domenica 23 ottobre 2011

TOFU & BROCCOLI • Rocky Joe


A grande piccola richiesta torna la rubrica Estremorientale del tofu e dei mandorlati balocco. Torneranno prima o poi tutte le rubriche abbandonate (ingiustamente) dal broccolo tenutario? Chi lo sa! Io non so niente, non indago e mi limito a recensire il film che ho visto qualche giorno fa, ovvero:
ASHITA NO JOE • あしたのジ
(Il domani di Joe, ma in realtà sarebbe Joe del domani, credetemi)
Trama: Joe è un teppistello senza futuro, Danpei gli insegna la boxe, Rikishi è il suo avversario. Fine. 

Ecco. Parlare di questo film implica una grossa intensa divagazione sul manga originale da cui è tratto, ma ci arriveremo dopo. Intanto possiamo dire che è stata un’opera a lungo attesa tra gli appassionati di tutto il mondo e che in patria ha incassato 12 milioni di dollari. Non tanto, si prevedeva molto di più, una 38° posizione nel box office annuale (per ora) è abbastanza deludente.
Forse perché il film in effetti È deludente, nonostante gli sforzi profusi da regista, attori e compagnia. 
C’è un grosso problema di fondo quando si trasformano dei manga molto famosi (o anche meno famosi) in film live action, che mi fa sempre guardare a questi esperimenti con terrore, e cioè che si bada soltanto e unicamente alla riproposizione fotografica “tale e quale” di personaggi e ambienti, senza dare troppa importanza alla narrazione, alla regia, agli altri elementi fondamentali che costituiscono un film dal vivo, e che ovviamente lo differenziano da un fumetto o da un cartone animato. Niente, sembra che i giapponesi non ci arrivino proprio, sembra che per loro la cosa fondamentale sia pettinare il protagonista esattamente nello stesso modo del fumetto o fargli i vestiti dello stesso esatto pantone. Il resto a rotoli, e tanti saluti. 
Se non ci credete, guardate l’inquietante somiglianza mimetica di attori e personaggi di carta:
Non va bene. La cosa non aiuta affatto a prendere sul serio il film, anzi, trasforma tutto in una pantomima. 
Metteteci anche che il protagonista nella realtà è il leader di una band di J-pop, l’ennesimo bel faccino macinasoldi che nulla ha a che vedere con il mondo del cinema. Insomma non un vero attore ma un nippobelloccio messo lì per far correre al cinema le ragazzine.
Con queste belle prerogative mi gusto la visione, ma per fortuna ci sono anche cose positive, come la bella colonna sonora simil-jazz e qualche inquadratura pittoresca non troppo “finta”. Il belloccio poi non è proprio un cane senza speranza, diciamo che almeno un po’ di impegno ce lo mette. 
Il punto è che non si può condensare in due ore un manga lungo 20 volumi, quindi la trama si focalizza solo sulla rivalità Joe/Rikishi, suo eterno avversario, e si conclude dopo l’incontro decisivo tra i due, lasciando “scoperti” almeno una quindicina di volumi. 
La cosa era inevitabile. Un film del genere può essere solo un buon (o cattiv) adattamento, e non è sbagliato concentrarsi su una parte della storia e non voler strafare a tutti i costi sfornando un abominio. Per quel che racconta, il film di Rocky Joe non è un abominio, e a conti fatti sarebbe un prodotto accettabile, se non dovesse scontrarsi con l’originale. Il manga di Ashita no Joe è UN MONUMENTO. 
(necessaria e accademica digressione non-cinefila)
Disegnato da Tetsuya Chiba e scritto da Asao Takamori (anche autore, guarda un po’, di Tommy la stella dei Giants e dell’Uomo Tigre) e pubblicato tra il ’68 e il ’73, Ashita no Joe è nella memoria collettiva di TUTTI i giapponesi e resta ancora oggi il simbolo di un’epoca, tanto reale quanto di finzione, quella delle rivolte studentesche rispecchiate nei fumetti sportivi di allora, impregnati di ardore, nichilismo e grande senso del sacrificio. Vi ricordate cose come Mimì e la nazionale di pallavolo o per l’appunto Tommy la stella dei Giants? Gente che si incatena i polsi mentre si allena, che sanguina, piange e gocciola ettolitri di sudore, senza genitori, con allenatori tiranni e compagni di squadra sadici? Quello. Quello è il genere in cui si inscrive il manga, il romanzo di formazione nichilista e autodistruttivo di Joe, che dai bassifondi arriva a sfidare il campione del mondo, in una storia lunga 20 volumi, cioè circa 4000 tavole a fumetti. 
Mentre il mondo manifesta e occupa le università, Joe incarna le frustrazioni dei giovani giapponesi, storicamente non molto inclini alla disobbedienza. Il manga diventa la bandiera di una generazione, che alla morte di Rikishi (personaggio amato quanto Joe) organizza la messa in scena di un vero e proprio funerale.
Nel 1970 va in onda il cartone animato e nello stesso anno - leggenda vuole - che constatando il fallimento della protesta studentesca, dei ribelli dell’armata rossa giapponese, fuggiti in Corea, dichiarassero di fronte a un Paese sbalordito: «Noi siamo Ashita no Joe!».
Tutti (in Giappone) sanno come finisce la storia. Finisce MALE! Joe rimane traumatizzato dalla morte del suo eterno rivale e precipita in una spirale decadente che solo dopo molto tempo lo porta di nuovo sul ring. Affronta avversari sempre più forti, annichilendosi completamente, finché sfida il campione del mondo sapendo di non poterlo battere. L’incontro termina ai punti e Joe muore seduto al suo angolo, dopo aver bruciato tutto, fino in fondo. 
L’epilogo è una frase da repertorio:
Quello che resta è solo cenere bianca, nessun residuo… 
solo cenere bianchissima.
E giù tutti a piangere, e a consacrare altarini a Joe.
Sono occidentalista, perché mai dovrei vedere questo film assurdo?
In effetti non saprei. Se hai letto il fumetto, uscito in Italia una decina d’anni fa, vedilo per amore di Joe (che si può SOLO amare), se non lo hai letto magari ti piace la boxe? Se hai visto Rocky perché non dare una chance anche al piccolo Joe? (Ricordiamo che “Rocky Joe” è l’adattamento occidentale, in giapponese non c’è nessun “Rocky”).

7 commenti:

  1. Apprezzo l'impegno del tenutario, ma il titolo in jappo ha un allungamento alla fine, così:
    あしたのジョー
    (lungi da me passare per cialtrona).

    PLEASE non mi correggere la punteggiatura!!

    Invece BELLA la testata manga! :D

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  2. nessuno si è accorto della benda ballerina però..
    P I

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  3. Certo che me ne sono accorta... ma sulla parte grafica mica metto bocca, ho pensato che c'era un motivo (e invece dovevo cazziarti subito?)
    PI?

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  4. Ciao!

    Non ho visto il film, anche perché tendo ad evitare gli adattamenti "live action" dei manga. Volevo però ringraziarti per quello che hai scritto sul fumetto: in rete ho trovato un gran numero di recensioni di appassionati che, alla luce del fatto che il manga è intitolato "Joe del domani", ripetono a pappagallo che si tratta della storia di un tentativo speranzoso e ottimistico di rivalsa e innalzamento sociale. Come hai scritto giustamente, il manga invece è pervaso di nichilismo (per lo meno in un'ottica occidentale) e fatalismo; ben prima del suo ultimo incontro, Joe dichiara di voler bruciare finché di lui non resti che cenere. Cosa esattamente la boxe rappresenti per Joe, non mi è chiaro: forse un modo per esprimere il disagio di tutta l'umanità reietta di cui è parte? Comunque, mi pare che siamo più dalle parti di Oshima che di Stallone/Avildsen.

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  5. Grazie mille Matteo!

    L'ottimismo e la speranza erano solo del vecchio Danpei all'inizio, quando intravede le possibilità di Joe e gli spedisce lettere in carcere con gli esercizi da fare per imparare, "per il domani" appunto.
    Una volta intrapresa la carriera sportiva il nichilismo di Joe è lampante...
    Più che rivalsa, direi che la boxe è L'UNICO modo in cui l'introverso Joe riesce a esprimere se stesso, ma sempre in chiave autodistruttiva.

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    1. Ehm!

      Ripasso qui per caso e, essendo poco sveglio, scopro solo ora che l'autrice della recensione è quella stessa blogger di cui più volte mi aveva parlato la mia amica Chiara, e che pochi mesi dopo mi sarebbe stata indicata dalla stessa Chiara alla presentazione del suo libro su Berlino. Io il consiglio di Chiara di andarmi a leggere il tuo blog, essendo poco scaltro, non l'avevo mai seguito, ma se adesso volessi leggerne le highlight me ne vorresti indicare qualcuna?

      Ciao!

      Matteo

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