mercoledì 19 novembre 2014

Frankbender

Frank
Trama: Frankenstran

Frank è come il suo protagonista, un film che maschera la sua reale pochezza grazie ad un'idea frankamente (giuro che lo scriverò solo una volta) molto buona, non originale, ma molto buona, ovvero quella di prendere una superstar internazionale e farlo "recitare" (quasi) tutto il tempo con una maschera a forma di cartone animato in testa. La star in questione, lo sapete tutti, è Michael Fassbender, ex-bastardo, attore eccezionale perennemente in odor di oscar (tranne quando se lo sarebbe meritato davvero), Magneto senza rughe, nonché strapiselluto, insomma uno che è arrivato a quel momento della carriera in cui un attore si può permettere di apparire in un film per tutto il tempo così:
Sulla questione della maschera, che protegge identità o idiosincrasie, panico da palcoscenico o turbe psichiatriche, ce ne sarebbe da dire quanto intere enciclopedie - un tratto in comune, quello di usare la maschera per potenziare la comunicazione fisiognomica (per aumentare cattiveria o espressività) comune a tutti i ceppi conosciuti; ogni etnia ha le sue maschere, da quelle Tiki fino ai demoni thai, passando poi per antichi greci, samurai giapponesi e chi più ne ha, basta una maschera e già sappiamo che porteremo con noi la potenza espressiva della maschera stessa anche in una galassia lontana lontana.
Quindi il film è presto fatto: un ragazzetto timido e sfigato incontra un gruppo molto molto underground dal nome impronunciabile che non mi va di copiare/incollare capitanato da un frontman in maschera, musicista geniale (o forse è solo un matto col botto e basta?) da cui viene trascinato, nella prima parte del film, in un cottage sperduto a registrare, anzi a non-registrare, il loro primo album. Il "giovinismo" del ragazzo fa il resto, infatti il tipo ha un account twitter e un blog su cui carica video e pensieri di questa esperienza lunga più di un anno. Frank diventa una web star e il gruppo parte per inseguire il sogno americano, concerti, groupie, soldi, probabilmente una collaborazione con Kanye West che tanto lavora pure con me tra un po'.
Ora. Detta così c'era il materiale per farne uno dei film dell'anno, invece Frank è a malapena il film della settimana, forse neanche quello.
Il problema è tutto nella fenomenologia della parola hipster.
La parola hipster è balzata all'attenzione di noi giovini internetdipendenti da qualche anno, dopo che i film di Wes Anderson erano diventati miti generazionali (insieme a Juno e a un'altra manciata di pellicole del genere), dopo che le gif glitterate di MySpace erano morte e sepolte, dopo che i più fichi stavano su Tumblr e non su Facebook, dopo che i flyer delle discoteche non erano più tutti flashosi come quelli della Baia Imperiale, ma pieni di frecce, ibridi uomo-testadi[inserisci qui animale qualunque], paesaggi pastello e fiori, dopo che le camicie tutte quadri non erano più appannaggio soltanto dei taglialegna e dopo che il concetto di "rasoio" era diventato più vecchio di quello di "telefono fisso".
A quel punto OGNI persona che aveva una barba è diventata hipster, e ogni persona con una barba a cui veniva dato dell'hipster rispondeva "ma io ce l'ho da prima", da prima di che? Da qui il corto circuito.
Ora, ci sono cose dell'estetica hipster che sono - innegabilmente - molto fiche, o certamente più fiche delle creste colorate punk o dei pantaloni strappati grunge o dei capelli blu sulla faccia emo. Certo poi ogni espressione modaiola, se estremizzata, inevitabilmente, diventa macchietta, e ad oggi la diffusa hipsteria ha iniziato a prendere in giro se stessa, le barbe sono sempre più lunghe (ancora rido per quel meme), i risvolti dei pantaloni sempre più alti, i gruppi musicali sempre con più ukuleli.
Ma se c'è una cosa che dà fastidio della moda hipster è l'inguaribile negazionismo che si porta dietro. 
Perché diavolo ogni hipster - palesemente hipster dio mio - a cui si dice "hey sei hipster", risponde "No. Io non lo sono." Avete mai sentito dire un metallaro dire "Gli Iron Maiden fanno schifo". Un dark dire "Non mi mettero mai il cerone in faccia. Mai e poi mai." Insomma perché negarlo?
Chissà se chiedessimo al regista del film cosa ne pensa del fatto che il suo film è palesemente hipster.
Musica sperimentale cantata da un gruppo multietnico e capitanata da un tizio in maschera? Hipster. Cottage tutto di legno con copertine ricamate e arredamento vintage? Hipster. Barba che il protagonista si fa crescere senza un vero motivo mentre tutti gli altri no? Hipster. Calzini con stampa di babbuino? Hipster. E via dicendo...
Probabilmente negherebbe l'evidenza.
L'evidenza di una sceneggiatura davvero povera di spunti se non quello iniziale, che tratta maluccio sia il tema musicale - nessuna delle canzoni proposte dai  è davvero interessante o sperimentale, e anche io che sono un musicoleso capisco che anche se volevano appositamente fare quelli strani, anche quando poi, sul finale, rifilano una canzone vendibile, non è che mi pare poi così vendibile

sia la storia in sé, che si risolve nel più banale degli snodi e nel più stanco dei sentimentalismi.
Protagonista scialbissimo, quel Gleeson figlio, pora creatura all'ombra di quel grand'uomo di Gleeson padre, un Weasley come si nota dai capelli, che incredibilmente sembra essere uno di quelli che lavora di più tra coloro che hanno fatto parte, parlo dei giovani, del franchise Potter, attore che non riesce a rendere né la perenne sfigataggine che si dovrebbe portare dietro in quanto artista fallito, né quella voglia di "svoltare" nell'ambiente anche a costo di sfruttare la psicosi del povero Frank, un contrasto (disillusione/ambizione) che avrebbe dovuto essere trattato con ben altra cattiveria e sarcasmo e recitato con dovizia di sfumature, non solo faccette dismesse e balbuziette isteriche.
Ovviamente a catturare l'attenzione è Fassbender, membro (!) cardine del gruppo e del film, che riesce sì a raccontare la mente disturbata del suo personaggio usando solo il fisico, ma che comunque rimane ancora troppo bello per un ruolo del genere: quando si spoglia e vedi che fisico si ritrova tutto stona un po'... come la musica del film

E la  vigliaccheria del regista fa bella mostra di sé nel momento esatto in cui Michael si toglie la maschera. Voi avete per caso visto il bel visino di Tom Hardy?
Frank poteva essere un eroe, un supereroe del cinema hipster, invece è un personaggio che si consuma troppo presto, che cerca di essere hipstericonico con talmente tanta veemenza da risultare falso, falsissimo, costruito (a parte il fatto che è effettivamente fatto di cartapesta). Ecco, è il gap tra star e personaggio che è stato gestito veramente ma veramente male, non ci si scorda mai che la faccia sotto la maschera è quella di Fassbender e non ci si ritrova mai davvero a empatizzare per lui.
Io poi volevo le interviste a Frank, non a Michael che poi si toglie la maschera.

La maschera è tutto. La maschera è il personaggio e non il contrario. La maschera è importante e non è che puoi togliertela appena ti fanno un'intervista in TV.




Bene.






Detto questo.





Passiamo oltre. 
Vorrei sapere se il vero Frank si è mai tolto la maschera. Esatto. Esiste(va) un vero Frank:

Quindi il film è tratto da una storia vera? No. Solo che Frank è dichiaramente ispirato a questo Frank Sideboottom (e al suo ukulele) di cui francamente - essendo io musicoleso, come già sottolineato - non avevo mai sentito nominare. Certo è che solo Fassbender poteva fare quel personaggio, sono uguali! 




Dunque.




Riassumendo: Frank non sarà certo un film ricordato dai posteri, e manco dagli hip(o)steri. Di ben altre maschere è fatta la storia del Cinema:

1 commento:

  1. l'ho visto.
    Bravo.
    Sono d'accordo.
    Mi sono quasi addormentata.
    Sugli hipster ci ritorniamo, più che denigrarli ci si dovrebbe scrivere un saggio.
    E' chiaro che l'accezione "hipster" è offensiva perfino per loro. MA PERCHE'? Perché è chiaramente un "movimento" (?) di stampo SOLO modaiolo, che non ha nulla di profondo. Tu dirai, eh ma nemmeno gli emo erano profondi. Ma almeno non rompevano il cazzo e se ne stavano tristi in camera loro!!
    Vabbè, faremo un simposio, devo capire le ragioni del mio odio.
    Viva Donnie Darko.

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