Cobain - Montage of Heck
Trama: Kurt Canta
Io contro Cobain non ho nulla, figuriamoci. L'ho scoperto tardissimo, ammetto che nei primi 90 non ero abbastanza grunge e depresso per ascoltare i Nirvana, al loro posto ero un po' glam e indiscutibilmente pop (questo lo sono rimasto, e ne vado fiero ti dirò) e quindi mi sentivo più roba che passava MTV, anche se in effetti passava anche i Nirvana ma io non me ne accorgevo.
Poi certo, sono arrivati anche i Nirvana, che alla fine sono stati davvero così importanti, hanno davvero cambiato così tanto le carte in tavola (anche se all'epoca non avevo neanche bene chiare quali fossero, queste carte in tavole, e non le ho chiare neanche adesso, la musica - fa brutto dirlo - è sempre stata qualche gradino sotto il cinema. Di quello invece ho sempre avuto le carte chiarissime sempre, anche qualcuna nella manica) e sono arrivati con l'ascolto massivo di questo:
E, ovviamente, di questa:
ah no volevo dire questa:
Ma ecco, non posso dire che Kurt Cobain abbia rappresentato per me un modello, un mito, e di conseguenza la sua morte una tragedia, al netto della tragedia intrinseca che è il suicidio di uno di 27 anni, intendo tragedia tipo fan in preda a crisi isterica che da quel momento in poi va a mettere un fiore sulla tomba ogni anno con sotto delle poesie scritte male.
Come mi pongo di fronte al primo documentario ufficiale sulla vita di Kurt, quindi? Visto che mi ero visto bene anche dal vedere il film di Gus Van Sant, o qualsiasi altro special sul gruppo? Mi pongo con quel misto di curiosità e interesse che meritano sempre i documentari, soprattutto quelli che, come questo, regalano tanti momenti fuori dalle telecamere del protagonista, e pieni di filmati amatoriali, con il protagonista ripreso sin dalla tenera età dai genitori (siano benedette le telecamerine di una volta, che regalano a tutto quella patina triste e nostalgica che fa subito lacrimuccia, chissà come saranno i documentari tra vent'anni, quando tutto sarà in alta definizione iPhone o passato sotto filtro Instagram), poi via via verso la strada del successo, della droga e soprattutto di Courtney Love che vi giuro è uno degli essere viventi più malsani e fastidiosi che siano mai stati creati, sembra un personaggio scritto da uno sceneggiatore, manco troppo originale.
Ecco, tutta la parte iniziale, con Kurt bambino, poi adolescente, poi primi concerti, l'arrivo (e la conseguente negazione) del successo, è interessante, molto, perché i filmati d'archivio lo sono, anche senza voce off a spiegarceli, basterebbero quelli. Il carico comunicativo di un personaggio come Cobain basta da solo, e avanza pure, la contrapposizione di quel biondo angioletto fuori e il gorgo di paranoie e depressioni dentro fa tutto il lavoro.
Poi arriva Courtney, e tutto si tinge di toni esagitati ed esagerati, pose da grande rock star maledetta, fastidio, irritazione anche solo a sentirla parlare, o meglio biascicare, e accorgersi che - nonostante avesse terreno fertile nella mente paranoide di Cobain - la Love è stata parte integrante del processo di autodistruzione, primo propellente verso lo sparo finale. Una Yoko Ono malefica e mefitica, diciamo.
E sentirla parlare nella versione attuale, quella finto ripulita che ha sostituito le siringhe di eroina con quelle di botox (e che ha cresciuto una figlia che va in giro a dire "i Nirvana manco mi piacciono"), dà ancora più fastidio, perché il vero genio era lui, e guarda caso chi è sopravvissuta, per poi passare una vita a fare causa a quelli rimasti, a farsi altre rockstar a casaccio tanto per finire sui giornali, e addirittura avere l'ardire di tentare di fare l'attrice, è lei. Pensa che smacco.
Non sappiamo come sarebbe andata la vita di Cobain senza di lei, non possiamo saperlo, ed è anche vero che se vuoi davvero diventare una rockstar devi vivere l'eccesso, citando: Mozart= rockstar, Salieri= musicista, ma certo se c'era una persona cancerogena che Kurt poteva incontrare, quella era la Love.
Come sempre per le rockstar sorge anche il dubbio un po' morboso del "what if?". Kurt sarebbe diventato un Bono Vox qualunque? E lo sarebbero diventati Jim Morrison, Jimi Hendrix, Janis Joplin, John Lennon, via via fino a Amy Whinehouse? Cioè avrebbero esaurito la loro carica per diventare dei mestieranti del rock come molti altri, o peggio ancora protagonisti di reality? Non siamo qui a cercare risposte (anche se per me è un Sì...), siamo qui a dire che vedere Cobain a casa sua, strafatto, che tiene in braccio una neonata e non riesce a stare sveglio, mentre quell'altra, più fatta di lui, cerca di tagliarle i capelli, dà molta inquietudine, un bel po' di schifo, tanta rabbia e ti fa pensare "Ma che cazzo. siete delle fottute rockstar, ma che è 'sta cosa della depressione, ma non vi pare di sputare senza rispetto nel piatto che i vostri stessi fan riempiono a ogni concerto e a ogni album? Ripigliatevi cristo santo. Mi sa che manco mi fate troppa pena."... certo non fosse che sono proprio quelle vite estreme a fare diventare rockstar, le rockstar.
Nel film non appare Dave Grohl, probabilmente da anni dimentico della sua vita precedente nel nirvana, appare invece l'altro e sembra un contabile in pensione (sempre per rimanere in tema), e appaiono i genitori di Cobain, entrambi preoccupati di sembrare i genitori più pacati del mondo quando, almeno da quanto si capisce, sono loro ad aver creato le basi per quella insicurezza cronica che Kurt si portava dietro.
Insomma c'è poco di raccontato nel documentario, è più un'esposizione abbastanza superficiale e un pochino edulcorata, sebbene non ci siano rose e fiori, al limite spade e sputi, di quella che fu la vita di Cobain.
Validi, ripeto, i filmini di famiglia, fastidiosi invece quelli della coppia Cobain-Love; ci sono delle sezioni animate carine ma tutto sommato inutili e c'è molta motion graphic, scritte che prendono vita su quaderni computerizzati, usata per raccontare il diario di Kurt, che a leggere quello che scriveva, non fosse stata una rockstar maledetta, lo avrebbero internato e riempito di tranquillanti a vita.
Il documentario è lungo, forse troppo, e capisco che forse bollarlo con un Broccolo è un pochino spietato, forse non lo meriterebbe, ma è lontano dall'avere quella potenza che i bei documentari sanno e devono avere. Rimane, quello sempre, una gran tristezza per come sono andate le cose. Tutte le cose.
Il documentario è lungo, forse troppo, e capisco che forse bollarlo con un Broccolo è un pochino spietato, forse non lo meriterebbe, ma è lontano dall'avere quella potenza che i bei documentari sanno e devono avere. Rimane, quello sempre, una gran tristezza per come sono andate le cose. Tutte le cose.
Ma noi siamo qui a parlare di rock mentre in giro per l'Europa c'è una persona che sta facendo una cosa di una bellezza esaltante proprio! È l'amica Pistrice, che ha chiamato a raccolta - come fosse un megafestival Illustrapalooza - tantissimi artisti superfichi per fare un crowdfunding (da quanto non sentivate questa parola, eh?) per un libro di illustrazione e rock strasghicissimo (se ero fico e mi fossi sentito i Nirvana nel 1992 avrei usato un aggettivo più adatto, invece io uso sghicio, ok?). Si chiama Rock Motel
In pratica ogni illustrazione è una stanza di un immaginario motel delle rockstar (mi piace quando uso cento parole per spiegare qualcosa che si capiva benissimo dal titolo), ci sono tutti, sì, pure Kurt e Courtney e queste sono alcune delle illustrazioni che ci sono dentro. Grande grandissima la line up, da Ale Giorgini a Martoz a Davide Saraceno a Irene Rinaldi e mille altri che conoscete pure perché amano pure il cinema, oltre la musica. Ecco un po' di anteprime:
Non aspettate oltre, andate ORA ad ordinare la vostra copia su Ulule, che è quella cosa che dovreste conoscere a menadito visto che ci avete già comprato il CB Mag. Altre belle cose sul tumblr del progetto. It's only rock'n'illustration but i like it.
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