mercoledì 12 dicembre 2012

SPECIALE TORINO FILM FESTIVAL 2012 • 3

[Terzo e ultimo episodio del reportaggio in Alabamico del Torino Film Festival. Pensa che bello se facessero un Festival a settimana e se Alabama andasse a tutti i festival e io dovessi solo impaginare i suoi post. Donne, è arrivato l'impaginino, il vostro blogghe perde poste? Ciebbì impagina i vostri blogghe. Vabbèdai, domani si ricomincia coi post tirati via. Sempre vostro, Ciebbì.]
IMOGENE
R. Pulcini e S.Springer Berman, USA, 2012
Ci puntavo parecchio, sia perché i registi sono gli stessi di American Splendor (film/documentario fumettaro che ho recuperato da poco e che mi è piaciuto assai), sia perché la Imogene del titolo è interpretata da Kristen Wiig, comica di punta del Saturday Night Live e famosissima in America. 
Io, che sostanzialmente me ne frego del SNL, l’ho vista solo in Le amiche della sposa, che però all’epoca mi ha fatto a dir poco sganasciare dalle risate (giuro, non mi capitava di ridere così da tanto). Lei si potrebbe definire un alter ego sfigatissimo di gente tipo Jennifer Aniston o la primissima Meg Ryan, una fidanzatina d’America con zero sex appeal, totalmente anonima ma dalla battuta sagace. Infatti funziona bene come comica in tv. Cioè, noi abbiamo la Sconsolata e quella cessa nasona siciliana che fa tutte le pubblicità del mondo, e ce le ritroviamo al cinema, in USA hanno Kristen Wiig. Per dire. E insomma niente, speravo quantomeno di sganasciarmi. E invece. Storiella abbastanza esile, lei viene mollata, finge il suicidio, si ritrova nel Jersey Shore coatto a casa della madre schiava del gioco, che convive con il compagno agente della CIA. Di contorno un fratello misantropo fissato con i granchi, un padre creduto morto, un ragazzetto belloccio che le farà tornare il sorriso. Anche qui, novità con la pala. Lei è indubbiamente brava e il cast è all-star (la madre è Annette Bening, che fa la zora svitata vestita fucsia, il tipo della CIA un fantastico Matt Dillon) ma la commedia è debole, basata ancora una volta sui soliti clichè che io veramente non digerisco più, prevedibile dal primo all’ultimo momento, senza grandi guizzi e nemmeno ste gran battute. Boh, forse sono io a esser diventata troppo difficile. 
 Non so nemmeno se è uscito in USA, figuratevi se so quando uscirà in Italia.
HOLY MOTORS
L. Carax, FR, 2012
Ed eccoci arrivati al pezzo da novanta. In pratica sono andata a Torino solo per vedere questo, che dubito fortemente uscirà in sala (prendetelo come un no sicuro). Del regista Leos Carax avevo già visto l’episodio contenuto all’interno del film-collage Tokyo!, che se non sbaglio fu anche il primo Tofu&Broccoli redatto per questo blog sito. Già si capiva che era un pazzo furioso. Ebbene in questo Holy Motors, da molti additato come il miglior film del festival se non del 2012, ritorna lo stesso assurdo personaggio presente in Tokyo! cioè Merde, il mostruoso abitante delle fogne vestito di verde. 
Ma non c’è solo lui. Holy Motors è un film dominato da un unico enorme attore, il feticcio di Carax ovvero Denis Lavant. Il suo personaggio interpreta almeno dieci ruoli, perché quello è il suo lavoro. Trasformarsi a seconda della richiesta del cliente. Quindi padre di famiglia,
mostro delle fogne
malato terminale
assassino
barbona (donna)
controfigura per la motion capture
cose assurde di questo tipo. Tutto il giorno a bordo di una limousine bianca che funge da camerino, dove cambiarsi e truccarsi alla bisogna. Follia pura. Guarda caso si chiama Oscar, che è il premio che vincerebbe se solo gli americani fossero tanto lungimiranti da candidarlo come miglior attore. A recitare con lui, nel vero senso della parola, Eva Mendes, Michel Piccoli, perfino Kylie Minogue (!). Carax mette insieme un film stratificato e complesso come un trattato di semiotica, affascinante e difficile, divertente e incomprensibile. Prova a dire la sua in modo del tutto anticonformista e nuovo (NUOVO!) sul discorso identità/finzione e reale/irreale, nonché sulla deriva della società e sul prossimo futuro, costruendo un’opera metafilmica piena di tanti piccoli strambi film, che suona come un’ode al lavoro dell’attore e al cinema stesso. 
Si potrebbe dire lynchano, o anche cronenberghiano per l’uso di corpi e macchine, e non è facile amarlo, più facile è bollarlo come mero esercizio di stile o esperimento surreale. Sono sicura - sicura - che molti di quelli che ne tessono le lodi non ci hanno capito un piffero. Perché è così, lascia basiti e perplessi, spinge a pensare “ma che significa?” e a voler trovare una risposta. Spinge a PENSARE ed è una rarità nel cinema di oggi. 
RUBY SPARKS
J. Dayton e V. Faris, USA, 2012
Avevo letto che era il nuovo film dei registi di Little Miss Sunshine, ma io non ho mai avuto il mito di Little Miss Sunshine, non è mai stato per me il “film rivelazione” o una “commedia imperdibile”. L’ho visto una volta, al cinema. Carino, fine. Quindi non è che questo dei registi fosse il motivo principale per cui ero in sala, diciamo anzi che ero in sala perché non sapevo che altro vedere e avevo uno slot libero l’ultima sera. Un hurrà per il mio fiuto (o per la mano del destino) che ha fatto sì che non perdessi questo GIOIELLO. Per me film bomba, io ve lo dico. Paul Dano (già adolescente depresso in Little Miss Sunshine) fa lo scrittore in crisi, ex enfant prodige. Un giorno sogna una ragazza, se ne innamora e comincia a scrivere la sua storia. La ragazza compare in casa sua, viva e vegeta. E basta, volete che vi racconti ogni cosa? Vedetelo!!
In fondo anche qui non c’è niente di così sorprendente, non è una trama che non si possa intuire, non siamo lontani dai canoni della classica commedia romantica. Ma si avvertono una freschezza e una genuinità che nei film precedenti (Imogene, Arthur Newman) erano sepolti sotto quintali di polvere hollywoodiana. Non dico che Ruby Sparks non sia hollywoodiano, lo è eccome. Ma è la faccia bella di Hollywood, quella che ci piace, quella che ci fa sognare e ridere e commuovere e spaventare. Quella che oggi come oggi non ti aspetti, perché non ti aspetti di vedere un Eternal Sunshine mischiato a un Essere John Malkovich ma rivisitato in chiave più leggera, meno cerebrale e straziata. Perché è di questo che si tratta, e ho scomodato due CAPOLAVORI degli ultimi 15 anni (molto poco hollywoodiani). Il film, con una leggerezza da manuale, sviluppa un discorso attualissimo sulla coppia e le dinamiche che la muovono, ed è sinceramente scritto da dio, ecco cos’ha di meglio rispetto alle altre commediole del cavolo! E la sceneggiatrice è Zoe Kazan, ovvero la stessa Ruby Sparks, età 29 anni. Cioè, capito? Questa si scrive il film, lo porta ai produttori, se lo fa produrre e ci recita nei panni della protagonista. Altro che i nostri giovani talenti italiani di 46 anni. In più ci sono Annette Bening, di nuovo in veste di madre hippy svalvolata (ormai fa quest’unico ruolo sempre) e Antonio Banderas, compagno frikkettone (a lui invece è la gallina Rosita che gli ha tolto qualche venerdì) e se vogliamo loro due sono la cosa più scontata e “già vista” ma per fortuna durano poco. E poi c’è quel bel figo di Chris Messina, che tutti gli amanti di Six Feet Under ricorderanno (?) e che comunque ormai è un caratterista affermato (ma ancora semisconosciuto, ok). Insomma Ruby SPAKK. Vedere di corsa, ridere, commuoversi, pensare che il cinema è bello! 
☛ È uscito in sala LA SCORSA SETTIMANA!!! CORRETE!!!
[Mi sono permesso di aggiungere una carrellata di alternaposter - voluti dalla stessa produzione, e bravi, ci hanno fatto pure un tumblr. Ora vado a vedermelo pure io in questo istante. Mi sa che mi piacerà, che il periodo è fervido per queste cose di quella cosa che non esiste.] 

3 commenti:

  1. BEEELLEEEEE le giffine di Holy Motors!!! <3
    Come impagina l'impaginino, nessuno.

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  2. Cmq tutti questi complimenti da C&B in ben tre post mi hanno quasi emozionata.

    (bello che solo io commento i miei post, vero?)

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  3. questi post sono impaginati benissimo

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