sabato 9 novembre 2013

C&B FF ROMA • Giorno 1 • Tutta la vita davanti - Lettere al Presidente


- Ciao sono Ciebbì e sono venuto a ritirare il mio pass
Dico con sguardo allusivo e portamento regale alla povera crista che mi siede davanti.
- Abbravo so' 50 euro tiè er passe co questo ce fai quello che te pare abbasta che nun vedo più la tua facciaccia coll'occhio storti qqua davanti che mmedai fastidio. Ciao bello.
Ecco, questo per smitizzare subito la questione pass. Lo hanno dato a cani, porci e pure a me.
E il cinema sarebbe un settore in crisi? Dalla mandria di gente che vaga persa per i corridoi dell'Auditorium proprio non sembrerebbe.
Che poi le vedi subito le tipologie di persone coinvolte.
Ci sono quelli del gotha economico cinematografico: produttori, sceneggiatori, ancora produttori, direttori di festival, uno vestito come un cantante prog, registi, gente aumma-aumma che parlotta e fa combriccole massoniche come se dovesse decidere l'andamento geopolitico della Terra o far esplodere una bomba nucleare, li chiameremo i Massocinematografici
Poi ci sono gli attori. Quelli ItaGliani. L'actor watching ha già spuntato esemplari di Violante Placide, di Gianmarchi Tognazzi, di Giulie Michelini, di quella specie sicula di cui non ricordo il nome, di Francesche Einaude, di quello col bozzo in faccia che faceva i RIS, il bello è che gli Attoritaliani per fare due passi ci mettono tre ore perché non sia mai che qualcuno non si sia accorto che stanno lì. Però se qualcuno poi va lì a chiedere una foto fanno la faccia sostenuta e gli occhi al cielo e "dai, vabbé, facciamo presto però che devo fare un movemento di un centimetro nella prossima mezz'ora"
Ci sono poi gli spettatori normali (i miei preferiti) gente che - bontà loro - vuole solo vedere il film, li chiameremo Spettatori normali.  Non gli importa nulla di farsi fotografare o di far sentire la propria opinione a chi gli sta intorno, come invece ci tengono molto i critici, che chiameremo i Critinici. Ecco, questi sono la peggior specie. Sono tutti con il loro tesserino al collo, il programma superscarabocchiato per incastrare visioni e tutti, inesorabilmente, nessuno escluso, ti fa venire la voglia di:
E insomma questa tipologia infesta l'Auditorium, sono tra noi! Vagano! Se ti mordono diventi come loro! The Critic Dead! Aiuto.
Ultime ma non ultime ci sono le mignottone:
[Seguite in modalità stalker ovviamente per meri bisogni giornalistici]
Che chiameremo educatamente... le Mignottone. Loro proprio sono splendide perché non si sa dove vanno, non si sa da dove vengono, non si sa che vanno a vedere, con chi sono, non si sa neanche se capiscono l'italiano, se sanno cosa essere film, se capiscono dove sono. Loro si sono solo messe il paio di tacchi più alto che avevano, il reggipetto più piccolo che hanno trovato, la gonna più corta e sono corse qui. A fare che, non si sa.
E poi ci sono io, che chiameremo, Ciebbì, che non fa parte di nessuna di queste categorie e ci posa il suo occhio clinico e cinico, soprattuto facendo sguardling alle attrici.
Oggi Ciebbì ha visto due film, dei 68 previsti. Ma sapete com'è, qui devi ritirare i biglietti del giorno dopo il giorno prima, quelli di due giorni dopo quattro giorni prima, quelli di tra tre giorni due mesi fa, quelli dell'ultimo giorno devi scavare nella Roma sotterranea e trovare una capsula del tempo lasciata da tuo nonno con dentro i biglietti. 
E insomma va così, magari li recupero, magari no.
Ho visto
L'ultima ruota del carro
Trama: Elio e la storia pesa

L'ultima ruota del carro è un colpo a salve.
Non è una commedia, non è un dramma, non è un film storico, non è romantico, non è tragico, non è comico. È un film fatto di tutte queste cose e che alla fine è come il colore del pongo quando facevi le palle con tutti i colori e diventava una mappazza grigia schifosa.
Elio è, per l'ennesima volta, uno di noi. Un ragazzino normale, poi un adolescente normale, poi un giovane normale, poi un adulto normale, poi un vecchio normale. Insomma uno normale.
Intorno le cose normali ma anche un po' speciali della vita, come quella volta che ma tu dimmi, era andato a lavorare in una casa col padre tappezziere, e parcheggia proprio dietro alla macchina con dentro il cadavere di Moro, oppure quell'altra volta che pensa te stringe amicizia con l'artista famoso (palesemente Schifano, anche se non detto) che lo tratta come un amico e non come un facoltoso compratore.
Di fatterello in fatterello, di partito in partito (socialisti, comunisti, berlusconiani), di silicone posticcio attaccato sotto il collo a parrucche assurde che sono l'unico modo con cui i costumisti italiani riescono a definire l'età di un personaggio ecco che Elio "uomo qualunque" diventa il tipico italiano, lo chiameremo Elio Italiano.
Ma il problema è evidentemente Veronesi, un regista scialbo, che fa un film superficiale come il suo protagonista, voleva fare una cosa alla Meglio Gioventù, si muove incespicando sui luoghi comuni di romanità e italianità, non graffia mai, neanche una volta. Non commuove perché le volte che ci prova, il "colpo" arriva talmente lento che anche una lumaca riuscirebbe a schivarlo.
Il film è "tratto" dalla vita qualunque di un uomo vero, uno che vive a Borgo Pio (quartiere di Roma) che poi qualche anno fa - a suo dire - ha vinto 500.000 euro con un gratta e vinci e poi la moglie ha buttato il biglietto e lui è andato a Malagrotta ad aprire i sacchetti uno a uno, a dirla così vacci a credere e insomma che sfida ma la vita è bella anche se fa male e torneremo a farci sposare dalle infermiere lalalalala.
Ad esempio, qualche tempo fa, un processo creativo del genere (prendere la vita qualunque di un uomo qualsiasi) stava dietro quel Tutti contro Tutti che non aveva entusiasmato, tantomeno esaltato, ma almeno lì c'era una spaccato preciso (la casa occupata), qui ci sono 30 anni di vita che passano di palo in frasca.
È un po' lo stesso discorso che feci per La nostra vita. Per carità, mettere le vite comuni dentro un film può creare quel senso di immedesimazione unico (neorealismo, anyone?) ma devi veramente essere bravo, veramente bravo, sennò è solo una sequela di scene più o meno quotidiane che francamente, le vedo ogni giorno, dalle 7,30 quando mi sveglio a quando vado a letto alle 11:00... 10:00... 9:40 ok! Sono stanco in questo periodo! C'ho certi cazzi che se li racconto ci fanno un film... pensa che noia. Però saprei benissimo a quale attore farei fare il protagonista. Peter Sellers Gerald Butler
Attori di contorno ai limiti dell'inutilità, Ricky Memphis avrebbe potuto dare al suo personaggio arrivista e falso predicatore delle venature molto più profonde, invece sembra solo un coglionazzo col mito del soldo che venderebbe il miglior amico per far carriera (in effetti è quello che fa) e si fa quasi rimpiangere quando era Immaturo.
Pensa che l'unico veramente bravo (anche Germano nettamente sotto tono) è Haber (che fa il proto-Schifano).
Quello che manca nel film è la costruzione. La vita vera, ogni vita vera, è una costruzione: parti dalle fondamenta (in questo caso il rapporto con il genitore è conflittuale, e c'è un madido tentativo di far diventare il pittore una sorta di figura paterna) e poi mattone dopo mattone (qui i fatti della vita), tanta malta (la famiglia) e se proprio ci riesci qualche rifinitura ben fatta (nel film non ce n'è, certo non può esserlo la Cesarona Mastronardi, in un'interpretazione trasparente), e hai la vita (il film).
Insomma un film da servire all'ospedale, scialbo sciapo e incolore. Tutto il contrario del documentario che ho visto - in maniera fortuita visto che le proiezioni di Matto Meccanigo con l'Aiz e le Streghe erano tutte occupate da Massocinematografici, Italiattorini, Critinici e Mignottoni - che racconta di una cosa strana. Racconte di:
Lettere al Presidente
Trama: Caro Presidente ti scrivo, così mi lamento un po'

Esatto, il documentario è una raccolta audiovisiva (il tutto sotto l'agida del benemerito Istituto Luce, tutto il reparto visivo è tratto da immagini di repertorio) di lettere che gli italiani hanno scritto - in un arco temporale che va dal 46, fondazione della Repubblica - al '69, anno dell'allunaggio.
Le lettere sono tante e molteplici, da tutta l'Italia, da ogni tempo, e di ogni tipologia: si va dalle questioni serie come il lavoro, o meglio la sua assenza, all'energia elettrica nelle campagne, all'istruzione, al comun senso di Patria fino ai lunatici veri tipo quella che chiede al Presidente un prestito eventualmente con interessi per rifarsi le gambe, al tipo che sostiene di indovinare il sesso dei nascituri e vuole quindi un riconoscimento statale per questa sua capacità, c'è il carcerato che sostiene di poter dare una spinta alla marina italiana con un attrezzo segretissimo di sua invenzione e chiede al Presidente di poterlo testare (lettera accompagnata da, presumibilmente, il direttore del carcere che sconsiglia vivamente di prendere in esame la proposta visto che chi l'ha scritta è più volte evaso da diversi carceri) a quello che si lamenta perché "so che le donne hanno sempre più diritti! Addirittura molte guidano la macchina! Dove andremo a finire, Presidente!" .. oddio questo mi sa che ci aveva visto lungo.
Il motore del film è stato il contatto con tre amici di Tortoreto (ci sono stato a Tortoreto, ho dormito tutto il tempo) che scrissero una letterina al Presidente in cui gli chiedevano di aiutarli per il loro progetto: andare su Marte.
Il documentario non ha una vera e proprio dignità filmica, lontano dal raccontare una storia, racconta più un modo di essere - essere italiani - sempre a metà tra purezza e cialtroneria, amor proprio e furbaggine, bellezza e cretineria.
E poi ci sono le facce, i visi lombrosiani (criminali o meno) che ci guardano spauriti, non spavaldi come ora nelle interviste per strada. Questi documentari fatti di filmati di archivio sono sempre belli, ti ricordano com'era l'Italia, che stiamo sempre qui a criticarla, io in prima fila figurati, ma che poi amiamo e non lasciamo veramente mai, campanilismo docet.

Non so proprio dove potrete recuperare il doc, ma se vi capita, vedetelo.
Io come sigla finale ci avrei visto bene questa:

Scusate me ne devo andare perché una folla urlante di ragazzine spinge le transenne, non le tengono più... arrivo arrivo! 
Ah no, è Jared Leto, tutte se lo vogliono portare a leto (scusate.) Infatti sento co 'ste orecchie sta frase: "aho, io me so messa le mutande pulite e profumate se lo becco glie le tiro". Io corro al bagno a ossiggenarmi i capelli, perdere una 10 di chili, diventare un rockstar, fare due foto su sfondo bianco, e torno ma.. niente, è andata via.
Lo vedete quel puntino con la faccia da culo là in fondo, è lui. Non ne ho una più vicina, non vorrete mica che mi faccia schiacciare sulle transenne dalle ragazzine infoiate?
Vabbé. Oggi è andata così, un film brutto sulla vita, un film bello sulla vita. Proprio come la vita, un po' bella e un po' brutta.
Intanto, prima di andarmene, saluto le sise di Clauda Pandolfi in una foto artistica in sala stampa, il che mi sembra doveroso dopo il nostro battibecco (io il batti, lei il becco) di qualche tempo fa:
Comunque c'è UNA cosa per cui posso veramente andre a letto felice. E cioè che ho visto OLIVANDER! Esatto, l'Auditorium è come Hogsmeade, e dopo il Ministro della Magia oggi ho incontrato OLIVANDER!

Che mi ha detto:
"Ricorda C&B, è il cineblog che sceglie il giornalista, non il contrario. 
Mi chiedo se... [seguono lucine]
Hai fatto grandi cose, C&B... TERRIBILI CERTO! Ma grandi..."
E poi due cose sul computer gentilmente offerto dalla sala stampa in auditorium. La prima è controllare il cestino e gli ultimi documenti aperti. Uno è "Calendario Calciotto", questo per dirvi l'interesse assoluto dei Critinici alla kermesse, un altro è la critica di Manto Acuifero, che ho letto, e che mi ha fatto passare la voglia di vederlo. Attenti ai documenti che lasciate sui computer, che c'è C&BSI che li apre.
L'altra cosa che faccio, è questa:
Occupy Festival.

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