domenica 2 agosto 2015

CHICKENBROCCOLI al LAGO FILM FEST 2015 #2

Secondo giorno di ChickenBroccoli al Lago Film Festival. Il primo giorno è uscito circa 1440 minuti fa, vallo a leggere se non l’hai fatto ieri che chissà cosa c’avevi di tanto importante da fare…
Guarda caso è anche il giorno più importante di tutti! Quello dove tutti in paese si chiedono “ma quale sarà il film vincitore?”, dove tra le stradine strette si sentono sospirare i nomi portati dal vento, dove nelle stanze d’albergo la gente si alza e la prima cosa che fa è scaracchiare rumorosamente nel lavandino per venti minuti non sapendo che tu stai dall’altra parte e quando senti che la porta della stanza accanto si apre la apri anche tu per donare una sputacchiera al tuo amico e ti ritrovi di fronte il mitico Olcese di Olcese e Margiotta e subito gli gridi: «SONO IO TUO PADRE!»

Questo è il giorno fondamentale in cui possono cambiare le vite delle persone!  Già perché se è vero che il #lagoticambialavita, è anche vero che se magna talmente tanto e bene qui in questa valle veneta che ti cambia anche la vita quella proprio sotto la panza, infatti io adesso lo chiamo Largo Film Fest.
Ma dopo questo divertentissimo incipit degno del più navigato dei mattatori da stand up comedy, passiamo alla relazione minuto per minuto di quello che è successo durante la giornata. 
C’era gente che correva di là per recuperare i giurati che ancora non riuscivano a decidere il vincitore;
c’erano volontari che preparavano tutto per il festone serale, c’erano i #coglionino di ZERO - sai, quelli della campagna che un anno fa eravamo tutti lì a spingere pollici alzati perché a tutti ci like tantissimo essere pagati per il nostro lavoro creativo, e poi dopo un secondo dal like spinto fortissimo e carico di amorproprio rispondevamo a quella mail che ci chiedeva di fare qualcosa di creativo pagandolo con la visibilità…. ovviamente rispondevamo sì, che la necessità di esprimerci ci rende #coglionisì per sempre. È questo il vero prezzo da pagare - e insomma gli ZERO che finivano il montaggio del documentario dedicato al mistero del Lago;
c’erano gli organizzatori che già preparavano la lineup di cortometraggi del prossimo anno;
c’erano i ristoratori che contavano gli sghei racimulati in questa settimana;
c’erano loro:
che non proprio chi cavolo fossero ma erano molto coloriti e seppur esprimendosi con una lingua tutta loro e sbevazzando litri di birra alle 10 di mattina sono stati molto divertenti da seguire; certo non ho ben capito se il crearmi un fortino di bottiglie vuote davanti era un segno di pace o di guerra. Nel dubbio sorridevo come un ebete fingendomi svedese;
E in mezzo a tutto questo turbinio cinetico ci persone e cose da fare c’ero io. Che ho fatto quello che di solito non faccio mai: 
Ebbene sì. Ecco a voi il repotage meno reportaggioso del mondo, di quelli che ti segnano una grande A in fronte (A per Ascemo!) e non ti fanno più invitare a nessun festival del regno delle due Venezie dei Dogi e delle statuine di Murano.
E insomma per una volta il Lago di Lago largo è stato l’ago della bilancia del mio fankazzismo (verbo solitamente sconosciuto dalle mie parti). Evvabbèdai, non è stata colpa mia, non è stata colpa vostra. Sai che forse di chi è stata la colpa? Scommetterei su diluvio.
Esatto. Veneto. 1° Agosto. Percepito 12 Febbraio. Poi dice che bevono… ma no ghuardha schavete raghionhe vhohic!
Ecco ora non voglio fare l’Alberto Sordi della situazione che arriva in Veneto e per due goccie si spaventa, ma qui stiamo proprio parlando di cielo plubeo, nuvole che coprono le montagne, freddo becco, castagne sul fuoco, moonboot pelosi e George Micheal che canta questo:
Ditemi voi se uno può fare il suo lavoro di reporter guascone. Certo magari i reporter di guerra qualcosa avrebbero da ridire... ma anche la guerra contro il brutto cinema ha fatto molte vittime.
A questo punto vi potrei raccontare della premiazione, ma non c’ero quindi vi metto i vincitori dell’edizione in un doppio copia/incolla carpiato con avvitamento:
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Revine Lago, 1 Agosto 2015 – Si è svolta sabato 1 agosto la Closing Night di Lago Film Fest, il festival giunto quest'anno alla sua undicesima edizione con un ricco calendario di proiezioni, incontri, eventi d'arte. 
Evento clou della serata, oltre alla proiezione sul grande schermo dei montaggi realizzati nel corso del primo workshop di blobbing proposto da Lago Film Fest con la redazione di Blob di Rai Tre e dell'atteso documentario sui misteri di Lago prodotto in questi giorni dal collettivo ZERO, è stata dunque la cerimonia di premiazione dei migliori film in concorso, scelti dalla giuria internazionale – composta, lo ricordiamo, da Peter Millard, Cosmina Stratan, Alfredo Covelli, Sebastian Wesman, Danilo Carlani e Alessio Dogana -, dal pubblico e dai più piccoli che nei giorni passati hanno popolato le proiezioni targate Unicef del Cortile Carlettin. 
I direttori artistici Viviana Carlet e Carlo Migotto hanno proclamato come vincitori i seguenti film: premio della giuria per il documentario Hillbrow di Nicolas Boone (Francia 2014), istantanea di un quartiere periferico di Johannesburg; premio del pubblico per The Age of Rust del duo Alessandro Mattei, Francesco Aber (Italia 2014), documentario breve che guida alla scoperta del “Petramosaurus Cavator”, specie meravigliosa che vive nelle Alpi; premio speciale per il migliore film della sezione Veneto a Blue Womb di Laura Bianco e Hanna Thomschke (Italia 2014), storia delicata di un trenino che alla fine della prima Guerra Mondiale è finito in fondo allo specchio d'acqua di Lago; premio Unicef per Another Round di Jane Mumford (Svizzera 2013), favola sulla rocambolesche disavventure di una cameriera alle prese con un vassoio di drink. Il premio della critica firmato Nisimazine coordinato da Chiara Puntil è stato assegnato a La fièvre (A Spell Of Fever) di Safia Benhaim (Francia 2014), documentario silenzioso sul ritorno dal mare di una donna e sul suo incontro con una bimba febbricitante. 
Completano il palmarès una manciata di menzioni speciali assegnate per ognuna delle sezioni del concorso. Per la Internazionale, Killer? di David White (Nuova Zelanda 2015); per la Nazionale, Persefone di Grazia Tricarico (Italia 2014); per Nuovi Segni, Washingtonia di Konstantina Kotzamani (Grecia 2014); per Nuovi Segni sottosezione Animazione, Mon Bras Armé di Mathilde Nègre; per Unicef, Prince Ki-Ki-Do: The Swamp Monster di Grega Mastnak (Slovenia 2014). Tra gli altri premi annunciati anche il Pix Award in collaborazione con Pixartprinting per il migliore short film di animazione dalla selezione The Animation Parade. La giuria di settore ha scelto Benigni di Pinja Partanen, Elli Vuorinen, Jasmiini Ottelin (Finlandia 2009) e ha assegnato una menzione speciale, Pixart Special Mention, a Symphony no. 42, Réka Bucsi (Ungheria 2013). Inoltre, per il contest Sei uno Zoopper da festival? ideato da Lago Film Fest in collaborazione con la piattaforma Zooppa, ha vinto il videocurriculum/showreel realizzato dal team CHd Animation. 
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A posto no?
Allora vi potrei allora raccontare del megafestone serale… O basta una diapositiva?
Dài sto scherzando. In realtà il festone c’è stato eccome ed è stato a suo modo bello, anche sotto i pergolati a stare più stretti di quanto saremmo stati a farlo sul prato, a cicischiare di tutto ma ancora più di niente, scambiarsi biglietti da visita e soprattutto ricevere baci inaspettati. Già perché ad un certo punto è arrivato un nugolo di persone che ha iniziato a sbaciucchiare tutti e stampare segni di rossetto alla gente. Bello no, dove devo firmare perché sia sempre così?
Ehy ma vi ho riconosciuto, siete i TRASFOR performer di ieri. Ah quindi fare tutti quegli strani movimenti portava a questo? Interessante evoluzione. Io quando ho capito l’antifona mi sono messo con la bocca a pesce ad aspettare la mora. Certo anche la bionda.
Alla fine il bacio è arrivato anche a me. Aveva la barba. E per dirla alla Pippo Franco “ahi, no, non mi garba”.
Preferivo la bionda. No anzi... la mora, ho deciso.
È notte. 
Il Lago Film Fest volge al termine, su un prato bagnato e una valle fatta d’acqua che raccoglie la pioggia che cade fitta e crea una vera autostrada tra cielo e terra. E mentre tutto finisce tra gente che suona le pentole, persone che baciano e altre che vengono baciate, panini con la carne buonissima anche loro con grigliato sopra l’hashtag #lagoticambialavita, io mi immalinconisco.
Era inevitabile. Se c’è un’altra cosa che amo odiare oltre il cinema è la pioggia.
Inizio a pensare al passato, alla ripetizione, ai ricordi che diventano diorami, alle cose speciali che diventano più normali, ai film che non ho visto, a quelli che mi sono fatto. Pensando a tutte queste cose insieme mi sento un tremendo rompipalle e nel rischio di rovinare l’atmosfera con una delle mie solite tiritere infinite me ne vado a dormire.
Arrivato in camera e mi metto in modalità Jep Gambardella e inizio a guardare il soffitto. Lui vedeva “o ‘mare”, io vedo degli alpini che mi cantano uno jodel, che sappiamo tutti è un po’ la vera musica del diavolo, altro che heavy metal.

Saluto gli spiriti degli alpini veneti che sono caduti per la salvaguardia della stella alpina (da cui si sa si estrae il più potente liquore del mondo) e mi addormento. 
Ovviamente sogno me stesso che pensa al passato, alla ripetizione, ai ricordi che diventano diorami, alle cose speciali che diventano più normali, ai film che non ho visto, a quelli che mi sono fatto
E mi rompo tantissimo le palle da solo anche nel sogno. 
Tanto che mi sveglio. 
E succede l’incredibile, quando già pensavo che il ricordo di questi due giorni mi avrebbe accompagnato tipo Babadook per almeno una settimana, durante la colazione qualcuno mi ricorda che sono ChickenBroccoli, quello che “ama odiare il cinema” quello che “ti seguo sin dai primi post su FrizziFrizzi”, quello che ha fatto il magazine di carta l’anno scorso e “guarda un po’ ce n’ho qualche pezzo dietro, non vado mai in giro senza” e finisce che ne vende pure una copia!
Quindi la mattinata si ripiglia, proprio quando me ne devo andare. Devo averla già sentita questa.
Insomma ChickenBroccoli al Lago Film Fest 2015, praticamente uno scansafatiche in libera uscita per due giorni. Ma dai che è bello anche così, se c’è una sensazione che all’lfhfh rimane immutata è proprio la libertà, la libertà di vivere gli spazi che gli organizzatori e la natura in un reciproco rispetto (tranne quella cosa di Diluvio) ti mettono a disposizione. 
Ci sono tanti spazi da occupare al Lago Film Fest, occupare con la tua creatività (o con la mancanza di, non è mai una colpa non averne), tante cose da vedere, ma anche tante da fare, che possono distrarti dai cortometraggi come hanno fatto a me quest’anno, ma che comunque ti riempiono. È un gioco di vasi comunicanti tra Lago che ti invita e tu che ci vai, un balletto sincronizzato tra chi dà e chi riceve, in un continuo scambio di ruoli. Lago Film Fest è questo, un festival sui generis, che non ha tutta quella pressione da “addetti ai lavori” che si respira altrove, che non ha code per entrare alle proiezioni (al massimo di paperelle che attraversano la strada) e gente della sicurezza che ti dice di spengere il telefono. 
È un festival con un lato umano grosso così:
che devi cliccare per ingrandire e spero tu abbia un computer grande per capire che intendo.
Io so una cosa, so che ci rivedremo. Perché nonostante quella volta era stato così, e questa volta è stato cosà, siamo importanti l’un l’altro.

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