martedì 20 dicembre 2016

Chip e Ciop

Morgan
Trama: Morgan Freegirl

Come Eva e Ava prima di lei, anche Morgan è una ragazza robot. 
Ma è di un tipo tutto nuovo, diverso dalle precedenti, anche se come loro è frutto della mente di scienziati che giocano a fare Dio e che, una volta creata la donna robot perfetta, fanno fatica a trattarla come quello che è, una macchina, e la vedono più come figlia o amante (o peggio ancora entrambe). Poi vabbé se pensi a quanto amiamo i nostri smartphone, praticamente ci stiamo insieme, non si fa fatica a pensare che ci cascheremmo anche noi.
Morgan dentro non ha circuiti e placche di metallo, diciamo invece che è proprio figlia della nanotecnologia. Figlia in senso letterale. È un'immacolata concezione robotica. La tecnologia quindi le scorre ne sangue, ce l'ha nei tessuti, nei muscoli, nelle cellule.
Fine della cosa originale.
Il resto del film è di una "classicità" che potrebbe anche sconcertare, non fosse che quell'andamento tutto americano del thrillerazzo con "persona speciale" che inizia ad ammazzare tutti perché quei tutti, con la scusa della ricerca, l'hanno tenuta per anni in una stanza a studiarla come fosse una cavia

se la sono meritata tutta (ricordate Splice?), alla fine raggiunge lo scopo primario: intrattenere e andiamo a letto che domani devo svegliarmi presto.
C'è un perché lapalissiano del poco coraggio in cui galleggia Morgan, ed è semplicissimo: è il primo film del figlio di Ridley Scott.
Scott ha fatto GRANDI film mille anni fa, ma da più di vent'anni si muove in quella classicità da americanata che se a me piace sempre (sapete che sono filoamericano senza un briciolo di vergogna), ad altri ha largamente stancato. E poi se è figlio di Ridley, è anche nipote di Tony, che dell'"americanata" ha fatto arte.
Insomma Luke ha preso i soldi (che produce) e gli insegnamenti di papà e fa un film di fantascienza classicone, che richiama spesso e volentieri la cinematografia dei parenti (la claustrofobia di Alien di papà ma anche le luci rosse di Allarme Rosso


e via che tutto fila liscio senza sbalzi autoriali, ma senza cadere mai nel ridicolo.
La fantascienza sembra un po' essere diventato il primo step se sei figlio con cognome importante e vuoi fare film, prima di Scott jr. c'era stato Duncann (e aveva fatto meglio, finché non è finito nel disastroso Warcraft), forse perché non è poi così difficile farla (sembra assurdo ma è così), la dimostrazione è proprio Morgan: un film che porta a casa un dignitoso "manco malaccio", però non devi pensare troppo, perché se ci pensi troppo scopri che il colpo di scena finale l'hai capito alla PRIMA apparizione di quel personaggio (e non perché io brilli di particolare genialità, in quanto a colpi di scena, pensa che quando in La passione alla fine a Gesù lo crocifiggono ho detto "ma dai? non me l'aspettavo oh!").
Poi c'è il fatto che la casa/prigione/laboratorio dove tengono Morgan è immersa nella foresta nera e questo mi fa giochissimo per il trend dell'anno: Guarda forestale.
Le quasi comparsate eccellenti (Paul Giamatti nel ruolo del Dr. Paul Giamatti stronzo, Toby Jones nel ruolo del Dr. Toby Jones paterno, Jennifer Jason Leigh nel ruolo della Dr.ssa Jennifer Jason Leigh materna e Brian Cox nel ruolo del Dr. Brian Cox capo d'azienda stronzo più di tutti) sembrano più un aiuto al figlio di Scott che hanno visto crescere sui set di papà Ridley e zio Tony, che un vero e proprio impegno cinematografico.
Unica, sola e vera protagonista - e forse unico motivo per cui il film si fa guardare dall'inizio alla fine - è Morgan, interpretata dalla faccia assurdamente bella di Anya Taylor-Joy, 
#WhatIsMorgan morgan anya taylor-joy morgan movie what is morgan
la ragazzina già adocchiata in The VVitch, qui ancora più stramba, con quegli occhi grandi abbastanza da farti dire "perché Tim Burton non le ha fatto fare già cinque film?" (poi ci aggiungi anche "per fortuna").

È una delle attrici del futuro. Lo dicevo anni fa di Brie Larson e guarda com'è finita.
E ora un po' di ragazze robot, nel caso programmate eventuali uscite romantiche (l'avete capita?! programmate... programmate... ah.)

Comunque il titolo del post che mi ha fatto ridere la bellezza di 14 secondi, non è una cosa tanto assurda... Parlo dello scoiattolo robot
dice che esiste veramente eh.

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