sabato 28 gennaio 2012

M is for Manson

Martha Marcy May Marlene
Trama: Mefistofelico, Mistificatore, Miserabile, Maledetto, Malefico, Mortifero, Miserando, Misterioso, Manipolatore, Menzognero, Mefitico, Monarca. Mostro.

È capitato più di una volta, su questo sito, di salire su un pulpito e pontificare: "Non hanno mai fatto un film su Charles Manson come cristo lucifero comanda! Eppure il materiale (dis)umano di quella storia è talmente denso che mette paura solo a pensarci. Già di per sè, la storia di questo ometto con il pallino della chitarra e della manipolazione è spaventosa: creare una Famiglia con il solo potere delle parole - la maggior parte deliranti - e riuscire a convincere la gente, disperata già da prima, a fare cose tipo ammazzare i pig (i ricchi) o fare un parto cesareo forzato a Sharon Tate. Ecco, proprio l'invasione che la Famiglia Mansionana fece nella Hollywood dei ricchi, delle feste, delle ragazze bellissime con le vite felici (la Tate) è una sorta di affronto alla finzione che impregna Hollywood tutta, e Hollywood, ho sempre pensato, ha proprio il compito di rispondere agli affronti con la sua arma migliore: i film.
Quindi mi sono sempre detto, Roman Polansky DEVE fare un film su Manson. Sarebbe un bellissimo film.
Ecco, oggi quel bellissimo film su Manson esiste, è piano di emme nel titolo, e, anche se in effetti NON parla di Manson, ne parla tantissimo. E lo fa con la scelta più azzeccata: dimenticate interpretazioni sopra le righe come avrebbero potuto regalarci uno Sean Penn di turno, qui il capo della "Setta" è quell'insulso tizio che avete già visto in mille film e che avete sempre pensato "dove l'ho già visto". Lui:
ed è semplicemente perfetto, sempre in disparte, eppure sempre presente, una presenza ingombrante quanto il lavaggio del cervello che opera, con modi gentilmente violenti, pacificamente vessatori, ai danni dei suoi giovani adepti.
Ci sono due linee temporali ben distinte nel film: una ci mostra la fuga di Martha - come recita il banale titolo italiano - dalla Setta e dalle sue regole all'inizio anticonvenzionali (tutto è di tutti, vestiti, cibo, corpi) e il suo rifugiarsi dalla sorella, l'altra ci mostra i suoi giorni nella Setta, ma non pensate a Messe Nere o roba del genere, no: il morbo che questo mefitico Messia impianta nei suoi discepoli passa per una "schitarrata tra amici", passa per una vità in comune (e in comunità), e passa, chiaramente, per un sesso liberato e condiviso.
Le due linee temporali si fondono (anche nella regia, con passaggi illuminati) e la libertà di un luogo diventa una prigione della mente, al contempo la sicurezza della famiglia diventa insopportabile. Le prigioni, i binari da seguire, la vita come ci hanno insegnato deve essere, oppure il suo contrario, la libertà totale, la mancanza del "possesso": entrambe le realtà sono cariche di violenza psicologica, impossibile dimenticare le regole, impossible seguirle.
E la regia segue questo andamento (che forse vi sarà sembrato un po' delirante, ma vedendo il film...): nella casa le due sorelle si muovono come in un film di Bergman, profili e primi piani si icrociano e si scontrano, ma per le due è impossibile "capirsi", quindi guardarsi negli occhi e "leggersi". 


E la citazione bergmaniana non è per fare quello che il Cinema lo sa (io li detesto quelli che lo fanno), è perché è proprio così, lo è nella scelta di raccontare una storia di sorelle, nel dimostrare l'impossibilità per chi si trova di fronte ad un male profondo, di fare qualcosa, qualsiasi cosa. E nella scelta dei visi (soprattutto della sorella maggiore). 
Nella "vita di Setta" (non a caso Manson la chiamava Famiglia), invece, un forsennato utilizzo del campo lungo, a dimostrare che no, non ci sono recinzioni tutte intorno alla fattoria, la gente non scappa anche se potrebbe perché è chiusa dentro la propria testa, e da lì non scappi, Mai. Come dimostra una fulminante scena finale (parlo proprio degli ultimi sette/otto secondi) che nvece di liberare e lasciarci una pur blanda speranza, ricarica tutto il film di un'inquietudine Malata.

4 commenti:

  1. Ne avevo sentito parlare, ora voglio assolutamente vederlo.

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  2. Molto interessante.
    però ho visto che in rete circola la versione workprint.. mi devo fidare o meglio aspettare la versione definitiva e non tarocca? :)

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  3. il film è da vedere.
    per il resto non so di cosa stai parlando... ;)

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