lunedì 13 gennaio 2014

Il pitale umano

Il capitale umano
Trama: «Io ho una certa pratica del mondo; e quella che diciamo l’umanità, e ci riempiamo la bocca a dire umanità, bella parola piena di vento, la divido in cinque categorie: gli uomini, i mezz’uomini, gli ominicchi, i (con rispetto parlando) pigliainculo e i quaquaraquà… Pochissimi gli uomini; i mezz’uomini pochi, ché mi contenterei l’umanità si fermasse ai mezz’uomini… E invece no, scende ancor più giù, agli ominicchi: che sono come i bambini che si credono grandi, scimmie che fanno le stesse mosse dei grandi…E ancora più giù: i pigliainculo, che vanno diventando un esercito… E infine i quaquaraquà: che dovrebbero vivere come le anatre nelle pozzanghere, ché la loro vita non ha più senso e più espressione di quella delle anatre… Lei, anche se mi inchioderà su queste carte come un Cristo, lei è un uomo… » L. Sciascia

Il titolo del post si riferisce, come sbagliarsi, a tutto l'apparato umano che, ancora una volta - per fortuna dimenticato lo scivolone di Tutti i santi i giorni - Paolo Virzì è riuscito a raccontarci.
Paolo Virzì è, con Sorrentino, il miglior regista italiano in circolazione? Sì.
Condivide con l'altro Paolo la capacità di raccontare l'uomo, l'umanità (e la disumanità), di inventare Nomi e Cognomi per i suoi protagonisti e farli diventare nel giro di pochi minuti Noi, Voi, o gli Altri, la Gente; sempre tragicamente reali, caratteri in cui riconoscersi, o in cui riconoscere qualcun'altro, da amare o odiare, è uguale, l'importante è farlo.
Virzì però non condivide con Sorrentino la visione traumatica della Realtà. O meglio, se Sorrentino è alquanto sfiduciato dal genere umano, Virzì nutre ancora quella speranza, quell'ottimismo (toscano forse? Umano, meglio...) che gli fa trovare, anche in un'Apocalisse sentimentale e umana fatta di aridi omuncoli, ominicchi e (con rispetto parlando) pigliainculo e represse donnicciole, il Bene, un futuro possibile.
Il capitale umano del titolo è quello su cui tutti puntiamo, che sia la nostra immagine allo specchio, che sia un compagno di vita, che sia un figlio: la scommessa si vince o si perde, la delusione o il successo fanno parte della puntata, tutto sta nel saper prendere la vittoria o la sconfitta con il giusto piglio. È anche la cosa più difficile.
Virzì, lontano dalla sua Livorno, si trasferisce nelle impervie stradine provinciali della Brianza leghista e congelata sotto le sue poche certezze: la famiglia, la casa, il conto in banca. 
Ci racconta di questi due nuclei famigliari tanto distanti quanto simili, accumunati dall'unico legame che ci rende tutti uguali: sono tutti esseri umani, sotto lo stesso cielo, con le stesse dannate necessità, divisi forse da leggere sfumature (le carreire intraprese, le alterne fortune, l'albero genealogico) e tutti dannatamente "piccoli".
Un focus chirurgico sull'opulenza dell'elìte guadagnata con la fame degli altri, su quelli che si chiamano squali, che cadranno sempre in piedi anche tra mille anni e tra mille Crisi, quelli che lucrano, che si vestono bene e pensano male, quelli che a 16 anni la moto, a 18 il suv, a 20 il Carrera), quelli che dominano una piramide sociale fatta di letame. Tutto intorno, mosche vomitanti complimenti, ammirazione e inchini, la piccola borghes(uccer)ia di chi vuole fare sempre il passo più lungo della gamba, di chi venderebbe la figlia (letteralmente) per avere una pacca sulla spalla dallo pinna dello squalo, che intanto lubrifica e si tiene in tiro per l'inculata finale.
Micidiale. Spietato. Denso. Questo è Il Capitale Umano, di certo il film più adulto di Virzì, che nonostante non dimentichi alcuni toni da commedia (il personaggio di Bentivoglio, con le sue merendine nella borsa, i suoi piumini translucidi e la sua condotta piagnucolosa e arrogante è tragicamente divertente e molto ben scritto, con i suoi "vaffanculo" repressi e detti sempre a mezza bocca) si lancia nella definizione del suo personaggio più cattivo: un Gifuni mai così perfetto (che non ha timore di sventolare la sua attrezzatura da maschio alpha, per la felicità delle astanti) è di certo uno squal(lid)o: perfetto ritratto di un'Italia che esiste e, purtroppo, fa da esempio per quasi tutta la restante. Sono quelli che "ce l'hanno fatta"... ma in che senso? Nel senso che ce l'hanno fatta, ce l'hanno fatta proprio grossa a noi, i pesci piccoli che, come diceva quello, corriamo sempre appresso all'ambo.
Ti prende male. 
Ti prende male perché ogni stanza di quella casa sulla collina che domina tutto, paesaggio e  sogni di chi la guarda dal basso, rappresenta una camera delle torture psicologiche, un "vorrei ma non posso, ma devo, voglio" che scava l'animo umano e rende mostri patetici. Sono vere le case della richezza, è reale quella Grande Bellezza nelle mani di gente brutta. Perché sì, avere la piscina dentro casa È BELLO - senza che ci nascondiamo dietro le dita del "che me ne faccio della piscina dentro casa".. cosa ci fa? Il bagno a dicembre! Ecco cosa! - ma è così Brutto che quello piscina rappresenti uno status asociale. I soldi non danno la felicità, ma non averli cosa dà?
Attori - ma questo non è che una conferma - al meglio delle loro possibilità, credo che il rapporto di famiglia allargata che Virzì riesce a creare sul set (deduzioni, ovvio, ma uno che presenta gli attori in sala chiamandoli "fratelli" con sentita sincerità, e non essendo Spike Lee, dà il parametro del sentimento infuso al suo lavoro, il calore umano). Come detto Gifuni e Bentivoglio orribilmente perfetti, tanto da caricare questa foto promozionale di significati tutti nuovi, e tutti tragici, una volta visto il film

Golino un po' in disparte ma piacevole e una Bruni Tedeschi convincente come mai, un ruolo pericolosamente vicino a quella che potrebbe sul serio essere la sua algida realtà, o quella della sorellà.
Gli attori giovani della compagnia sono una splendida ragazzina, speriamo dal roseo futuro 
Su cui infatti avevo scommesso, ovviamente per le indubbie doti... recitative... e un ragazzino cagnaccio (l'unico veramente insopportabile) che dovrebbe darsi subito allo studio, ma non di recitazione che tanto sarebbe tempo perso, magari architettura, veterinaria, legge, ma dimenticati il cinema, se non ci è riuscito Virzì a farti recitare, non ci riesce nessuno.
Sono andato all'anteprima e tra un divertito (e italicocentrico) vip-watching - inframezzato dalla buffoneria ai danni di Jean Claude seduto a tre poltrone dalla  mia, non te la prendere Marce', sei un grande, non me lo scordo che sono cresciuto a pane e Hollywood Party) e dal gusto di vedere Thony che non aveva il posto prenotato, a' Thony, già se so scordati tutti chi sei, no quel posto non è tuo, è de Tony Dallara, no quello è de Tony Manero, no quell'altro è de Tony Santagata. Tony Soprano... Little Tony... le salme.) - e un mutismo dalla densità specifica durato tutta la lunghezza del film, ho, alla fine, fatto questo video:
Che dimostra due realtà che non si devono mai dare per scontate: 1) In Itaglia si puo'. Si puo' fare del gran bel cinema, e senza dover per forza scardinare o invertire l'usanza radicata di raccontare la famiglia, i tipi umani, la provincia. Insomma anche senza fare fantascienza o Genere. Si puo' e, più che altro, si deve. 2) CB è severo ma giusto e quando un film vale, fa addirittura l'applauso. Certo poi dopo l'applauso proprio non resiste. È severo, giusto ma anche irriverente, e quando vede Humpy Virzì non resiste e fa questo
Bravo Paolo. Da oggi non doppiare più - e già che ci sei non far doppiare più manco a Micaela anche se dal vivo è molto bella - e non andare più sui social che ti fa male (e quando ti innamori di cantanti inutili, e quando ti fai venire l'ulcera a litigare coi leghisti) ma dedicati al fare i film belli che è quello che ti riesce di più, ed è quello per cui ti vogliamo tanto bene.

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