mercoledì 29 gennaio 2014

2 hours of Shame

12 anni schiavo
Trama: Piantoni di cotone

- Eddai Solomon!
- No guarda, preferisco rimanere qui, davvero.
- Uffa Solomon, non fare il prezioso. Vieni con noi, eddai. Guarda è facile, si va tutti insieme, si sta lì un po', si sta nella natura, si cantano le canzoni, dai Solomon...
- No veramente, guarda. Non me la sento proprio. Poi ho quest'allergia che...
- Oh madonna Solomon. Certo pure tu! So' 12 anni che t'invitiamo e tu nulla. Non sei mai venuto. Te ne stai lì da solo, non vieni mai, dai pure tu, vivi un po' e che diamine. 12 anni! Oh, 12 anni schivo.
Bene. Dopo esseremi per l'ennesima volta inimicato tutta la comunità nera e anche tutto il resto dell'umanità direi, dirò qualcosa che non potrà certo peggiorare la situazione ora: 12 anni schiavo non è il capolavoro che mi aspettavo. Mi aspettavo un capolavoro? Sì. Perché prima di tutto c'era Steve McQueen (Hunger, Shame) dietro la cinepresa, e se è vero che usa la cinepresa come salta il filo spinato con la moto... Ok. la smetto. serio, dai.
12 anni schiavo è un bel film. Nel senso, ci sono tutti gli elementi che lo rendono un bel film: tragedia, attori, storia pesantissima, schiavitù e liberazione, regia ispirata, interpretazioni sopra la media. Ma ecco, è come quelle volte che ti aspetti il capolavoro ma poi capolavoro non è, esatto, come quando leggi "come quando" e ti aspetti una metafora ficcante e poi quella che viene dopo non è manco una metafora.
Solomon Northup era nero, faceva il violinista, aveva una moglie, due figli e dei vestiti un po' ridicoli.
A qualche Stato da lui c'erano gli schiavi, che coglievano tutto il giorno il cotone che poi finiva nel suo vestito un po' ridicolo. Solomon una sera è stato rapito da due tizi (uso il passato prossimo perché sì, è un'altra, ennesima, storia vera) che lo hanno incatenato e portato a fare quello che gli schiavi facevano: raccogliere il cotone tutto il giorno, prendere frustate e poi morire.
Quindi il film è proprio quello che ti aspetti: una lunga e infinita odissea straziante, fatta di sguardi lucidi in macchina che devono celare il proprio onore, che dici una parola di troppo sei morto, o sguardi che devono girarsi dall'altra parte, per non guardare la schiava che un secondo prima era accanto a te e ora è legata ad un palo mentre Michael Fassbender - in un personaggio molto simile al luciferino Amon Goeth, in bilico tra l'odio raziale e la pura follia con sprazzi di amore pazzo - le maciulla la schiena con la frusta 

in una scena, infinito piano sequenza, cinematograficamente straziante.
Ma cosa fa di 12 anni schiavo un bel film, anche se come avrete capito non mi ha convinto? 
Non è la storia, che abbiamo visto altre volte, in salsa pulp ultimamente, o dal punto di vista di chi li ha liberati (più o meno "liberati", per chi pensa come me che il concetto di "schiavitù" è una di quelle cose che non puoi proprio estirpare dall'animo umano, non certo con una firma su un documento perlomeno); non sono le interpretazioni, che, seppure buone non sono all'altezza delle aspettative: insomma, hai Fassbender, hai Cucumberbat/Sherlock. che lavora talmente tanto che ormai anche durante le intervista gli fanno domande scomode

hai Pitt, hai Paul Dano, hai Giamatti. Forse proprio i due protagonisti non convincono. Non convince Ejiofor né tantomeno la Nyong'o che, pur essendo di una bellezza stratosferica




Anche la Lawrence è d'accordo

Non imprimono ai loro personaggi uno spessore ulteriore a quello che la storia raccontata già non si porti dietro. 
Sì lo so, contorto e puntiglioso.
E insomma cosa fa però di 12 anni schiavo un bel film? Steve McQueen, solo lui, che non cade nel trappolone. La trappola del pietismo facile, quello dove era già caduti Spilbi, il pietismo alla Catene, quello dei "negri zì badrone" che tanto rovina questo tipo di film, quello che - penso allo stesso film girato da un regista americano qualunque - avrebbe trasformato, per esempio, il violino del protagonista in un altro protagonista alla Wilson, con lui che lo perdeva, lo ritrovava, la musica, lui che suonava l'aria e la musica veniva fuori, cose alla Shine, cose così, cose facili, emotività alla spicciolata. 
Invece no. Invece i protagonisti sono tutti, semplicemente e tragicamente uomini, sono neri, sono bianchi, sono cattivi, sono buoni, sono vittime, sono carnefici, sono uomini. E la natura è orrenda sempre, e la bestia uomo forte se potrà sopraffare la bestia uomo debole, stai sicuro che lo farà.
Gli schiavi di McQueen non sono eroi, non c'è il nero Spartacus che organizza la rivolta, o quello ClintEastwood che fugge solo e si salva, non c'è il nero pietoso e neanche quello che si ribella, ci sono i neri che hanno vissuto una schiavitù (dis)umana, ma anche quelli che suonavano il violino e non si preoccupavano di quello che accadeva ai loro fratelli, e non perché fossero stronzi, o perché fossero come il sudicio leccapiedi Stephen di Django, ma solo perché l'essere umano è così, di qualsiasi razza, tempo, colore e religione, il più delle volte si gira dall'altra parte, se  la tragedia non lo tocca personalmente (ovviamente non sto parlando da un pulpito, ma sto puntando il dito anche allo specchio). Non è un caso che Solomon sia vittima di un abbandono all'inizio del film e poi sia lui stesso a dover abbandonare alla fine. Come a dire: siamo uomini, facciamo solo quello che dobbiamo fare per sopravvivere, non è un film dove alla fine io libero tutti gli schiavi e ammazzo Fassbender. Anzi, è quel film dove torno a casa dopo 12 anni di dolore e chiedo scusa.


E però il film ne risente. C'è quella scena, quello sguardo inquadrato più del normale, sguardo allo spettatore ma anche all'orizzonte, o dentro sé, che davvero apre le porte alle più diverse interpretazioni: è uno sguardo d'accusa? Di pietà? Di disperazione? Di onore? Non saprei, davvero non l'ho saputo decifrare.
Ma certo leggi che lo spessore c'è. Insomma, McQueen è pur sempre quel regista che riesce a dare significato anche alle onde di un fiume (giusto un anno fa ci riusciva Anderson, quello serio):

Ma la Forza, quella che dovrebbe lasciarti con lo stomaco stretto in una morsa, il cuore pieno di furiggine e il palato secco, non c'è. Non è un calcio in faccia, non più di quanto il concetto stesso di schiavitù e il pensiero di quello che certi uomini e donne hanno sopportato già non sia. Il film, il film in sé, non è Potente come ci si aspettava. Insomma, per una volta il poster che ogni anno fanno con i "veri titoli" dei miglior film, è più vero del titolo originale:

Ecco gli altri.
Ecco perché credo che le 9 candidature siano frutto più di quello shame che gli Americani che tanto parlano di Libertà si portano dietro (Indiani. Neri. Vietnamiti. Messicani. Qui non si serve il piatto negro nazionale né pollo fritto né cocomero alla loro mensa. Gli americani sono il popolo più atroce che esiste, ma pensano di essere il più fico di tutti.) piuttosto che della vera qualità delle interpretazioni e del film stesso.
E chiudiamo con questa foto che fa un po' specie.

Tipo questa. E con un paio di foto di quelle che non ti piace vedere perché pensi che tu parli tanto di cinema, ti impegni a dire cose sensate e poi è tutto solo un mondo di idioti ricchi e belli che ballano e tu rosichi.

Dei poster itaGliani del film è davvero meglio non parlare.

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