mercoledì 13 maggio 2015

Dr. Jekyll & Mr. AIDS

It Follows
Trama: Nuove derive dello stalkeraggio

Ne esistono pochi di horror così (e se vogliamo più in generale di film), horror capaci di raccontare la maledizione, la paura, l'angoscia, capaci di muoversi tra le pieghe sudate e tese del palpito incapace di trovare un suo ritmo pacato, film del terrore che lasciano le spiegazioni finali agli insicuri, le improvvise sorprese da crepacuore ai teen horror, che abbandonano il personaggio del serial killer dai trabocchetti complicati ai franchise annoiati, gli zombi deambulanti alle mode in TV e lasciano risibili metodi registici (leggi Telecamerina) agli insicuri.
Sono gli horror che ti fanno amare il genere, e ne escono pochissimi; se ne contano sulle dita di una mano a cui è stata mozzata qualche falange. Dell'ultimo decennio vale la pena citare Deadgirl, The Loved Ones, The Human Centipede, Calvaire, Dream Home... film che arrivano dritti al vero significato di horror, film preziosi. Non è facile angosciare, stringere le coronarie con mani invisibili, far sudare le mani, disseccare le fauci.
È questo l'horror, quella sensazione di inquietudine potente che ti segue anche dopo la parola fine.
It Follows è uno di questi. La trama arriva al punto in brevissimo tempo, e il punto è un'idea (seppure mi sembra di ricordare qualcosa di simile, e qualcuno mi cita TRAMA di Rathiger, anch'esso con forti rimandi al Black Hole di Charles Burns) che si racconta da sola: fai sesso con qualcuno e da quel momento un essere che puoi vedere solo tu, che può assumere le fattezze di chiunque, fosse anche una vecchia, un gigante, un bambino, una ragazza tumefatta, tua madre


ti seguirà per sempre, fino a che non ti raggiungerà, e ti ucciderà. E ti ucciderà così (spingi solo se non ti interessa lo spoiler, perché è una bella scena che vale la pena non rovinare).
E quindi dal quel momento non puoi far altro che guardarti le spalle
e sospettare di chiunque ti stia venendo incontro, devi fuggire anche se sai che non servirà a nulla, che quello, camminando piano, camminando sempre, ti raggiungerà, oppure rinunciare, fermarti e aspettare l'inevitabile, con un pensiero, inutile palleativo, a chi ti ha attaccato questa "maledizione", il fatto che la creatura, quando avrà finito con te, tornerà ad seguire quello che te l'ha trasmesso.
L'essere non corre come un T-1000, non ti spunta dal letto come Freddy, non ti insegue con una motosega rotante, non ti mangia con un chianti e un bel piatto di fave, l'essere cammina, dritto verso di te, piano, quasi calmo, senza fretta. Puoi fuggire, puoi prendere l'aereo più veloce del mondo e rifugiarti sul cucuzzolo della montagna più alta, ma lui arriverà, inesorabile, spietato, inquietante, sempre al centro dell'inquadratura dei tuoi occhi.
L'unico modo che hai per liberartene è passare questa inesorabile e spietata "malattia venerea" a qualcun altro, scopandoci. 
Raccontando la trama sembra quasi una trovata geniale di una qualche associazione che professa l'importanza dell'astinenza, ma il discorso profondo - forse non così profondo - è più una riflessione sull'amore, sul sogno intrinseco che pervade ogni conoscenza fisica, che per quanto ce la raccontiamo ha sempre una speranza nascosta, quella di trovare la perfezione. E il film dissolve ogni sogno: l'amore non ci salverà, anzi, ci farà impazzire di paura, ci riempirà d'angoscia, e alla fine ci farà a pezzi.
La regia è tra le più ispirate di questi primi mesi del 2015, con movimenti di macchina che ricalcano spesso il Van Sant di Elephant, ma in un doppio intento riuscitissimo, da una lato (dietro) la minaccia costante che ti sta per ghermire, dall'altro (davanti) un futuro che forse non raggiungerai mai. E carrellate circolari avvolgono la realtà quotidiana della tipica ragazza americana ormai rovinata da quella ragazza con la cartella che cammina verso la camera, la camera gira a 360° e ogni volta quella ragazza è più vicina, sempre più vicina, sempre più vicina.
It Follows è un film da vedere, è uno di quegli horror che diventa visione necessaria anche per chi gli horror "non mi piacciono gli horror", è un gran film tesissimo e diretto, scarno di "americanismi" e nello stesso tempo americanissimo (il gruppo di teenager alle prese con un mostro, la provincia, le casette coi giardinetti, i giri in macchina, la scuola). 
Tra i protagonisti quello sfigatello che si fece notare qui, ora cresciuto così
ennesimo esempio (tra cui annoveriamo Neville Paciock e Glenn di Mad Men) del "c'è speranza per tutti".
Viene da chiedersi se il monito del film è dunque no more casual sex. Tinder andrebbe fallito. Ma la questione è sicuramente meno banale, nonostante la componente sessual-educativa non sia cosa da poco. Lo dimostra anche la promozione:
Che dire, a noi Lupo Alberto e gli aloni rosa tutto intorno, ai teenagers americani i film horror.
Alla fine, passata la sudarella, ci si inizia a chiedere se un diverso atto sessuale possa definire quello che la creatura - ma è giusto averla chiamata creatura tutto il tempo? È un demone? Un fantasma? Un alieno (non sarebbe il primo che usa il sesso per i suoi comodi)? - per esempio un rapporto orale cosa definisce? Che quello mi raggiunge e mi strappa la bocca? E se faccio solo del petting? E se invece ci andassero di mezzo le terga? E se lo fai due volte? Si passa e poi ripassa a quello che ce l'ha passata? Un preservativo ci salva? E, peggio ancora, se invece di una scopata, ci faccio l'amore? Lì sono davvero cazzi acidi. Appunto.

L'immaginario grafico e sonoro del film, colori al neon in primis (niente che non sapessi sil dal 2009, quando ho creato il neonlogo di CB) e colonna sonora che sembra arrivare (cassa) dritta dritta dal 1986, più precisamente da un film di Carpenter

segue il trend definitivo degli ultimi anni (The guestLost River sono solo gli ultimi due esempi, il primo ha anche la stessa protagonista, un clone di Amber Heard) e ovviamente titilla la visione degli illustratori:

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