HA! Non solo C&B ma anche l’Alabama de’ noantri viene spesso a volte raramente invitata a fruire delle agognate proiezioni GRATUITE per la stampa, nel mio caso ovviamente si tratta sempre di mandorlati orientali, ringrazio dunque il FEFF che si ricorda della mia esistenza e mi metto a parlare di:
IL BUONO IL MATTO IL CATTIVO
좋은 놈, 나쁜 놈, 이상한 놈
(The good the bad the weird)
Trama: La Corea rifà Sergio Leone. E perché no?
Correva l’anno 2009 quando vidi per la prima volta questo film al FEFF, e il mio commento, che ancora si può reperire con difficoltà tra le maglie della rete, all’epoca fu: "voto 8 per la fotografia, la demenza, le mazzate e le sparatorie, l'epica di fondo".
Grazie alla prode e prodigiosa Tucker Film friulana, il film arriva in sala oggi e il mio giudizio resta pressoché invariato.
Trattasi di opera coreana, rifacimento del celeberrimo western di Leone, che la sottoscritta EHM non ha proprio stampato in mente, diciamo… (dai su, ma a chi piace il western?? Ok, eresia). La trama è soltanto un pretesto: i tre protagonisti, insieme a un manipolo di comprimari pittoreschi, inseguono una mappa che porta a un fantomatico tesoro non meglio identificato, ma tale oggetto è soltanto un MacGuffin (a me una cattedra) cioè un espediente narrativo per mandare avanti la storia, senza troppo valore in sé. E non lo dico io ma Hitchcock!
Intorno a questa mappa, due ore e venti di film scorrono rutilanti tra inseguimenti, sparatorie, complotti e fughe. Dei tre personaggi, molto fumettosi, il buono è meglio del cattivo ma il matto vince.
Ottimo character design. La cosa meno ottima è il doppiaggio italiano, troppo marcato e a tratti ridicolo, non è che se sono coreani e fanno facce strane allora devono avere la voce stridula e dire idiozie eh?! Ignoranti maledetti.
Ottimo character design. La cosa meno ottima è il doppiaggio italiano, troppo marcato e a tratti ridicolo, non è che se sono coreani e fanno facce strane allora devono avere la voce stridula e dire idiozie eh?! Ignoranti maledetti.
Se Leone trattava sullo sfondo la guerra di secessione americana, qui nella Manciuria degli anni Trenta troviamo la guerra tra Corea e Giappone, con i giapponesi dipinti come un branco di ottusi coglionazzi alla maniera dei nazisti di molta filmografia occidentale. Avete presente l’immagine del nazista impettito con l’aria da idiota che non fa altro che obbedire a ordini senza senso? Uguale. In occidente c’erano loro, in oriente i giapponesi (e guarda caso erano alleati).
La mezz’ora di cavalcata e sparatoria finale nel deserto trascina tutto il film ma un clamoroso FAIL è l’utilizzo qui dello stesso brano reso celebre da Tarantino in un simile epico scontro. Don’t let me be misunderstood, nella stessa versione dei Santa Esmeralda per giunta, NON PUO’ essere utilizzato in una scena action dopo aver fatto parte della colonna sonora di Kill Bill, perché è automaticamente riconducibile solo a quello! Regista, sei impazzito?? Il resto della OST è molto pop e va benissimo, come molto pop sono i colori e la fotografia, che ci piacciono assai.
Il finale ripropone, come da copione, il famoso “triello” leoniano, o stallo alla messicana, per dirla moderna, con i tre fenomeni che si tengono di mira per un quarto d’ora.
Quanti ne abbiamo visti di stalli alla messicana? Quanto ha fatto scuola Leone? Passando per Tarantino, fino alla Corea il passo è breve. Peccato che il tutto risulti un po’ scialbo proprio alla fine, senza troppo mordente. Diciamo che l’adrenalina cala bruscamente ed è un peccato, dopo aver fatto i fuochi d’artificio per due ore.
Ma la rivisitazione in chiave orientale, con l’aggiunta di un po’ di sana ironia (invenzione posteriore a Leone) è un omaggio del tutto riuscito e devoto.
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