venerdì 29 aprile 2016

Sette a tavola

The Invitation
Trama: Indovina chi sviene a cena?

Ma ti credo che sto sempre a casa! Che non vado alle cene! Qui appena ti invitano come minimo ci scappa il morto! Come quando? SEMPRE! Potrei farvi una lista lunga un chilometro, ma vi basti ricordare questo, o questo, o questo, o questoPer non parlare di quando ci fanno i film interi sugli inviti a cena con delitto.
Metti che mi invitano e a rimetterci la pelle sono proprio io? La cena del cremino no, preferisco starmene a casa e cucinarmi le solite 5 cose a rotazione durante la settimana (2 sono riservate per ordinare una volta sushi e l'altra cinese da JustEat.
Dunque ennesimo film di invito a cena da ospiti molto strambi, con motivazioni sordide ben lontane da liberarsi degli avanzi del giorno prima o non sprecare cibi che stanno per scadere. Ben lontane cari miei, qui si tratta di invitare a cena persone per poi fargli salire la più grande ansia del mondo, tra non detti, sguardi sordidi, vino che sa di tappo e donne misteriose ma bellissime.
Sembra possa finire tutto in un rito orgiastico, la portata finale sarà ben diversa.
Il film ha una struttura terribilmente simile a quello di qualche tempo fa coi paradossi temporali: una casa, un gruppo di (pseudo)amici, un invito a cena, una tragedia innominabile chiusa nei ricordi di uno degli invitati e una degli ospiti (ex marito-moglie) e alcuni individui inquietanti che iniziano a dire e fare cose ancora più inquietanti.
Mettiamola così, avete presente quando vi invitano a cena e invece era un modo per presentarvi i prodotti di pulizia Amway e la forma piramidale di guadagno che se porti dieci persone guadagni di più e quindi se ti fai incastrare sarai costretto anche tu a fare delle cene col relitto (in questo caso il relitto sei tu)? Ecco, fate conto che se fosse stato questo il motivo della cena del film i protagonistiavrebbero ringraziato tutti i santi alzando i calici al cielo
Per farvi capire dove va a parare la cena: ad un certo punto uno degli ospiti strambi dice EHY DAI! VI DEVO FAR VEDERE UN VIDEO PAZZESCHISSIMO (non proprio con questo entusiasmo) e mette su un VHS con una ripresa di una che muore, lì, davanti alla telecamera. Bell'aperitivo. Da quel momento un sensazione funerea appesta l'aria e pensare di essere finiti a cena da gente che bene che va è di Scientology è un attimo. L'indizio ve l'ho dato, non ve lo dico smaccatamente che vi rovinerei un po' la tensione.
Il film è un crescendo, tensione ben strutturata, non senza un po' di noia, ma vince la voglia di vedere cosa succederà alla fine, e alla fine succede quello che succede. 

E non solo c'è un finale scannato niente male, c'è anche una scena finale, proprio gli ultimi 30 secondi, la famosa Ultima Scena perlappunto, che ti fanno prendere male malissimo (quindi vuol dire che funzionano).
Un piccolo film che gira benissimo e che ti fa venire voglia di assumere quantomeno un cuoco, ma anche un assaggiatore che controlli eventuali veleni nascosti nelle pietanze.
Comunque. 
Ecco un po' di cene cinematografiche a cui avrei voluto partecipare.




Magari non proprio a tutte tutte. E voi? Commentate commensali.

giovedì 28 aprile 2016

CB ANTEPRIMA • 10 Cloverfield Lane

10 Cloverfield Lane
Trama: Rapimento alieno

C'è molto di buono in questo sequel prequel spin-off reboot consanguineo film dello stesso universo di Cloverfield (che ricorderete era quel film Telecamerina sull'alieno gigantesco, lui
però girato con un budget più che decente (rispetto ai soliti Telecamerine girati con due lire), con un mostrone che faceva quello che i mostroni sono pagati per fare: distruggere i grattacieli, un punto di vista più che insolito (tutto il film era ad altezza uomo, mai un'inquadratura dall'esterno, di quelle che servono a farci capire quanto era grosso davvero quell'alieno, che comunque era grosso così
e prodotto da quel maestro dell'intrattenimento pop che risponde alle lettere J.J., uno che con gli alieni ha sempre un buon rapporto (ricorderete anche Super 8) e infatti guarda caso è arrivato dritto dritto alla madre di tutte le saghe piene di alieni di tutti i tipi.
Intanto in gran segreto qualcuno ha girato questo seguito, anche se non è proprio giusto chiamarlo seguito, una sorta di "e mentre a New York se la vedono con quel gigantone, nelle campagne sperdute..."
E, ottima mossa, si cambia del tutto l'approccio: da film catastrofico si passa a film intimista, giocato tutto dentro quattro mura, con tre protagonisti.
Insomma claustrofobia al posto di agorafobia, pericolo umano al posto di pericolo alieno, sottoterra invece che sui tetti dei grattacieli.
Brevemente: una giovane guagliona "scappa" da una relazione che non vuole più, lascia proprio l'anello col brillocco sul tavolo e se ne va, dove non c'è dato sapere. Mentre percorre una strada di campagna ha un incidente e finisce fuori strada. Si risveglia ammanettata dentro una stanza (se insieme a lei e a Brie ne imprigionano un'altra siamo al trend del 2016)
al soldo di un carceriere ciccione che le giura e spergiura che devono starsene buoni buoni per un tempo indefinito in questo rifugio antiatomico (che lui, cospirazionista doc, ha costruito con le sue manone negli anni precedenti) perché fuori ci sono alieni e aria mortale. Speriamo che le razioni non siano tutte di fagioli in scatole che con quella panza anche dentro rischiamo grosso... 
Il panzone in questione è un ottimo (ma dove non è ottimo?) John Goodman, nella sua versione ciccio-pazzoide (Barton Fink, The gambler) che gli riesce sempre benissimo, quasi meglio di quando è ciccio-pacioso (Always, Argo).
John tiene in piedi tutto il film, quando delira su alieni, gas nocivi, guerra alle volte gli credi, ti fidi tantissimo e lo ringrazieresti per tutto quello che sta facendo per te, altre volte invece gli leggi il lampo di follia negli occhi e capisci che probabilmente l'unico modo per uscirne vivo sarà uccidendolo.
Infatti:
Il triangolo si conclude con un tizio un po' hipster un po' mesto, anche lui sembra avere qualcosa da nascondere. E anche qui, datemi un altro film con lei+lui+lui+disastro atomico che lo uniamo con questo e abbiamo un altro trend.
Per gran parte del film tutti i canoni dei film claustrofobici di questo genere sono rispettati (di pochi mesi fa è questo): sospetti, segreti, sindrome del grande fratello, alleanze e bisbigli. Quindi la tensione rimane alta, con l'andamento del sospetto che si sposta una volta per uno non fa male a nessuno su tutti e tre (chi ci dice che la povera ragazza non abbia anche lei qualche segreto?)... insomma tra Agatha Christie e la botola di Lost... ah... quanti ricordi... Io per tutto il tempo avrei tanto voluto vedermi spuntare Desmond dall'armadio
Invece il cast rimane quello, duro e puro per tutto il tempo, e quella che diventa la vita nel bunker di tutti i giorni continua, perché a furia di vivere nel bunker te la scordi pure la vita di fuori. E vai di giochi di società, 

puzzle
e colonna sonora ritmata
Fila tutto liscio, fino a quando...
Fino a quando...
Come fare? Dirvi fino a quando cosa succede? Rovinerei tutto, e con JJ non si scherza in quanto a sorpresoni...
Il film è buono, quando non ottimo, anche se richiede una buona dose di sospensione dell'incredulità, soprattutto per il cambiamento un po' repentino (e non troppo originale) dell'attitudine della protagonista (ricordiamo che la prima cosa che fa quando la conosciamo è scappare da una situazione per non affrontarla) ma insomma, è pur sempre derivativo da un altro film in cui un kaiju staccava la testa della Statua della libertà e la usava come palla da bowling contro palazzi-birilli

per dire.
Purtroppo c'è il finale. Nel finale, quando deve - sembra proprio costretto, come a dire "evvabbè non è che mo non possiamo farli vedere un par di alieni e un'astronave, dobbiamo proprio! È il pubblico dei ragazzini del 2016 che lo vuole!" - mostrare il suo collegamento col primo Cloverfield (quindi quando effettivamente arrivano gli alieni sulle loro astronavi aliene e coi loro soliti orifizi che non si capisce se sono bocche o culi, certo ecco perché so così incazzati gli alieni...), mostra anche la sua parte più debole. Dieci minuti inutili per l'economia del film, che fino a quel momento non aveva avuto bisogno di effetti speciali e tentacoli e lucine per farci sudare di suspance e saltare per qualche spavento improvviso.
Come dire, sarebbe bastato vederle da lontanissimo, quelle lucine astrospaziali, e avremmo avvertito lo stesso il senso di pericolo gigantesco, avremmo ribaltato lo stesso quanto visto nell'ora e 20 precedenti, e ci saremmo trovati nei panni della protagonista e nella sua scelta: affrontare la minaccia aliena a cui fino a quel momento non abbiamo creduto o tornare nel bunker?

Il vero miracolo di marketing targato San JJ per 10 Cloverfield Lane è stato quello di mantenere la lavorazione del film del tutto segreta fino al suo teaser. Incredibile, nel 2016, con telecamerine nascoste pure sulle pannocchie (dico pannocchie perché l'unico ambiente oltre al bunker (presumibilmente costruito in uno studio) che si vede è un campo di grano.
Speriamo che questo film sia il pilot formato cinema di una futura serie TV, sarebbe l'ennesima bella mossa made in JJ.

mercoledì 27 aprile 2016

CB ANTEPRIMA • The Dressmaker

The Dressmaker - Il diavolo è tornato
Trama: Kate ross

Non so se mi mette più tristezza pensare al film così com'è venuto fuori o al fatto che - almeno in ItaGlia - tentino disperatamente di venderlo come una sorta di Diavolo veste Prada reloaded.
No perché vi assicuro che se c'è qualcosa di LONTANO da Il diavolo veste Prada (che per inciso considero un grandissimo film, per quel che voleva essere ed è), quel qualcosa è proprio The Dressmaker.
E la tristezza di questo tipo di comunicazione destinata a un pubblico che viene percepito un po' scemo fa scopa con tutte quelle credenze imprenditoriali (che sono un po' come le credenze popolari solo che declinate ai capi d'azienda) che si muovono sulla base di un gigantesco: "che cazzo vuoi che ne capiscano? Vendijelo come fosse er diavolo veste prada sinno nun se lo va a vede nessuno" (uso il romanesco perché rende bene l'idea della peracottaggine, ma ovviamente vale anche per imprenditori brianzoli, meneghini, catanesi o qualsiasi altro luogo).
Non è brutto quando le cose sono fatte così? Soprattutto quando, vi assicuro, non c'era per niente bisogno, perché un pubblico per questo genere di film c'è! C'è eccome, si chiamano sessantenni, al limite settantenni, e sarebbero stati felicissimi di venire a vedere un film venduto per quello che è: un film ambientato in AUSTRALIA (che non è l'America), in un paesino di 8 case e 15 abitanti (che non è New York), con una protagonista che torna in questo paesino dopo essere stata esiliata con un'accusa gravissima e diventa quindi centro delle malelingue (che non è una ragazza alle prime esperienze professionali), ma essendo una bravissima sarta e una donna virtuosa riesce in qualche modo a guadagnare i favori dei più assennati tra i pochi abitanti (che non è come andare a lavorare in una rivista di moda diretta da un'arpia), e alla fine tra un amore e una tragedia riesce a riabilitare il suo nome e vendicarsi di chi le voleva male (che non è capire che la propria vita personale è più importante del proprio lavoro... in effetti questo è l'unico punto de Il diavolo veste Prada che non mi è mai piaciuto). C'è anche il tempo di mettere il gay comic relief:
Povero Agente Smith.
Pensa che poi la sessantenne contenta di essere andata a vedere un film come voleva lei, sarebbe andata a comprare anche il libro, che a me hanno dato in regalo, e io ho subito passato a madre broccola, ovviamente
Insomma vendere The Dressmaker come un film sulla moda e sulla vendetta al femminile, con quel sottotitolo irritante, è fastidioso ma ancor di più sbagliato. Perché controproducente: una ragazzina che andrà a vederlo rimarrà delusa e dirà alle sue amichette "ahò io m'aspettavo 'na cosa de moda, 'na cosa de classe, 'na cosa tutta fashionblogger amò, e invece non c'ho capito gnente, ho visto solo terra secca e baracche de legno, amò. Giusto guarda ce stava un fico ma manco me ricordo come se chiama, amò" 
Per inciso è il fratellino di Thor
e sul finale di film fa veramente ma veramente una delle figure più da scemo che io ricordi. E ne ho visti di scemi... Non posso spoilerare perché magari siete sessantenni e andrete a vedere questo film, ma se uno che abita da sempre in campagna non sa che non bisogna andare dentro "quel" posto, allora quello che succede te lo meriti tutto...)
D'altro canto, la sessantenne vedrà la locandina e la pubblicità e probabilmente si sentirà lontana dalla ragazzina di cui sopra e non l'andrà a vedere, preferendo un qualunque film ambientato in medio oriente con qualche donna costretta a sposare qualcuno e grande tristezza che ne consegue.
Il film comunque è semplicemente brutto, almeno per me che non sono né una teenager né una sessantenne, anche se non ho niente contro nessuna delle due, anzi, siete tutte libere di scrivermi quando volete
Ma più che brutto irrisolto. Un po' commedia, un po' drammone, con tanti fili tirati senza armonia, senza una strada decisa, affossato da un montaggio criminale e un andameto a ottovolante che annoia e infastidisce; proprio così, certe scene dormi, altre, migliori nel ritmo, sono però terribilmente seccanti. È una storia d'amore? Anche. È una storia di vendetta? Anche. È una storia di sentimenti famigliari? Anche. È una commedia degli equivoci? Anche. È un dramma di confine? Anche. Anche troppo.
C'è da aprire il capitolo Kate Winslet. 
Ultimamente la bella (oh, per me è proprio bella) Kate sta tentando film un po' lontani dalle sue solite corde. Fa la cattiva, la cattivissima, la giardiniera del re, la polacca... e rimane sempre un gradino sopra la media generale. Peccato che in questo film non sia aiutata da una regia che ne valorizzi le doti, tra cui non spicca la vis comica (vi ricorderete la sua partecipazione al film che tutti avete voluto dimenticare), che invece qui viene largamente richiesta, arrivando a scene che più che divertire mettono quel tipo di tristezza che ti fanno abbassare la testa e muoverla piano a destra e sinistra come a dire "ma perchè?"
Per festeggiarla comunque ritiro fuori la rubrichetta BIOGRAGIFIA, tanto perché era troppo tempo che non vi bloccavo i computer: