se c'è una cosa che proprio non si può afferrare, è la definizione di realtà. E il peggior documentarista che esiste è quello che dice allo spettatore: la realtà è così.
Un gran lavoro di montaggio, un ancora più grande lavoro in loco (le messe con annessi esorcismi di gruppo ci sono tre volte a settimana, se il demoniaccio entra lunedi, magari per venerdì l'hai debellato, dài), e soprattutto la sensazione che esiste, ora e qui, un certo paradossale, a volte tragico e altre spassoso, moderno medioevo, in cui i "posseduti" prima rantolano e sbraitano in chiesa, poi prendono la macchina e vanno a mangiare le arancine. Il diavolo fa le pentole e pure i coperti.


Forse c'è una risposta che sta nel mezzo tra la possessione demoniaca e la malattia mentale, e Liberami si pone proprio lì in mezzo, senza pena né supponenza, senza superiorità atea né misticismo martire, sta lì e ti apre una finestra su qualcosa che non avevi mai pensato esistesse davvero al di fuori di Hollywood e dei suoi famosi esorcismi.
Il risultato più gravoso che Liberami ti appiccica addosso è però una sensazione che poi ti "possiede" una volta uscito dalla sala, in Vespa verso casa, sul letto mentre fissi il soffitto, nei sogni quando dormi, ti istilla un dubbio che, è il caso di dirlo, serpeggia: questo documentario non ti fa credere in Dio, ma di certo ti fa credere un po' di più nel Diavolo.
Volevamo organizzare un'intervista con Andrea, ma io ero troppo impegnato per dare un po' di tempo a un vincitore di Leone a Venezia, quindi mi sono fatto mandare alcune foto, che vedrete solo qui, scattate durante le riprese - molto lunghe, di quella lungaggine che ti fa pensare di gettare la spugna più e più volte, e anche qui un grande plauso per non averlo fatto, in cinque anni di lavorazione -  e che non vedrete in nessun altro sito. Nel giro le chiamano esclusive:

Liberami è uscito ieri. Dovete, dobbiamo, andarlo a vedere, per far continuare la sua corsa nelle sale, e poi, chissà... 
Non mi aspetto meno di un messaggio che reciterà "Sei sempre lo stesso stronzo. Sto partendo per Los Angeles." 

Nessun commento:

Posta un commento