L’inviata speciale preferita (forse perché l’unica) di C&B torna a Torino dopo i fasti (?) del 2011, per la nuova edizione del TFF, il miglior festival di cinema italiano dopo il FEFF di Udine.
Quest’anno preceduto da innumerevoli polemiche, a partire da quella con Muller, l’odiosissimo direttore del Festival di Roma (che invece, guarda un po’, è uno dei più brutti e spero che sparisca presto) che ha pensato bene di far coincidere le date dei due eventi, tanto che Amelio ha dovuto spostare in avanti il TFF, per finire con il putiferio scatenato da Ken Loach, che ha disertato il festival e il premio alla carriera per solidarietà con i lavoratori licenziati dal Museo del Cinema. Ken, io sarei anche d’accordo, hai le palle, però il TFF non si merita niente di brutto. Certo, ovviamente neanche i lavoratori sottopagati e buttati alle ortiche. Alabama per il sociale, a braccetto con Ken.
Non dovendo ricevere alcun premio, io non ho disertato e mi sono ciucciata 9 film in 2 giorni, film che vi vado velocemente (?!) a recensire. Alè!
[Scusate mi intrometto. Siccome che Alabama ha visto e scritto la quaresima - 9 film in 2 giorni signori miei, neanche io ho mai osato tanto - mi sembra giusto spalmare il mega-post su 3 giorni, ma non tanto per non affaticarvi nella lettura, porelli, più che altro ché svolto 3 giorni e posso dedicarmi a cose più importanti, tipo vedere13filme1/2. Ci vediamo giovedì. Siete in ottime mani. So già che non vi mancherò per niente. Ciebbì]
QUARTET
di Dustin Hoffman, UK, 2012
Il film di apertura, ovviamente non in concorso. Hoffman a 75 anni (!!) passa per la prima volta dietro la macchina da presa e dirige un film che si inserisce perfettamente nell’attualissimo filone “vecchi che fanno qualcosa”. Spesso scopano (commedie gerontofile sull’amore da riscoprire), a volte si ammalano o muoiono (Amour, palma d’oro a Cannes, sempre sul pezzo i francesi), in questo caso suonano e cantano. Quartet è una commedia innocua e gradevole, ambientata in una casa di riposo per musicisti e cantanti d’opera non più in attività. Ridicolously British per accento, atteggiamenti, location e humour, vanta la più ridicolously British delle attrici protagoniste, ovvero Maggie Smith, con tutte le sue smorfie altezzose. Come non amarla, come non voler essere lei.
E insomma tra veri musicisti e tenori in pensione (buona parte del cast), il quartetto del titolo dovrà esibirsi come un tempo, tra battibecchi e arteriosclerosi, per salvare la casa di riposo. Un clichè visto mille volte ma sempre funzionante. Infatti il film funziona.
Quello che viene da chiedersi è: Dustin Hoffman diventa regista per girare questo? Perché? Dov’è la necessità di un film così? Non è brutto, è confezionato perfettamente, è divertente e divertito, si vede che tutti se la sono davvero spassata mentre lo giravano, sembra più una festa tra amici che altro. Ma alla fine ho pensato “piacerà molto ai miei” e subito dopo un brivido, non è esattamente un buon segno quando penso una cosa del genere. Perché occuparsi della regia in un film in cui la regia è praticamente ininfluente? (è tratto da una pièce teatrale del 1999). Forse il vecchio Dustin voleva solo farsi quattro risate nella vecchia Inghilterra.
☛ Negli USA esce a gennaio, in Italia immagino poco dopo.
BOBBY YEAH
Robert Morgan, UK, 2011
Un cortometraggio animato in stop-motion di 23 minuti, infinitamente debitore al genio di Jan Svankmajer. Folle e disturbante, tratta le disavventure di un pupazzo umanoide alle prese con altri pupazzi, fatti a immagine e somiglianza di parti del corpo. Diciamo varie parti del corpo assemblate a caso. Diciamo in modo abbastanza ripugnante e grottesco.
Sorta di horror dalle atmosfere lynchane, incuriosisce per l’assurdità della trama e la bruttezza dei protagonisti ma poi alla fine rivela poco senso. La colonna sonora industrial non è male.
WRONG
Quentin Dupieux, FR, 2012
Il nuovo lavoro di Quentin Dupieux, già regista di quello strano film chiamato Rubber e già DJ di fama mondiale con il nome di Mr. Oizo (ricordate il pupazzetto giallo della Levi’s e il brano Flat Beat? Lui). Io non ho visto Rubber, ma ne so abbastanza da poter affermare che anche questo Wrong è permeato dalla stessa follia. È un totale non-sense. Il protagonista si sveglia alle 7:60, va in ufficio (da cui è stato licenziato) e nella stanza piove a dirotto, si accorge di aver smarrito il cane e mette sulle sue tracce un investigatore che indaga analizzando la memoria delle feci dell’animale… Scena clou: la soggettiva dello stronzo, se si può dire, che dagli intestini del cane arriva sull’erba. Questo solo per darvi un’idea.
Ora, il non-sense ci piace tanto e va benissimo. Il titolo, del resto, è azzeccatissimo, dato che nel film è davvero tutto sbagliato. Non c’è una cosa che sia “normale”. Ma così facendo si rischia di perdere il polso della trama, che pure esiste, e andare avanti all’infinito a briglia sciolta, il non-sense può generare non-sense ad libitum perché di fatto può succedere davvero QUALSIASI cosa. Quindi occhio a non annoiare. In questo caso ogni tanto si ha l’impressione che una sforbiciata avrebbe fatto bene, o forse addirittura limitarsi a un corto senza stare a mettere su tutta l’impalcatura di un film, che comunque non convince fino in fondo. Ma si va a inserire perfettamente in quella corrente cinematografica pop surrealista a fianco di cose come Napoleon Dynamite o Gentlemen Broncos, come "qualcuno" diceva tempo fa.
☛ È uscito da poco in Francia e in un altro paio di illuminati paesi europei, in Italia scordatevelo in sala.
TCHOUPITOULAS
Bill e Turner Ross, USA, 2012
Mi sono presa la briga di vedere questo film perché avevo letto nel catalogo che parlava di New Orleans, quindi mi immaginavo jazz, balere, negri scatenati, donnine discinte, carnevali grassi e amori folli. Sbagliato. Non ho idea di cosa voglia dire il titolo, forse l’hanno spiegato in uno dei frequenti momenti in cui mi sono addormentata, ma diciamocelo, i fratelli Ross hanno fatto il filmino e poi l’hanno chiamato film.
Tutto il documentario ruota intorno a tre fratellini di colore che scappano di casa per andare di nascosto a New Orleans e passarci una giornata. Quindi camera a mano, presa diretta, corse scatenate, inquadrature sghembe. Direi non abbastanza per chiamarlo documentario e portarlo a un festival, allora ci vado pure io coi miei filmaggi delle vacanze!! Niente, non c’è una storia, non c’è ritmo, c’è solo la noia e questi bei bambini che scherzano tra loro osservando la città.
☛ In sala c’erano anche i registi ma sono scappata prima ancora che iniziassero a parlare.
Domani l'episodio 2...
Domani l'episodio 2...
[Alabama]
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