lunedì 26 maggio 2014

SIAMO SERIAL • GO FAR

Fargo
Trama: Non è un paese per onesti

Fargo è la serie tv derivata da Fargo il film. Ed è bellissima.
Davvero, per me la sorpresa dell’anno, e posso dire una cosa impopolare che mi farà mettere in un tritacarne (anche se non porto mai calzini bianchi)? 
Mi piace più di True Detective
Ok, non urlate tutti insieme che poi le offese non le capisco, diventa solo casino, emmadonnammia.
Ora, non sto dicendo che sia meglio in senso assoluto o che TD sia brutto, percaritaddiddio chi ve lo tocca (!), ma Fargo sta titillando corde perfette per il mio mood attuale: lasciamo fare tutto al caso (e non al caos come quella volta), e vediamo. Speriamo che, al contrario di quello che succede nella serie (come d’altronde nel film) non vada tutto al cazzo.
Al contrario di From Dusk Till Dawn, Fargo NON È la copia conforme del film con attori diversi, è tutta un’altra storia, con tutti altri attori, ma che condivide con il film (ricordiamo, il migliore del Coen, senza paura di smentita e offese, questa volta) molte peculiarità.
Prima di tutto la neve. La neve che copre tutto, sia i milioni di dollari che il sangue (e se non lo copre si tinge che sembra una grattachecca all’amarena ma no, è sangue), e copre con un manto candido la violenza inaudita delle azioni umane, violenza che esplode senza motivazioni altamente criminali o diversamente ossessive, ma piuttosto per sprazzi di follia consumati dentro casupole a schiera o squallidi retrobottega di supermarket, in paesini (che sono l’America quella vera, che non è New York e LA) dove il più ricco e smargiasso è quello con l’autolavaggio, dove i poliziotti sono preoccupati per la sicurezza stradale dell’unico incrocio nel giro di 50 chilometri e dove il massimo della socialità si raggiunge ai mercatini di beneficenza organizzati dalla chiesa (insomma Springfield, solo che nel mondo reale e con gli omicidi).
L’idiozia di alcuni personaggi, mossi dal desiderio di beffare un destino beffardo che li ha ingabbiati in vite mansuete, meste e insulse, si ritrovano senza neanche rendersene troppo conto a compiere azioni becere e “basse” (ricatti, estorsioni, tradimenti, omicidi più o meno premeditati), azioni che diventano detonatori di bombe assassine, cariche di meccanismi allucinanti, “La” per sinfonie di morte. E il bello è che ad un certo punto gli piace, e molto. Non è vero che c’è un cuoco in ognuno di noi, come diceva Gustò, ma di certo c’è un assassino, lo liberi una volta e via che è andata.
Il tutto scritto con il passo grottesco di chi ha imparato a memoria le Leggi di Murphy.
Attori di una bravura al quadrato, su cui spiccano un Billy Bob Thorton
con una faccia di gesso, una spietata ferocia e una pettinatura a scodella assurda che ricorda da vicino quel pettinato Bardem sempre di Coeniana creazione e l’omuncolo Frodo Watson, al secolo Martin Freeman
che nonostante sia diventato come il prezzemolo, rimane al momento l’uomo medio per eccellenza della sua generazione (della generazione precedente ricordiamo un solo nome, Tom Hanks, e se è vero che in Fargo fa capoccetta anche il figlio, attore meno che medio, di Tom, allora tutte le casualità della vita hanno un perché, una vita da medio, a recuperar copioni, uno nato con i geni buoni), che è la controparte di William H. Macy nel film.
C’è anche spazio per la poliziotta un po’ outsider, questa volta cicciotta e Saul nei panni di.. Saul, solo che capo della polizia.
Puntata dopo puntata (siamo alla quinta) sembra di vedere l’inizio di Magnolia esteso (rivederlo, e scoprire che c'era anche Patton Oswald) quello con tutte le casualità della vita che ti portano in un punto solo, che non è mai il “e vissero felici e contenti” quanto piuttosto “life is a bitch and then you die”, e sapere che è una storia vera spinge ancora di più sull’accelleratore del “certo la vita è beffarda, ma la porta è proprio una stronza”. E il paragone con Magnolia, oltre alla filmografia dei Coen, quella buona, non è casuale, per chi ha visto l'ultima puntata andata in onda.
Così come TD, ogni serie di Fargo ci racconterà una storia diversa, una storia “farghiana” di omicidi e uomini tristi incatenati tra loro da un destino beffardo e cinico, con attori diversi, e tanto di cappello a questo nuovo andamento delle serie, una delle mosse più scaltre che poteva fare l’industria televisiva: ti assicuri attori con nomi altisonanti (quindi anche qualità e share) e non stanchi mai lo spettatore. A proposito, sembra praticamente sicuro che uno dei due detective per il prossimo TD sarà… squillino le trombe… Jessica
Ora, invece di chiederci il perquale motivo ogni cosa che ha dentro Martin Freeman deve diventare occasione di meme pucciosi e homotesi (capisco Sherlock... ma chi la questione bromantica è del tutto inesistente) tipo questi
Metteremo invece il lavoro punto e croce - così onoriamo la locandina - di Wee Little Stiches, che devo aver messo già da qualche parte ma se non lo ricordo io figuratevi voi 

3 commenti:

  1. Recensione fantastica. Devo recuperare questa serie. (E True Blood era una palla già dopo le prime due/tre puntate)

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  2. chi ama veramente il cinema, il noir e i suoi eredi i fratelli Coen (che ultimamente a quanto pare hanno bisogno di soldi) non credo ami anche questa ottima e perfetta quanto inutile scopiazzatura, ok vado ho un noir originale anni '50 che mi aspetta ;)

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